Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Il diritto del lavoro pubblico è speciale? (di Franco Carinci, Già Professore ordinario di Diritto del lavoro nell'Alma Mater Studiorum – Università di Bologna)


A trent'anni dall'avvio della privatizzazione del pubblico impiego si ripercorre l'iter della riforma dall’intenzione originaria di ricomporre pubblico e privato sotto la copertura comune dalla regolamentazione giuslavoristica applicata all'impresa, alla progressiva divaricazione fra la disciplina generale e quella speciale a partire dal varo del tupi.

Thirty years after the start of the public administration reform, the A. traces the course of the reform from the original intention to recompose public and private sectors under a common regulation, until the progressive gap between the general and the special discipline.

1. Considero un atto che nel linguaggio mafioso si riterrebbe di “elevato rispetto” l’avermi incaricato di pronunciare questa Introduzione ad un convegno che, in onore di Alessandro Garilli, celebra il trentennio di vita della privatizzazione del pubblico impiego. Con Alessandro esiste un rapporto consolidato, tanto che non ricordo neppure quando ebbe inizio, il nostro è stato un sodalizio scientifico, accademico e umano, lui un autentico capo-scuola all’antica, quella palermitana, da sempre impegnata a seguire con indubbia autorevolezza l’evoluzione della riforma. Trenta anni sarebbero già molti se si trattasse di fare i conti con l’attuazione di una riforma rimasta sostanzialmente immodificata, ma così non è, tanto che in una ricostruzione diacronica offertane da un manuale specialistico di cui sono stato co-autore, ne ha individuate ben quattro tappe centrali (battezzate coi nomi di Amato, Bassanini, Brunetta, Madia) più due intermedie, riflesse nella stratificazione alluvionale del d.lgs. n. 165/2001, elevato a testo unico sul pubblico impiego. T.u.p.i., acronimo adottato già dal gruppo di esperti incaricati della sua prima redazione come un diminutivo, quasi a voler sottolineare il fatto che l’incarico ricevuto era ben lungi dal metter mano ad un testo unico vero e proprio, essendo limitato ad un semplice assemblaggio nel corpo del d.lgs. n. 29/1993 della successiva decretazione delegata del decennio ’90. Ne fu motivo il rifiuto confederale a qualsiasi coordinamento ritenuto tale da poter ridimensionare quanto già ottenuto fino ad allora, ma a costo di rendere più difficile il lavoro di chi fosse chiamato ad interpretarlo. 2. Ripartiamo dal titolo dato a questo nostro appuntamento, “La privatizzazione del pubblico impiego”, che è poi la denominazione della riforma che ha prevalso, con una prima messa a punto del tutto scontata per gli addetti ai lavori, che, cioè, così si fotografa l’impatto della riforma, ma non il suo esito, perché, a cose fatte, si dovrebbe usare la formula adottata del t.u.p.i., cioè non di impiego pubblico, ma di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni esplicitamente nominate in apertura dello stesso t.u. Una privatizzazione, questa, che già in partenza deve fare i conti con la convivenza tendenzialmente schizoide fra la natura pubblica del datore e la natura privata del rapporto di lavoro, che la riforma cercherà di risolvere attraverso una distinzione, tanto raffinata teoricamente quanto difficile da effettuare: da una parte la macro-organizzazione, conservata pubblica, dall’altra la micro-organizzazione e la gestione del personale privatizzate. Che dire di questa privatizzazione a metà? Posso dire, da comparsa impegnata nell’avvio della riforma che, l’espressione “privatizzazione” esprimeva [continua..]