Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Il rapporto di lavoro del personale diplomatico: l'esclusione dal processo di privatizzazione del pubblico impiego (di Pierluca Baldassarre Pasqualicchio, Dottorando di ricerca di Lavoro, sviluppo e innovazione nel Dipartimento di Economia “Marco Biagi”, Università di Modena e Reggio Emilia)


Il presente contributo propone un’analisi del rapporto di lavoro del personale diplomatico quale categoria esclusa dal processo di privatizzazione del pubblico impiego, caratterizzante gli anni novanta del secolo scorso. Incominciando da un breve excursus delle fonti normative di riferimento, l’intenzione è di porre l’accento sulle modalità di accesso alla carriera e, successivamente, sullo sviluppo giuridico di essa (reclutamento, formazione, scatti di carriera), fino a trattare della cessazione dal servizio (decesso, decadenza, dimissioni ecc.). La finalità, dunque, è quella di offrire una panoramica completa non solo di una professione, ma di una “missione al servizio dello Stato.

 

The employment relationship of diplomatic personnel: the exclusion from the privatization process of the public service

This contribution proposes an analysis of the employment relationship of diplomatic personnel as a category excluded from the process of privatization of public employment, characterizing the nineties of the last century. Starting from a brief excursus of the normative sources of reference, the intention is to emphasize the methods of access to the career and, subsequently, on the legal development of it (recruitment, training, career steps), up to dealing with the termination of service (death, forfeiture, resignation, etc.). The aim, therefore, is to offer a complete overview not only of a profession, but of a “mission at the service of the State”.

Keywords: Privatisation of the civil service – Diplomatic staff – Exclusion – Employment relationship – Career specialties.

SOMMARIO:

1. Le fonti normative di riferimento e il carattere della specialità della carriera diplomatica - 2. Modalità di accesso alla carriera e articolazione delle prove concorsuali - 3. La struttura piramidale della carriera e le funzioni del diplomatico - 4. Trattamento economico e indennità - 5. Il regime dei trasferimenti all’estero - 6. Progressione della carriera e valutazione di servizio - 7. L’avanzamento e la promozione - 8. Il regime disciplinare - 9. La cessazione dal servizio - 10. La dispensa dal servizio - 11. Dispensa per scarso rendimento - NOTE


1. Le fonti normative di riferimento e il carattere della specialità della carriera diplomatica

Le origini della carriera diplomatica vanno individuate nel c.d. diritto di legazione attivo e negativo, riconosciuto a ciascun Stato dal diritto internazionale consuetudinario. Il diritto di legazione va inteso come la capacità giuridica di dare vita a relazioni diplomatiche, sia inviando i propri rappresentanti presso gli Stati terzi (diritto di legazione attivo) sia ricevendoli nelle proprie sedi (diritto di legazione passivo). Per quanto riguarda il “diritto di legazione passivo” dell’UE, non esiste tutt’ora un riconoscimento formale previsto da Trattati, nonostante, sin dal 1979, sia in vigore una procedura informale per l’accreditamento di Stati terzi presso la Comunità prima e l’Unione successivamente. La maggior parte delle norme applicabili al personale diplomatico si ricava dal diritto internazionale pubblico e, in particolare, dalla Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche e, da quella del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari. Per quanto riguarda, più nel dettaglio, il rapporto di lavoro intercorrente tra la competente Amministrazione dello Stato e l’agente diplomatico al suo servizio, esso è regolato dalla normativa presente nei singoli ordinamenti statuali. In Italia, la prima disposizione legislativa organica della carriera diplomatica, risale al regio decreto (r.d.) del 29 novembre 1870, n. 6090, intitolato “Legazioni all’estero e il personale alle medesime addetto”. Il regio decreto pur essendo stato, nel corso degli anni, modificato dalle innovazioni legislative susseguitesi nel tempo, aveva al suo interno norme di grande attualità: l’art. 1, ad esempio, sanciva il divieto all’agente diplomatico di “esercitare il commercio”; o l’art. 8 che, nel disciplinare gli avanzamenti da una classe all’altra, all’interno dei gradi di Inviato straordinario e di Segretario di Legazione, così come da quest’ultimo grado a quello di Consigliere di Legazione, disponeva che essi avvenissero seguendo l’ordine di anzianità per la metà dei posti vacanti, e, per l’altra metà, avendo essenzialmente riguardo al merito. A sostituire il regio decreto è intervenuto, a partire dall’avvento della Repubblica, la l. 4 gennaio 1951, n. 13, relativa al trattamento economico del personale diplomatico; la l. 13 febbraio 1952 n. 106 sulla [continua ..]


2. Modalità di accesso alla carriera e articolazione delle prove concorsuali

Le modalità di accesso alla carriera diplomatica sono disciplinate dagli artt. 99 e 99-bis del d.P.R. n. 18/1967, disposizione introdotta dall’art. 1, d.l.gs. n. 85/2000. L’art. 99 prevede che alla carriera diplomatica “si accede esclusivamente per concorso al grado iniziale; non è consentita alcuna immissione nella carriera diplomatica, né è consentito alcun trasferimento o passaggio ad essa da altre carriere, da altri ruoli o qualifiche, da altre Amministrazioni” [8]. Per quanto concerne i requisiti di accesso, essi sono disciplinati con regolamento, da emanare ai sensi della l. 23 agosto 1988, n. 400, con d.P.C.M., su proposta del Ministro degli affari esteri, sentito il Ministro dell’università e della ricerca per quanto concerne gli studi universitari che abilitano alla partecipazione all’esame [9]. Il concorso diplomatico, da sempre procedura complessa e selettiva si articola oggi in tre fasi fondamentali: le prove attitudinali (introdotte a partire dal 2003), le prove scritte e le prove orali. Tra le più importanti novità del regolamento di riforma del concorso diplomatico, è opportuno segnalare l’introduzione della prova preselettiva (sessanta quesiti in cinquanta minuti sulle materie di diritto internazionale e dell’U.E, Storia delle relazioni internazionale, Economia, Inglese e ragionamento logico-matematico), l’intro­duzione del limite massimo di tre tentativi agli scritti ai fini dell’ammissione al concorso, l’età non superiore ai trentacinque anni compiuti (il limite di età può essere innalzato per un massimo complessivo di tre anni in alcune ipotesi specificamente previste dal regolamento), uno dei titoli accademici disposti dal regolamento (lauree specialistiche/lauree magistrali o diplomi di laurea del previgente ordinamento universitario nei tre grandi filoni delle scienze politiche, relazioni internazionali, giurisprudenza, economia) e ogni altro equiparato a norma di legge, conseguito in Italia presso università o istituti di istruzione universitaria. I candidati in possesso di titolo accademico rilasciato da un Paese dell’Unione Europea sono ammessi alle prove concorsuali, purché sia stato equiparato ad uno di quelli indicati dal regolamento. Infine, si segnala l’obbligatorietà della seconda prova scritta in lingua francese, tedesca o [continua ..]


3. La struttura piramidale della carriera e le funzioni del diplomatico

La carriera diplomatica si caratterizza per la sua struttura piramidale e per lo stretto collegamento del grado con le funzioni [10]. I gradi di carriera determinano l’espletamento di specifiche funzioni, differenti a seconda che il servizio sia svolto presso la sede centrale o all’estero. Per quanto concerne il servizio svolto in sede, le funzioni saranno quelle proprie dell’Ufficio/Direzione Generale/Servizio/Unità a cui il diplomatico è preposto e in concreto individuate con il regolamento recante norme per l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, nonché delle relative funzioni, dell’Ammini­strazione Centrale del Ministero Affari Esteri; a proposito del personale distaccato presso le sedi estere i gradi della carriera corrispondenti alle funzioni sono: Ambasciatore: Capo di rappresentanza diplomatica. Ministro Plenipotenziario: Capo di rappresentanza diplomatica, Ministro presso rappresentanza diplomatica, Ministro consigliere presso rappresentanza diplomatica, Capo di consolato generale di 1ª classe. Consigliere di ambasciata: Primo consigliere presso rappresentanza diplomatica, Capo di consolato generale, Console generale aggiunto presso consolato generale di 1ª classe. Consigliere di Legazione: Consigliere presso rappresentanza diplomatica, Console presso consolato generale di 1ª classe, Capo di consolato di 1ª classe. Segretario di Legazione con quattro anni di anzianità nel grado: Primo segretario presso rappresentanza diplomatica, Capo di consolato, Console aggiunto presso consolato generale di 1ª classe. Segretario di Legazione con meno di quattro anni di anzianità nel grado: Secondo Segretario presso rappresentanza diplomatica, Capo di vice consolato, Vice console presso consolato generale di 1ª classe, consolato generale o consolato. Avendo riportato la corrispondenza tra grado e funzioni della carriera diplomatica, pare opportuno dedicare un breve approfondimento alle funzioni che il diplomatico è chiamato ad espletare. In primo luogo, si osserva che il diplomatico svolge le sue funzioni in un orizzonte geografico di dimensione mondiale. Infatti, gli uffici all’estero dell’Amministrazione sono costituiti da 125 Ambasciate, 115 Uffici consolari, 11 rappresentanze permanenti [11], sparsi in tutti i cinque continenti. Per quel che concerne le funzioni svolte nel corso della carriera, [continua ..]


4. Trattamento economico e indennità

Il trattamento economico del personale diplomatico varia in relazione al servizio prestato presso la sede centrale della Farnesina, o presso le sedi sparse nel mondo (Ambasciate, Consolati e Rappresentanze permanenti). Per coloro che svolgono il proprio servizio a Roma, diverse novità sono state introdotte per quel che concerne la struttura della retribuzione, sia per quel che attiene alla parte stipendiale sia per le voci accessorie, disciplinata dall’art. 112 del d.P.R. n. 18/1967 [12]. Quest’ultimo all’art. 112, c. 5 ricalca la struttura retributiva prevista per i dirigenti delle Amministrazioni dello Stato [13]. Esso stabilisce che il trattamento economico dei diplomatici è onnicomprensivo [14], con soppressione di ogni forma di automatismo stipendiale, ed è articolato in una componente stipendiale di base, nonché in altre due componenti, correlate la prima alle posizioni funzionali ricoperte e agli incarichi e alle responsabilità esercitati e la seconda ai risultati conseguiti rispetto agli obiettivi assegnati. L’insieme delle voci di cui l’art. 112 prende il nome di “retribuzione metropolitana”. Lo stipendio tabellare è strettamente connesso al grado e verrà determinato tenendo conto dell’esigenza di realizzare un proporzionato rapporto fra la retribuzione degli ambasciatori e quella di ciascuno dei rimanenti gradi della carriera diplomatica. Si osserva, quindi, che lo stipendio dei diplomatici, analogamente a quanto accade per i prefetti, contiene e assorbe l’indennità integrativa speciale [15] e la retribuzione di anzianità individualmente maturata all’aprile del 2000. La graduazione delle posizioni funzionali ricoperte dai funzionari diplomatici durante il servizio prestato in Italia, sulla base dei livelli di responsabilità e di rilevanza degli incarichi assegnati, è effettuata con decreto del Ministro degli affari esteri, sentite le organizzazioni sindacali. La componente del trattamento economico correlata alle posizioni funzionali ricoperte ed agli incarichi e alle responsabilità esercitati, verrà attribuita, tramite il procedimento negoziale di cui al c. 1 dell’art. 112 (tenendo conto dei parametri di efficacia, tempestività e produttività in relazione al servizio svolto), a tutto il personale della carriera diplomatica, mantenendo un proporzionato [continua ..]


5. Il regime dei trasferimenti all’estero

Le modalità degli avvicendamenti all’estero per i funzionari diplomatici sono disciplinate dagli artt. 110 e 110-bis del d.P.R. n. 18/1967. Il primo sancisce che i funzionari diplomatici vengono destinati ad ogni sede estera per un periodo minimo di due anni e un massimo di quattro anni, salva la facoltà dell’amministrazione di disporre l’esecuzione del provvedimento di destinazione entro i sessanta giorni successivi [17]. Essi non possono rimanere in servizio all’estero per più di otto anni consecutivi, detratte le interruzioni di servizio fra sede e sede, salva la facoltà dell’ammini­strazione di disporre proroghe nella misura massima di trenta giorni per consentire un’ordinata gestione dei movimenti. Successivamente al periodo di servizio al­l’estero, l’art. 110 stabilisce che i diplomatici prestino servizio a Roma per un periodo non inferiore a due anni. Il successivo art. 110-bis del d.P.R. n. 18/1967 si occupa poi, di regolare il sistema di assegnazione dei posti all’estero sancendo che i posti vengono assegnati ai funzionari che presentino la propria candidatura, in base a determinati criteri tra i quali: a) specifiche attitudini professionali del candidato rispetto al posto da ricoprire, quali sono desumibili dalla eventuale specializzazione, dalle precedenti esperienze di lavoro, dalla conoscenza di particolari lingue, dalla qualità del servizio precedentemente prestato; b) esigenza di maturare i requisiti previsti per l’avan­zamento ai gradi superiori; c) alternanza tra sedi di maggiore e minore disagio; d) anzianità di servizio; e) anzianità di permanenza presso l’amministrazione centrale. Per quanto concerne la nomina dei capi di consolati generali di I classe, essi sono individuati dal Ministro degli affari esteri fra i funzionari diplomatici che possiedono le qualità più idonee per svolgere l’incarico. Quanto invece l’assegnazione di funzionari diplomatici a capo delle rappresentanze diplomatiche, i loro nominativi sono proposti dal Ministro degli affari esteri al Consiglio dei Ministri, e scelti sulla scorta di un giudizio fondato sulle “qualità più idonee per svolgere il miglior servizio nell’interesse dello Stato”. In seguito alla delibera del Consiglio dei Ministri, e prima della richiesta di gradimento ai governi di accreditamento o della [continua ..]


6. Progressione della carriera e valutazione di servizio

Per coloro che risultano vincitori del concorso si apre un periodo di prova, disciplinato dagli artt. 102 e 103 del d.P.R. n. 18/1967, della durata di due anni. Que­st’ultimo, si realizza attraverso un corso di formazione professionale organizzato e gestito dall’Istituto diplomatico [18], tenuto presso diverse sedi e comprendente lezioni teoriche nelle differenti discipline, tirocini in Ambasciata o Consolati ma anche in realtà economiche e imprenditoriali italiane. L’art. 103, c. 1, prevede la nomina a Segretario di Legazione in prova con decreto del Ministro degli Affari Esteri [19]. Decorso il periodo di prova, i Segretari di Legazione in prova, con successivo decreto del Ministro e previo giudizio di idoneità dal Consiglio di Amministrazione, vengono nominati Segretari di Legazione, nel­l’ordine della graduatoria del concorso. Qualora il c.d.a. esprima un giudizio sfavorevole, il rapporto è risolto con decreto del Ministro. Sono, inoltre, previsti corsi di formazione durante la carriera. Particolare rilevanza assume il corso di aggiornamento di sei mesi previsto ai sensi dell’art. 102, c. 1, lett. b) [20], essendo propedeutico all’avanzamento al grado superiore poiché funzionale alla promozione a consigliere di legazione [21]. L’art. 102 prevede poi “un’attività di preparazione ed informazione di due anni”, per tutti coloro che sono destinati a ricoprire ruoli presso una sede estera. Infine, al c. sesto dell’art.102 vene data la facoltà all’Amministrazione di predisporre attività di aggiornamento per il personale diplomatico al rientro in Italia. Particolare attenzione merita, poi, la complessa materia delle valutazioni dei funzionari diplomatici. Essa è regolata oggi dagli artt. 106 (valutazione periodica dei funzionari diplomatici appartenenti ai gradi di segretario di legazione e consigliere di legazione) e 106-bis (valutazione periodica dei funzionari diplomatici appartenenti ai gradi di consigliere di ambasciata e ministro plenipotenziario) del d.P.R. n. 18/1967, così come modificato dal d.lgs. n. 85/2000, nonché dal regolamento attuativo emanato ai sensi del citato art. 106, c. 1. La progressione di carriera dei diplomatici si fonda su schede di valutazione annuali redatte dal superiore gerarchico. Va altresì precisato che, a partire dal grado di Consigliere [continua ..]


7. L’avanzamento e la promozione

Dalle norme relative alle procedure di avanzamento nella carriera diplomatica si evince una differenziazione a seconda del grado considerato. La procedura relativa al passaggio da segretario di legazione a consigliere di legazione, infatti, assume una valenza para-concorsuale [24], con l’individuazione di prerequisiti specifici e di punteggi da attribuire alle diverse voci attinenti alla carriera dei segretari di legazione scrutinabili che la normativa secondaria, prende in considerazione, secondo parametri di valutazione ispirati in base del principio meritocratico, fondati su sistemi di rilevazione particolarmente articolati ed organizzati in termini di oggettività e trasparenza. L’avanzamento e la promozione sono disciplinati dall’art. 105 del d.P.R. n. 18/1967. Quest’ultimo sancisce che per poter avanzare al grado superiore, il diplomatico, deve essere dotato “dei requisiti di carattere, intellettuali e di cultura, di preparazione e di formazione professionale necessari alle nuove funzioni”. Per la promozione al grado di consigliere di ambasciata e le nomine ai gradi superiori i predetti requisiti debbono essere posseduti in modo eminente, in relazione alle funzioni di alta responsabilità da esercitare. Le nomine e le promozioni nella carriera diplomatica sono conferite nei limiti dei posti disponibili nel grado a cui si deve accedere e in tutti i gradi superiori del ruolo. Le nomine e le promozioni nella carriera diplomatica vengono effettuate annualmente per i posti disponibili alle date sotto indicate, ed entro il termine massimo di quattro mesi dalle date stesse: a) nomine al grado di ambasciatore ed al grado di ministro plenipotenziario: 1° gennaio; b) promozioni al grado di consigliere di ambasciata ed al grado di consigliere di legazione: 1° luglio”. Comune agli avanzamenti fino al grado di ministro plenipotenziario è poi la presenza di una commissione di valutazione dei funzionari diplomatici, la cui creazione e composizione è ancora una volta disciplinata dall’art. 105-bis. La Commissione di avanzamento, composta da diplomatici e, nel caso dei due gradi di Consigliere, da un magistrato amministrativo, esamina ogni anno l’insieme delle fasce di merito ottenute e ogni altro elemento utile, risultante dai fascicoli personali dei promuovibili (cioè degli appartenenti al grado inferiore che abbiano maturato i requisiti minimi di permanenza nel [continua ..]


8. Il regime disciplinare

Il regime disciplinare dei funzionari appartenenti alla carriera diplomatica è disciplinato dal Titolo VII del d.P.R. 10 gennaio 1957 [36], per effetto dell’art. 269 dell’Ordinamento dell’Amministrazione degli Affari Esteri (d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18). Quest’ultimo, tuttavia nulla prevede in tema di responsabilità disciplinare dei funzionari. L’unica norma che si rivolge al regime disciplinare dei dipendenti è l’art. 147 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 intitolato “Commissione di disciplina e norme particolari sul procedimento disciplinare”. Il diplomatico nell’esercizio delle sue funzioni è tenuto a rispettare determinati doveri. Essi si ricavano dall’art. 13 all’art. 17 dello Statuto, dall’art. 142 del d.P.R. n. 18/1967 e dall’art. 19, c. 1 e 2 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, nonché dalla formula del giuramento [37]. I doveri del diplomatico sono da individuarsi nel dovere di fedeltà, diligenza, esclusività, condotta irreprensibile, segreto d’ufficio e obbedienza. A questi doveri si aggiungono i tre doveri specifici dei dirigenti [38], applicabili, alla carriera diplomatica così come sancito dall’art. 27 del decreto consistenti nel dovere di adeguamento alle direttive governative, perseguimento del programma governativo e vigilanza sulla legittimità ed efficienza dell’azione amministrativa. Il mancato rispetto di tali doveri integra la c.d. responsabilità dirigenziale. La responsabilità dirigenziale si configura, in tal caso, come una responsabilità manageriale-politica e si distingue da quella disciplinare in quanto prescinde sia dalla commissione di un illecito, sia dall’elemento psicologico doloso o colposo. Dunque, la responsabilità dirigenziale concorre con quella disciplinare [39]. Nel caso di violazione del dovere di esclusività, quest’ultimo trova concreta esplicazione nel Titolo V dello Statuto che impone al funzionario di dedicare interamente all’ufficio la propria attività lavorativa, intellettuale e materiale. Da tale dovere discende l’incom­patibilità con lo svolgimento di attività industriali, commerciali e professionali [40]. L’art. 65 dello Statuto prevede, alla stregua delle disposizioni introdotte dal il divieto di cumulo con altri impieghi pubblici, atteso [continua ..]


9. La cessazione dal servizio

Il rapporto di lavoro del personale diplomatico può interrompersi per decesso, per sua volontà a mezzo delle dimissioni, per collocamento a riposo, per decadenza, dispensa o, infine, per effetto del collocamento a disposizione oltre i due anni. Trascurando la cessazione del servizio mortis causa [47], l’intento è quello di analizzare singolarmente le ipotesi di interruzione dal rapporto di lavoro del personale del Ministero Affari Esteri. Fondamentale in tal senso sarà dunque l’analisi delle norme contenute nel d.lgs. n. 503/1992. Per quel che concerne le dimissioni, la predetta norma stabilisce che il diplomatico può in qualunque momento presentare per iscritto le proprie dimissioni. Queste, tuttavia, sono effettive solamente quando interverrà il provvedimento dell’Ammini­strazione di accettazione, che può essere rifiutata o ritardata per ragioni di servizio, previo parere del Consiglio di Amministrazione, o qualora sia in corso un procedimento disciplinare a carico del funzionario richiedente [48]. Il collocamento a riposo di funzionari appartenenti alla carriera diplomatica avviene il primo giorno del mese successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età, solo se ha maturato l’età pensionabile [49]. Tuttavia, l’art. 16 c. 1 del d.lgs. n. 503/1992 dà loro facoltà di restare in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre il limite di età sopra richiamato. Nel momento del collocamento a riposo al diplomatico può essere conferito, dal Ministro degli Affari Esteri a titolo onorifico, il grado immediatamente superiore [50]. A proposito della decadenza, occorre in primo luogo riferirsi alle ipotesi di incompatibilità prescritte dagli artt. 63 e 65 dello Statuto, ovverosia conseguenti all’e­sercizio di una professione incompatibile o all’assunzione di un impiego presso un altro ente pubblico. L’art. 60 dello Statuto sancisce che è fatto divieto al diplomatico di essere impiegato in attività quali il commercio, l’industria, l’esercizio di una professione che implichi un rapporto di dipendenza verso un privato, di ricoprire cariche in società costituite al fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali le nomina è riservata allo Stato o sia, diversamente, intervenuta l’autorizzazione [continua ..]


10. La dispensa dal servizio

La dispensa dal servizio può avvenire per una delle seguenti tre cause (art. 129 dello Statuto) [63]: a) inabilità per motivi di salute; b) incapacità professionale; c) scarso rendimento. Per quel che riguarda il primo dei motivi sopra elencati è stabilito che, nel caso in cui il funzionario risulti affetto da infermità fisica o mentale tale da determinare un’inabilità assoluta allo svolgimento delle mansioni inerenti al grado, l’Ammini­strazione centrale può dispensarlo dal servizio. La procedura che si occupa di disciplinare come avviene la dispensa del dipendente si rinviene nel Regolamento che prevede la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie [64]. Quest’ultimo, sancisce che l’Amministrazione, al fine di verificare le condizioni di idoneità al servizio del dipendente, sottopone il dipendente a visita della Commissione territorialmente competente, con invio di una relazione recante tutti gli elementi informativi disponibili [65]. È poi previsto che il funzionario si sottoponga ad una visita medica presso la competente Commissione medica. L’art. 6 del Regolamento descrive precisamente le modalità della visita. La giurisprudenza è intervenuta sul punto sostenendo che il dipendente il quale, nonostante ripetuti inviti, si sottrae volontariamente alla visita medica collegiale per l’accertamento della sua idoneità al servizio è legittimamente dichiarato decaduto sulla base della presunzione legata alla sua volontà di abbandonare l’incarico (ex art. 127, lett. c) dello Statuto) [66]. In seguito, è sancito che “in conformità all’accertamento sanitario di inidoneità assoluta a qualsiasi impiego e mansione, l’Amministrazione procede, entro trenta giorni dalla ricezione del verbale della Commissione, alla risoluzione del rapporto di lavoro e all’adozione degli atti necessari per la concessione di trattamenti pensionistici” [67]. La dispensa per incapacità professionale significa, invece, “un’inettitudine assoluta e permanente a svolgere mansioni inerenti la [continua ..]


11. Dispensa per scarso rendimento

Mentre, come anticipato, l’incapacità professionale si caratterizza per un’ini­doneità assoluta del dipendente, lo scarso rendimento implicherebbe la svogliatezza e negligenza nello svolgimento dei compiti da espletare. L’Amministrazione centrale, prima di prendere il provvedimento di dispensa per scarso rendimento, dovrà effettuare una valutazione complessiva circa il comportamento posto in essere dall’impiegato. Rimane fermo l’obbligo, per l’Amministrazione centrale, di motivare il provvedimento indicando gli elementi su cui ha basato il proprio convincimento. L’art. 129, c. 2 dello Statuto sancisce che è “considerato di persistente insufficiente rendimento l’impiegato che, previamente ammonito, riporti al termine del­l’anno nel quale è stato richiamato una qualifica inferiore al “buono””. Al funzionario verso cui la dispensa è rivolta è poi assegnato un termine per presentare, ove creda, le proprie osservazioni. Il procedimento per questo tipo di dispensa è lo stesso rispetto a quello previsto per la dispensa per inabilità derivante da motivi di salute (art. 15 del Regolamento) con la sola differenza che si prescinde dall’accertamento medico. Il dipendente “può chiedere di essere sentito personalmente dal consiglio di amministrazione. La dispensa è disposta con decreto motivato del Ministro, sentito il consiglio di amministrazione”. L’impiegato dispensato conserva il diritto al trattamento di quiescenza e di previdenza ma non può accedere ad altro impiego statale (art. 2, c. 5 dello Statuto).


NOTE