Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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La disconnessione nel patto di agilità tra legge, contrattazione collettiva e diritto europeo (di Marina Nicolosi, Professoressa associata di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Palermo)


La crescente attenzione che l’Europa rivolge ai rischi dell’iperconnessione nel lavoro digitale, anche con riferimento al lavoro pubblico, ha arricchito il dibattito sull’opportunità di introdurre un diritto di disconnessione anche in Italia, dove questo strumento di tutela è preso in considerazione solo nella l. n. 81/2017 con riferimento al lavoro agile. Il saggio analizza le eventuali criticità della previsione legislativa, come applicata nel pubblico impiego privatizzato dopo i recenti rinnovi contrattuali di comparto.

Parole chiave: disconnessione – lavoro agile.

The growing attention that Europe pays to the risks of hyper connection in digital work, also with reference to public work, has enriched the debate on the advisability of introducing a right to disconnect also in Italy, where this protection tool is taken into consideration only in the l. n. 81/2017 with reference to smart working. The essay analyses any critical issues of the legislative provision, as applied in the privatized public sector after the recent contract renewals for the sector.

Keywords: disconnection – smart working.

SOMMARIO:

1. Introduzione e questioni definitorie: la iperconnessione - 2. La disconnessione nel patto di agilità oltre l’emergenza pandemica - 3. La disconnessione nella proposta di direttiva e negli accordi sulla digitalizzazione - 4. Le prospettive della disconnessione del lavoro agile negli accordi collettivi del settore privato e nel pubblico impiego privatizzato - 5. Disconnessione e tutela del tempo libero dal lavoro: le contromisure del diritto del lavoro - 6. Metodi, strumenti e tecniche di tutela della disconnessione - NOTE


1. Introduzione e questioni definitorie: la iperconnessione

La recente sottoscrizione di un ulteriore “Accordo sulla digitalizzazione tra le parti sociali dell’UE per i governi centrali”, dell’ottobre 2022, con la partecipazione della Commissione Europea, conferma la crescente attenzione che in ambito euro-unitario viene manifestata nei confronti della disconnessione [1]. Pur trattandosi del vero inedito dell’era digitale [2], già da tempo, nel panorama europeo la disconnessione viene presentata come uno strumento di tutela in risposta a nuovi diritti dei prestatori di lavoro, inquadrabili tra i diritti della persona di nuova generazione, già definiti in letteratura come “diritti digitali” [3]. Talvolta, si tratta di diritti che si presentano come sfaccettature del diritto alla privacy o del diritto alla salute, e quindi alla tutela della integrità fisica e psichica, in quanto adattamento tecnologico del diritto al riposo [4]; talaltra, essi si atteggiano a precise proiezioni di un più generico diritto al tempo libero, alla vita privata, alla vita di relazione, alla vita familiare. In ogni caso, tali istanze vengono imputate ad ogni tipo di lavoratore, indipendentemente dalla tipologia di rapporto di lavoro. Sotto questo ed altri aspetti, l’Italia è in ritardo: fatta eccezione per il lavoro agile, la disconnessione è ancora in cerca di un adeguato inquadramento, nonché di un più definito aggancio a beni giuridici da tutelare, oltre che di un campo di applicazione che ancora appare alquanto incerto. La disconnessione, infatti, fa ingresso nel dibattito pubblico italiano solo a seguito della discussione parlamentare della legge sul lavoro agile. Al lavoro agile, pertanto, sono rimaste ancorate le ricche ed elaborate riflessioni sull’opportunità di disciplinare tale tecnica di tutela come un diritto, malgrado in molti altri ordinamenti la disconnessione sia già definita tale nell’ambito di più d’una delle categorie strutturali del diritto del lavoro: l’orario di lavoro, il potere di controllo, il diritto alla salute. Rispetto alle altre realtà europee, non esiste nemmeno una definizione normativa della disconnessione, che è solo citata nell’art. 19 della l. n. 81/2017, con esclusivo riferimento al patto di agilità. Perfino nel limitato arco di tempo (circa un anno) in cui essa è stata tutelata come un diritto, [continua ..]


2. La disconnessione nel patto di agilità oltre l’emergenza pandemica

Nella normativa nazionale la disconnessione è menzionata nell’art. 19, l. n. 81/2017, tra gli elementi che l’accordo di agilità – che disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali – deve contemplare. Insieme alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, agli strumenti utilizzati dal lavoratore, ai tempi di riposo del lavoratore, l’accordo deve disciplinare “le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. Sulla disposizione la dottrina si è lungamente soffermata, al fine di delinearne la natura giuridica ed il corretto inquadramento, con riferimento ai beni giuridici che ne costituiscono il presupposto. La ratio della norma è nota: la modalità di lavoro subordinato agile è caratterizzata da elementi di flessibilità spaziale, da prestare in un luogo scelto dal lavoratore, oltre che organizzativa, con particolare riferimento alla flessibilità dell’o­rario di lavoro, nel rispetto dei limiti di durata massima giornaliera. La sua regolamentazione è ampiamente rimessa all’autonomia individuale e alla consensualità, con l’obiettivo di favorire (anche) la conciliazione vita lavoro, da coordinare con la competitività delle imprese: competitività che diventa efficienza nelle Pubbliche amministrazioni, integrandosi con il buon andamento di cui all’art. 97, c. 1, Cost. [25]. Tuttavia, la possibilità di lavorare da remoto e senza postazione fissa moltiplica le occasioni di commistione tra vita privata e lavorativa, che dovrebbero essere tenute ben distinte, con il forte rischio che il lavoratore subisca determinazioni formalmente consensuali ma, in sostanza, unilateralmente assunte dal datore di lavoro [26]. Va ricordato che ai sensi dell’art. 18, c. 3, l. n. 81/2017, tutte le disposizioni del lavoro agile si estendono al lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, in quanto compatibili [27]. Durante l’emergenza pandemica, tuttavia, la riflessione scientifica che si era sviluppata intorno alla l. n. 81/2017 si è trovata costretta a virare su un lavoro agile distorto, perché piegato a finalità diverse da quelle per le quali era stato introdotto e perché orfano del suo [continua ..]


3. La disconnessione nella proposta di direttiva e negli accordi sulla digitalizzazione

Nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, la disconnessione è disciplinata come un diritto (art. 3, par. 1) [40]. Il “diritto alla disconnessione” si applica a tutti i settori, sia pubblici che privati, e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status e dalle loro modalità di lavoro (art. 1, par. 1). Essa deve essere assistita da sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (art. 8) e da una inversione parziale dell’onere della prova (art. 5). Deve essere accompagnata da un adeguata individuazione dei carichi di lavoro e da misure di sensibilizzazione, compresa la formazione sul luogo di lavoro (art. 4). Vi deve essere associato il divieto di discriminazione, di trattamenti meno favorevoli, di licenziamento per il fatto che il lavoratore abbia esercitato o tentato di esercitare il diritto alla disconnessione (art. 5, par. 1). La normativa nazionale deve contemplare un meccanismo di risoluzione delle controversie rapido, efficace e imparziale, in caso di violazioni dei diritti derivanti dalla direttiva (art. 6) [41]. La proposta di direttiva mira (anche) a risolvere la profonda eterogeneità delle discipline della disconnessione dei non moltissimi Stati membri che ne prevedono una [42]. L’apripista, come è noto, è stata la Francia, con la l. 8 agosto 2016, n. 1088 [43]. Oltre la Francia, in Spagna, Belgio, Grecia, Slovacchia e Portogallo, la legge riconosce il diritto di disconnettersi [44]. I modelli regolativi sono similari. La legge rinvia alla contrattazione collettiva, per le modalità che garantiscano al lavoratore il pieno diritto alla disconnessione. Possono cambiare gli ambiti di applicazione dell’obbligo di contrattare (in relazione alle soglie dimensionali delle aziende, come in Francia) e i beni giuridici tutelati. Talvolta, sempre in Francia, in assenza di tale accordo, il datore di lavoro è tenuto a elaborare un regolamento aziendale, sentito il parere del comité d’entreprise, in cui si disciplinano le modalità di esercizio del diritto alla disconnessione e deve essere previsto lo svolgimento di attività di formazione e di sensibilizzazione. Isolata solo la posizione del Portogallo, che prevede il divieto per i datori di lavoro che abbiano almeno dieci dipendenti di contattare i lavoratori al di fuori dell’orario di lavoro: il diritto alla disconnessione però [continua ..]


4. Le prospettive della disconnessione del lavoro agile negli accordi collettivi del settore privato e nel pubblico impiego privatizzato

Alla luce del quadro regolatorio affermatosi in Europa e negli altri Stati membri, la principale criticità della disconnessione nel lavoro agile riguarda la carenza di effettività. Manca nella l. n. 81/2017 la previsione di un iter attuativo o di un impianto sanzionatorio del diritto a disconnettersi, che invece sono compiutamente disciplinati nella proposta di direttiva, e che sono suggeriti dagli Accordi sulla digitalizzazione [53]. La paventata ineffettività della disconnessione prevista dalla l. n. 81/2017 deriva della mancata qualificazione quale diritto, dalla mancanza di un apparato sanzionatorio, dalle sue modalità che sono affidate alla autonomia individuale, con tutti i limiti dello squilibrio contrattuale che caratterizza un rapporto che è comunque definito di tipo subordinato [54]. Per queste ragioni, ma anche a causa della mancanza dell’accordo che avrebbe dovuto definire le modalità organizzative della disconnessione, la normativa sopraggiunta in fase emergenziale è stata accolta con grande favore [55]. Invero, nel pur breve tempo della sua vigenza [56], l’art. 2, c. 1-ter, d.l. n. 30/2021, convertito in l. n. 61/2021, aveva definito la disconnessione come un diritto; aveva richiamato il rispetto di eventuali accordi intervenuti tra le parti, fatti salvi eventuali periodi di reperibilità; aveva precisato che l’esercizio di tale diritto non avrebbe potuto avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi. La disposizione, quindi, non si è limitata a sancire un diritto soggettivo del lavoratore di “distaccarsi” da tutte le forme di strumentazioni, comprese le piattaforme informatiche, le quali, in senso ampio, possono consentire un collegamento tra il dipendente e il datore di lavoro, i colleghi e, più in generale, il contesto aziendale. Con una finalità espressa, ossia “tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore”, essa ha sostanzialmente previsto che, in assenza tra accordi tra le parti, il diritto alla disconnessione sarebbe stato comunque garantito: ai datori di lavoro non è stato vietato di contattare i dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro e dell’eventuale reperibilità, ma al lavoratore è stato consentito di non rispondere, senza con ciò incorrere in sanzioni disciplinari o in altre misure di [continua ..]


5. Disconnessione e tutela del tempo libero dal lavoro: le contromisure del diritto del lavoro

La direzione spontaneamente tracciata dalla contrattazione collettiva – mantenere la legge, ma potenziare lo strumento contrattuale, a livello collettivo ed individuale – appare, peraltro, più rispettosa della ratio della legge sulla agilità e, pertanto, va assecondata. Non va dimenticato, infatti, che la l. n. 81/2017 rappresenta l’ultimo tratto del Jobs act, ed in quel contesto va riletta [72]. Quella legge aveva ed ha il compito di procedere per “sottrazione”, anziché per addizione di penetranti vincoli e prescrizioni. La sfida vuole essere quella di allentare due elementi organizzativi tradizionalmente considerati inscindibilmente connessi alla fattispecie della subordinazione [73], il tempo ed il luogo della prestazione, in linea con l’ambizione dell’industria europea relativa alle potenzialità della riduzione dell’orario di lavoro, in termini di incremento della produttività, derivante da un personale più motivato grazie al miglioramento della qualità della vita, della contrazione dei costi e degli spazi sostenuti dalle imprese [74]. L’obiettivo della l. n. 81/2017 sembra quello di dichiarare che l’eterodirezione è compatibile con la assenza di vincoli spazio temporali, al fine di favorire l’affer­mazione di nuovi modelli nella cultura organizzativa, in cui il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore non sia più basato sul “binomio comando-controllo, entro spazi e tempi predefiniti, ma sui risultati, sulla produttività, sulla fiducia” [75]. Questo è il senso da attribuire alla scelta della l. n. 81/2017 verso un modello regolativo leggero, volutamente orientato a non irrigidire sul suo nascere il lavoro agile entro schemi precostituiti [76], ed anche a non compromettere le variegate esperienze che erano già emerse a livello negoziale e che sarebbero maturate nel tempo [77]. Si tratta di un approccio che va condiviso anche con riferimento ai beni giuridici ai quali sembra rivolgersi la disconnessione. Quest’ultima, anche nella prospettazione che ne ha offerto la contrattazione collettiva, non è solo uno strumento di tutela della salute, né mero limite all’orario di lavoro, e nemmeno solo (ulteriore) argine al potere di controllo datoriale. La disconnessione sembra essere qualcosa di più, in quanto, attraverso alcune [continua ..]


6. Metodi, strumenti e tecniche di tutela della disconnessione

Nonostante l’apprezzabile compiutezza, anche la contrattazione del settore pubblico riserva il diritto alla disconnessione al solo personale in modalità agile. Esplicitamente esclude che l’accordo con i lavoratori da remoto prenda in considerazione “le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. Persiste, pertanto, una asimmetria con i documenti europei, che invece estendono il diritto alla disconnessione a “tutti i settori, sia pubblici che privati, e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status e dalle loro modalità di lavoro” (art. 1 della proposta di direttiva). Sicché nel tempo che separa dall’approvazione di un testo vincolante in ambito euro-unitario che riguardi tutti i lavoratori indipendentemente dalla modalità agile, vanno richiamate alcune considerazioni conclusive sulle misure concrete di cui un eventuale diritto di disconnessione dovrebbe avvalersi e secondo quali schemi giuridici. A differenza delle altre esperienze europee, dove la contrattazione collettiva si è fatta promotrice della introduzione di un diritto alla disconnessione generalizzato, nel contesto nazionale non emerge (ancora) una attenzione degna di rilievo da parte delle parti sociali. Nella contrattazione di livello nazionale la pur timida linea di tendenza sembra orientata ad affidare la disciplina della disconnessione, sia pure in una logica specificativa, alla contrattazione di secondo livello. Come nel caso del rinnovo del 2019 del Contratto collettivo del comparto istruzione e ricerca per il triennio 2016-2018, che riconosce, tra le materie oggetto di contrattazione integrativa (a livello di istituzione scolastica), la competenza su “i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (diritto alla disconnessione)”. Degna di nota l’esperienza del rinnovo del CCNL Credito del 2019, che – oltre a richiamare l’esigenza di rispettare i tempi di riposo del lavoratore e la possibilità del lavoratore di disconnettersi dalle strumentazioni e di non rispondere ad eventuali sollecitazioni – fornisce delle indicazioni sul corretto uso degli strumenti di telecomunicazione. Mentre l’art. 16 dell’Accordo sulle [continua ..]


NOTE