Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Professionalità e managerialità: percorsi e strumenti per rendere attrattivo il lavoro nelle amministrazioni italiane (di Gabriella Nicosia, Professoressa associata di Diritto del lavoro nell'Università degli Studi di Catania)


Il saggio esamina le norme di ultima generazione in materia di professionalità nel lavoro pubblico rilevando la centralità della persona nel recente progetto di riforma. L'Autrice sostiene come la fiducia che, negli ambienti di lavoro pubblico, sia possibile affermarsi sulla base di criteri oggettivi e di merito, ovvero sulle competenze effettivamente possedute e dimostrate, insieme alla consapevolezza che un certo luogo di lavoro sia caratterizzato da armonia e relazioni lavorative virtuose e solidali, rendano infine desiderabile appartenere ad una certa amministrazione.

Professionalism and management: ways and instruments for making work in the Italian administrations attractive

This essay examines the latest generation rules on professionalism in the public employment, highlighting the centrality of the person in the recent reform project. The Author affirms that the trust to make a career in public workplaces on the basis of objective criteria and merit, or on the actually possessed and demonstrated skills, along with the awareness that a workplace is characterized by harmony and virtuous and supportive working relationships, make all together desirable to belong to a specific administration.

SOMMARIO:

1. Le amministrazioni desiderabili come precondizione per attrarre (e fidelizzare) le migliori competenze - 2. La progettazione della professionalità nelle amministrazioni italiane - 3. Il competency management - 3.1. La cura della professionalità e l’empowerment delle persone - 4. Cenni sulla professionalità dei dirigenti/manager - 5. Strumenti di effettività sistemica - 6. Brevi riflessioni conclusive - NOTE


1. Le amministrazioni desiderabili come precondizione per attrarre (e fidelizzare) le migliori competenze

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera rivoluzione terminologica ma pure ad un sostanziale mutamento nell’approccio ai temi del lavoro nelle nostre amministrazioni; tutti cambiamenti strettamente correlati all’abbandono della logica neoliberale dell’efficienza ad ogni costo. Se si volesse trovare un filo rosso in grado di riannodare i momenti significativi di questo processo evolutivo, potrebbe essere con tutta evidenza ravvisato nell’investimento autentico sulla persona del lavoratore pubblico. Basti a questo fine osservare come, sotto l’egida del Governo che ci lasciamo alle spalle, sono state divulgate le linee programmatiche per le nostre PA, è stato firmato il Patto con le parti sociali ed è stato pure adottato un PNRR: tutti documenti che hanno posto al centro la persona come risorsa strategica per il progresso amministrativo. Ed in effetti è parso sorprendente leggere nelle linee programmatiche appena menzionate e nel PNRR che «sulle persone si gioca […] il successo non solo del PNRR, ma di qualsiasi politica pubblica indirizzata a cittadini e imprese» e nel Patto che «la costruzione della nuova Pubblica Amministrazione si fonda […] sulla valorizzazione delle persone nel lavoro» [1]. Difficile, in retrospettiva, individuare un periodo connotato da altrettanto fermento umanistico [2]. A trent’anni dalla privatizzazione del lavoro pubblico è possibile affermare che, rispetto al momento genetico di quella riforma epocale, il cambiamento in atto non possegga più come tratto distintivo il perseguimento del risanamento dei costi [3], bensì, e molto più propriamente, si è proposto con le fattezze di un vero “piano di investimento sulle persone” [4]. Traiettoria, questa appena indicata, che trova piena conferma in uno degli ultimi interventi normativi, in ordine di tempo, destinato a introiettare nei nostri apparati la cultura della progettazione. Si intende fare riferimento al d.l. n. 80/2021 e alla previsione del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) come misura per il rafforzamento della capacità amministrativa dei nostri apparati pubblici. Proprio a fronte di quest’ultima normativa e della destinazione di tutta la progettazione alla creazione di “valore pubblico” si può dire che siamo entrati in una fase evolutiva che contempla [continua ..]


2. La progettazione della professionalità nelle amministrazioni italiane

Gli obiettivi appena descritti presuppongono una diversa modalità di perseguimento che si deduce dalle più recenti disposizioni in materia. Per costruire, infatti, strategie vincenti di rilancio della professionalità [15], e quindi di appagamento di chi lavora negli apparati, non si può prescindere dal nuovo strumentario su cui il legislatore sembra voler scommettere con convinzione. Nel d.l. n. 80/2021 appare, infatti, ben strutturata una nuova endiadi: programmazione e professionalità. Endiadi che esprime l’asse intorno al quale ruotano i diversi interventi disposti in materia. La professionalità programmata, volendo proprio ricongiungere i lemmi di cui si compone la figura retorica, presuppone, nell’attuale disegno normativo, logiche in parte lontane da quelle che tradizionalmente hanno accompagnato la carriera dei dipendenti pubblici. E infatti l’art 6 del d.l. n. 80/2021 dispone che il PIAO [16] viene aggiornato annualmente e definisce “la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, […], e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati ai processi di pianificazione secondo le logiche del project management (PM n.d.r.), al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali e all’ac­crescimento culturale e dei titoli di studio del personale, correlati all’ambito d’im­piego e alla progressione di carriera del personale[…]”. Insomma per la prima volta, sul piano della gestione del personale in senso stretto, si fa ricorso alla progettazione di evidente connotazione ingegneristica, basata su logiche più dinamiche tese a superare le vecchie impostazioni gerarchiche e a ricorrere piuttosto al modello dei processi proiettati al raggiungimento di output ma con attenzione agli impatti attesi (outcome). Secondo questa impostazione, un processo è giusto un insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi in ingresso (input) in elementi in uscita (output). In processi logicamente sequenziati, generalmente, gli output di un processo corrispondono agli input del processo successivo. Prendendo a prestito gli studi di ingegneria gestionale è possibile evidenziare che il processo ha proprio la caratteristica di “successione di fenomeni legati fra loro” e di [continua ..]


3. Il competency management

L’esercizio dei poteri dirigenziali si dispiega entro il perimetro tracciato dall’art. 5 c. 2 del d.lgs. n. 165/2001 e cioè l’ambito in cui si invera la gestione e la micro organizzazione amministrativa. Ai sensi di questa norma, su cui si regge in buona parte la privatizzazione del lavoro pubblico [19], le determinazioni per l’organiz­zazione degli uffici e le misure inerenti la gestione del personale sono assunte con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Nel tempo, pur conservando la sostanza giusprivatistica, i poteri micro organizzativi e gestionali hanno dovuto adattarsi ai mutati contesti e, negli ultimi anni, pure alle nuove finalità richieste dalle più recenti riforme, spingendosi sino ad abbracciare funzioni sempre più evocative del management del settore privato. Questo è il luogo in cui il dirigente può assumere la decisione autonoma migliore, quella in grado di fare la differenza e segnare una vera trasformazione nello stile [20]. Questo è il livello in cui è forse possibile dar valore alle persone, prendersi cura del capitale umano (osservando la prospettiva interna alle amministrazioni) ma al contempo lasciandosi orientare dall’interesse situato nei cittadini (osservando il fuori delle amministrazioni). Qui può trovare attuazione la nuova finalità dell’ultimo ciclo di riforma che si dispiega sotto i nostri occhi: ovvero l’implementazione di un vero e proprio piano di investimenti sulle persone. Il cuore pulsante di tutte le riforme che si sono susseguite nel tempo va ravvisato nella continua ricerca del delicato equilibrio fra l’ambito delle scelte discrezionali, ovvero la macro organizzazione e quello appena descritto della micro organizzazione e gestione, viceversa dominato dagli atti di diritto privato di modo che si misura con posizioni giuridiche piene di diritto soggettivo. La gestione che si dispiega sul piano del diritto dei privati, tracciata dall’art. 5 c. 2, prima citato, non brilla infatti di luce propria. Presuppone un ambito decisionale macro organizzativo robusto, consapevole e ben progettato, basato su buone decisioni politiche, dal quale possano poi discendere buone decisioni attuative. Che poi è la rappresentazione dell’e­quilibrato dosaggio di fonti consacrato dalla nota pronuncia della Corte costituzionale n. 313/1996. Equilibrio, cioè, [continua ..]


3.1. La cura della professionalità e l’empowerment delle persone

Va adesso verificato come possa essere declinato l’approccio manageriale tratteggiato dalla normativa sopra citata. Una prima indicazione si desume dall’art. 6 del d.l. n. 80/2021, c. 2, lett. b) di cui si è già detto. Qui si trovano descritte le caratteristiche del PIAO ovvero il documento che riconduce ad unità tutta la programmazione di lunga gittata riguardante i rapporti di lavoro nelle nostre amministrazioni. Si tratta, infatti, della fonte sub-primaria regolamentare preposta a racchiudere, riconducendo tutto a unità, il Piano delle performance, il Piano triennale dei fabbisogni del personale, il Piano anticorruzione e infine il POLA [28] in materia di lavoro agile. È proprio qui che il legislatore prevede il ricorso ai processi di pianificazione e organizzazione secondo le metriche e tecniche del project management (PM). Affermare che il PIAO definisce tutti questi aspetti secondo le logiche del PM, equivale ad affermare che tutte le strategie di gestione delle persone e di sviluppo organizzativo dovranno contemplare sequenze ordinate non fine a se stesse ma proiettate alla verifica dell’output finale, e infine del relativo impatto (outcome). Il ricorso agli arnesi del PM comporta, infatti, più attenzione per i risultati che un certo stile di leadership abbia prodotto in un dato contesto amministrativo. Occorre così una feconda contaminazione della gestione e della micro organizzazione di cui all’art. 5, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001 con il ricorso a questi nuovi arnesi, e ciò in vista della creazione di valore pubblico. Stessa logica emerge dalla lett. c) del c. 2 dell’art. 6 d.l. n. 80/2021, tramite un rinvio espresso al comma precedente, che può indurre ad affermare che il PIAO definisce gli strumenti per la valorizzazione delle risorse interne prevedendo la percentuale di posizioni disponibili destinate alle progressioni di carriera e le modalità di valorizzazione a tal fine dell’esperienza professionale maturata e dell’accresci­mento culturale conseguito anche attraverso le attività di sviluppo previste con le logiche del PM. La programmazione dello sviluppo delle carriere e quindi dell’affermazione di sé, pretende il ricorso a sequenze ordinate, che si chiudono con la verifica del raggiungimento di un certo prodotto e del relativo impatto. È evidente come il ricorso alle tecniche del management [continua ..]


4. Cenni sulla professionalità dei dirigenti/manager

Naturalmente il benessere, l’eudaimonìa, ovvero l’appagamento nel (e con il) lavoro, e cioè tramite l’affermazione della propria professionalità, interessano anche gli stessi dirigenti osservati dalla prospettiva di soggetti che erogano una prestazione lavorativa, anzi una performance. Questo significa che pure nella dinamica di sviluppo del lavoro dirigenziale rilevano aspirazioni e aspettative di soddisfazione professionale che, se disattese, potrebbero generare altrettanto malessere e frustrazione. L’ambito privilegiato di sperimentazione in tal senso è proprio il doppio contratto introdotto con la seconda privatizzazione del lavoro pubblico: il contratto di lavoro di base, che fa seguito alla vittoria di un concorso, sul quale si innesta il contratto di incarico di funzione dirigenziale. Proprio quest’ultimo è da sempre luogo privilegiato per l’affermazione di sé ma anche, e per converso, scenario delle conflittualità che hanno nel tempo caratterizzato le aspettative deluse dei dirigenti aspiranti agli incarichi più prestigiosi. Questo perché la professionalità delle dirigenze nelle variegate amministrazioni italiane si esprime soprattutto nell’esercizio della funzione dirigenziale correlata all’incarico. Sotto questo aspetto, non potendo qui ripercorrere tutte le fasi storico normative che hanno caratterizzato le ondivaghe vicende anche interpretative in materia, va almeno rammentato che, pur nell’attraversamento di ben 5 cicli di riforma, l’ultimo dei quali ancora in atto, è rimasta salda la regola costruita negli anni 1997-98 riassumibile nell’idea di non potere invocare il demansionamento tutte le volte che si ricorra al conferimento o al passaggio ad incarichi diversi e questo a fronte della precisa scelta normativa di costruire una presunzione iuris et de iure di equivalenza fra gli incarichi deducibile dalla espressa inapplicabilità dell’art. 2103 del codice civile [39].


5. Strumenti di effettività sistemica

Restano, infine, da esaminare gli strumenti di effettività sistemica ipotizzati tanto dal legislatore che dalle parti negoziali per il raggiungimento dell’obiettivo dell’affermazione professionale nei nostri apparati e cioè del potenziamento delle persone (empowerment). Certamente ritrova centralità nel modello il ciclo di gestione delle performance e questo anche in ragione di alcune recenti riaffermazioni nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale. Ci si affida alla autenticità dei percorsi valutativi per promuovere gli avanzamenti (stipendiali e di carriera) dei lavoratori in ambito pubblico. La valutazione delle performance appare, a maggior ragione oggi, un crocevia sistemico imprescindibile, tutte le volte che si voglia dare credibilità e slancio a questo punto nevralgico dell’intero sistema [40]. Va, pertanto, brevemente rammentato che, ai sensi dell’art. 23 d.lgs. n. 150/2009, “le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione”, e che, in modo del tutto sintonico, pure l’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 (novellato dal d.l. 80/2021) dispone come “[…] le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attri­buzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree […] avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché’ sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti. Le parti negoziali, dal canto loro hanno riempito di contenuti la cornice normativa, prevedendo che nell’ambito [continua ..]


6. Brevi riflessioni conclusive

Nessuna strategia gestionale relativa al capitale umano ha possibilità di successo senza una sapiente pianificazione. Come si è già avuto modo di osservare, è ormai evidente il bisogno di instillare la cultura della programmazione, anzi della progettazione nei nostri apparati [46]. Programmazione e azioni di rinvigorimento delle abilità e competenze possedute rappresentano, quindi, il terreno su cui si gioca il successo e la tenuta delle recenti innovazioni normative, come del resto confermano i primi orientamenti applicativi da parte dell’Aran, nei quali si legge l’imprescindibile liaison fra le scelte organizzative e il fabbisogno di peculiari figure come le EP, cioè la pre-dirigenza di cui si è detto più sopra [47]. Questo ha pure la funzione di stabilire chiarezza e conoscibilità dei percorsi di crescita dentro le nostre amministrazioni; e ciò pure al fine di motivare il personale. Progressioni di carriera, posizioni organizzative, incarichi di EP, reclutamento e mobilità presuppongono, pertanto, una vision espressa da una progettazione seria, costruita ex ante ma a lunga gittata temporale [48]. Del resto l’orientamento applicativo del dipartimento della Funzione Pubblica, elaborato in condivisone con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, va nella direzione per cui “[…] è importante che le “famiglie professionali” siano definite con un perimetro sufficientemente ampio, tale da ricomprendere, al loro interno, una pluralità di “posizioni di lavoro” più specifiche. In questo modo, si favoriscono i percorsi di mobilità e di sviluppo all’interno dell’organizzazione […] [49]. Cosicché lo sviluppo, il fiorire del­l’individuo nel nuovo modello della professionalità dipende anche dalle decisioni strategiche macro e micro organizzative. Solo la virtuosa programmazione del personale coniugata con la buona progettazione organizzativa – attraverso il PIAO e i suoi strumenti – sono in grado di proiettarsi, come output dell’intero processo, alla creazione di valore pubblico e infine al risultato dell’azione impeccabile, satisfattiva di attese e pretese della collettività degli utenti. La migliore decisione dirigenziale, quella che può davvero fare la differenza, come si è più [continua ..]


NOTE