Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Il punto sull'attuazione dell'autonomia universitaria alla luce dell'emergenza sanitaria (di Remo Morzenti Pellegrini, Professore ordinario di Diritto amministrativo nell’Università degli Studi di Bergamo)


Nel saggio si prende in esame il concetto di autonomia universitaria, a partire dalle previsioni di cui all’art. 33 della Costituzione e considerando quanto disposto a proposito dell’auto­nomia nell’ambito delle riforme più rilevanti che hanno interessato il sistema universitario, tra le quali certamente la legge di riforma n. 240/2010. Il contributo si sofferma, di seguito, sui risvolti in termini di autonomia in capo agli atenei in conseguenza della pandemia da Covid-19.

he essay examines the concept of university autonomy, starting with the provisions of art. 33 of the Italian Constitution and considering the provisions regarding autonomy in the context of the most important reforms that have affected the university system, certainly including the reform law no. 240/2010. The contribution focuses below on the implications in terms of autonomy for universities as a result of the Covid-19 pandemic.

Keywords: University autonomy – Covid-19 pandemic – Sanitary emergency – Restart.

SOMMARIO:

1. L’autonomia universitaria: una premessa - 2. Alcune riflessioni a proposito del sistema delineato dalla riforma del 2010 - 3. Un bilancio sull’autonomia in relazione alla pandemia da Covid-19 - 4. Considerazioni conclusive - NOTE


1. L’autonomia universitaria: una premessa

Nell’affrontare il processo di affermazione dell’autonomia universitaria, nel contesto italiano, non si può prescindere, sul piano costituzionale, dal richiamo al­l’art. 33, c. 6, Cost., che sancisce il diritto delle università di darsi ordinamenti autonomi, “nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato” [1]. Ai sensi dell’art. 33 Cost. le università possono essere intese quali autonomie “funzionali” [2]. Tale statuizione, inoltre, garantisce a livello costituzionale, da un lato, la libertà sul piano della didattica, oltre che della ricerca, perlopiù con riferimento all’autono­mia didattica e scientifica propria del personal docente e, dall’altro lato, tutela la stessa autonomia degli atenei nell’individuazione di propri ordinamenti. Ed è peraltro in questo senso che si coglie una duplice dimensione della predicata autonomia: in senso negativo, quale libertà delle università rispetto all’ingerenza del potere pubblico ed in senso positivo, quale potere di autodeterminazione della comunità accademica [3]. Ebbene, nel contesto universitario, pur in presenza del dettato di cui all’art. 33 Cost., una vera autonomia non pare si sia mai pienamente realizzata. In termini generali, il sistema universitario italiano si è da sempre presentato quale modello caratterizzato dalla centralizzazione delle decisioni rilevanti in capo al Ministero, con contestuale scarsa autonomia degli istituti universitari. Diverse riforme, tra la fine degli anni Ottanta del secolo scorso e la fine degli anni Novanta, hanno ampliato la sfera di autonomia delle università, in ambito gestionale, finanziario e didattico. Assai rilevante la nota “Riforma Ruberti”, la quale ha previsto una forma di “autonomia guidata”, individuando in capo alle università precisi ambiti di autonomia normativa, essenzialmente statutaria, didattica, finanziaria e contabile. Nel dettaglio, la l. n. 168/1989, la quale ha istituito il Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, ha definito con precisione i singoli aspetti del­l’autonomia, oltre che le modalità di emanazione ed il contenuto di base degli statuti. Così all’art. 6 della legge si è disposto che le università fossero dotate di “autonomia didattica, [continua ..]


2. Alcune riflessioni a proposito del sistema delineato dalla riforma del 2010

Le suddette istanze circa la predisposizione di una riforma del sistema universitario fondata sul principio del “governo responsabile” sono sfociate nell’approvazione della l. n. 240/2010, meglio nota quale “riforma Gelmini”, mediante la quale – si ritiene di poter affermare – si è approdati ad un’autonomia “del tutto apparente”. Certamente la legge in questione ha inteso riformare in maniera organica l’intero sistema universitario, così come in precedenza, a fronte di diversi interventi frammentari, si era invece provveduto mediante la “riforma Gentile” del 1923 e, di seguito, la menzionata l. n. 168/1989. In quanto riforma di sistema, la stessa è stata oggetto di numerosi contributi in dottrina, oltre che nella giurisprudenza (alla luce delle numerose decisioni in materia rese in sede giurisdizionale soprattutto dal giudice amministrativo) [12]. Così, la riforma ha interessato una serie di rilevanti aspetti, tra i quali: governance di ateneo, didattica, reclutamento, valutazione e finanziamento secondo meccanismi premiali. Per quel che concerne nello specifico l’autonomia degli atenei, all’affermazione della stessa in capo alle università si è accompagnata la precisa indicazione circa le funzioni e la composizione degli organi interni di governance, con una conseguente e sostanziale compressione dell’autonomia statutaria delle università [13]. A ciò si aggiungano i seguenti ulteriori aspetti di compressione dell’autonomia universitaria: la misurazione dei livelli qualitativi e quantitativi di didattica e ricerca; la fissazione di criteri, indici e standard; l’automatismo tra esiti della valutazione e finanziamento; i persistenti poteri del competente Ministero in ottica di accentramento [14]. A livello delle fonti, si è osservato come la legge in questione abbia smantellato il disegno prefigurato dalla legge del 1989 per l’attuazione del principio dell’auto­nomia universitaria, avente fondamento costituzionale, con un utilizzo estremamente vasto dello strumento del decreto ministeriale [15]. Ne consegue che la legge Gelmini, di fatto, avrebbe in parte limitato l’autono­mia universitaria in nome di essa, segnando il punto più basso di quella parabola dell’autonomia universitaria che ha visto il suo apice negli anni [continua ..]


3. Un bilancio sull’autonomia in relazione alla pandemia da Covid-19

La stessa crisi pandemica da Covid-19 ha evidentemente messo a dura prova l’intera società ed i diversi settori della medesima, dall’ambito sanitario a quello produttivo e, tra di essi, certamente la stessa scuola e l’università, le quali sono state da subito poste di fronte all’ardua sfida del cambiamento, anche e soprattutto sul piano tecnologico e organizzativo. Nel dettaglio, a seguito dell’emergenza sanitaria, dal 5 marzo 2020 sono state sospese, su tutto il territorio nazionale, le attività didattiche in presenza relative all’anno scolastico 2019/2020 nei servizi educativi per l’infanzia e nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché quelle relative all’anno accademico 2019/2020 nelle università e nelle istituzioni AFAM, con contestuale attivazione della c.d. “didattica a distanza”. Con riguardo al sistema di istruzione superiore, al fine di consentire agli atenei di fronteggiare tale situazione, sono stati posti in essere diversi interventi diretti a contemperare la tutela della salute degli studenti e del personale universitario con la salvaguardia del diritto allo studio, garantito a livello costituzionale. Di seguito, sono state introdotte diverse disposizioni volte ad assicurare la ripresa in sicurezza delle attività didattiche in presenza nelle università per l’a.a. 2020/2021. Come noto, tuttavia, a partire dal mese di ottobre 2020, considerati l’evoluzione della pandemia e l’incremento dei casi sull’intero territorio nazionale, sono state progressivamente emanate nuove disposizioni tese a limitare le attività didattiche in presenza. Una graduale ripresa delle medesime attività, con diverse modulazioni, è stata prevista per le università a partire da gennaio 2021. In primo luogo, pertanto, gli atenei sono stati chiamati ad organizzarsi e rior­ganizzarsi, con estrema rapidità, al fine di garantire le attività proprie di tali e rispondere dunque con tempestività ed efficacia ad esigenze nuove (anzi inedite). Certamente, un peso rilevantissimo ha avuto l’aspetto della didattica da riorganizzare e reinventare sotto molteplici profili: le risorse materiali, spazi ed organizzazione interna tra didattica in presenza e da remoto, ma anche le risorse digitali, piattaforme di comunicazione, apprendimento e trasmissione del sapere da remoto e così nuovi [continua ..]


4. Considerazioni conclusive

La pandemia ha prodotto rilevanti conseguenze sull’intero sistema universitario e, più in generale, in quello variegato e complesso della formazione: ha sospeso la mobilità studentesca, ridotto gli investimenti immobiliari, condizionato la didattica e, più in generale, il percorso formativo. Tale sospensione, tuttavia, si ritiene possa essere sfruttata al fine di riorganizzarsi, riprogettare attività, adottare nuove strategie per il futuro [27]. L’emergenza sanitaria, in altri termini, ha offerto la possibilità di riflettere sul ruolo del sistema di istruzione superiore nella crescita e nel rilancio delle attività del Paese. In questo senso occorre che la ripresa si fondi sulle competenze: è necessario pertanto investire maggiormente nel settore dell’istruzione e universitario affinché la crescita e il rilancio, anche sul piano della stessa competitività a livello internazionale, siano guidati dalla conoscenza. Le Università si pongono infatti quali soggetti che maggiormente possono concorrere alla crescita collettiva assicurata dall’educazione e dalla conoscenza, al fine di fronteggiare i cambiamenti della società e i rinnovati bisogni in una realtà generale globalizzata [28]. Così, la ripartenza nell’ambito universitario si ritiene debba essere fondata in primo luogo sulla diversificazione. In presenza cioè di una pluralità di realtà, ogni territorio deve poter contare su università in grado di far fronte efficacemente alle esigenze dello specifico contesto territoriale, sociale, lavorativo, economico. Occorre allora, nel senso della valorizzazione dell’autonomia universitaria, stabilire obiettivi differenziati e in tal modo consentire una specializzazione ulteriore, anche sul piano dell’offerta formativa e della ricerca [29]. Un ulteriore obiettivo è certamente quello della semplificazione dei procedimenti, come si è posto in luce in particolare in relazione alla valutazione e all’immediata utilizzabilità dei fondi comunitari messi a disposizione: è allora auspicabile, in tale ottica, una (reale e possibile) semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici che oggi penalizzano e affliggono il sistema universitario. Tra gli aspetti più significativi che avrebbero necessità di essere semplificati e liberati da [continua ..]


NOTE