Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Sull'applicabilità della sanzione della trasformazione del contratto a termine alle Società a partecipazione pubblica (di Vincenzo Cangemi, Ricercatore di Diritto del Lavoro nell’Università di Torino)


Il commento affronta il tema della disciplina sanzionatoria applicabile alle società in house nell’ipotesi di illegittimità del contratto a termine, analizzando i principi in tema di reclutamento previsti per tali tipologie di società sia dal d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, sia dal d.lgs. n. 175/2016. L’autore sostiene la tesi secondo cui i criteri e le modalità di reclutamento previste per le società in house, che devono essere ispirate ai principi di cui all’art. 35, c. 3, d.lgs. n. 165/2001, non configurano necessariamente delle procedure concorsuali pubbliche. Di conseguenza, non è possibile estendere ad esse il divieto di trasformare i contratti a termine illegittimi in contratti a tempo indeterminato.

The article deals with the issue of the sanctions system applicable to in-house companies in case of illicit fixed-term employment contract, by analysing recruitment principles provided for such types of companies both by decree-law n. 112/2008 conv. in l. n. 133/2008, and by legislative decree 175/2016. The author supports the thesis that the criteria and the modalities of recruitment provided for in-house companies, which must be inspired by the principles referred to in art. 35, para 3, legislative decree n. 165/2001, don’t necessarily constitute entrance examinations for civil service recruitment. Consequently, it is not possible to extend to them the prohibition to transform fixed-term employment contract in a contract with no time limit.

Keywords: In-house companies – Fixed-term employment contract – Sanctions system – Conversion of fixed-term employment contract – Access to jobs in the public sector – Entrance examinations for civil service recruitmentVincenzo Cangemi

Il divieto di assunzione senza pubblico concorso (o procedura ad evidenza pubblica) sussiste anche nei casi di accertamento giudiziale della nullità di contratti a termine con connesso ripristino del rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei confronti di aziende municipalizzate o società a totale partecipazione pubblica. Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Perugia del 31.7.12, M.V. esponeva: a) che aveva partecipato a una selezione concorsuale bandita nel 2007 dalla s.p.a. Valle Umbra Servizi (V.U.S.) per l’assunzione di 2 Addetti Amministrativi Commerciati di III livello del CCNL gas-acqua, classificandosi utilmente in graduatoria; b) che, dopo avere ricevuto una prima lettera della V.U.S., con cui la si informava che: vista l’urgenza di integrare temporaneamente il personale impiegatizio assegnato alla ns. Direzione Commerciale a seguito di un congedo per maternità e in attesa di una procedura interna per individuare unità amministrative da destinare a tale settore, la V.U.S. l’aveva assunta a termine con lettera del 13.12.11. Chiedeva dichiararsi l’illegit­timità della clausola relativa al termine con condanna della società a riammetterla nel posto di lavoro ed al pagamento dell’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32. Resisteva la società VUS. Con sentenza del 30.7.14, il Tribunale di Perugia dichiarava la nullità della clausola relativa al termine finale apposto al contratto di lavoro e, per l’effetto, dichiarava che fra le parti era sorto, a far data dal 15.12.2011, un rapporto di lavoro subordinato; condannava la resistente al ripristino del rapporto ed al pagamento, a titolo di indennizzo omnicomprensivo, la somma di Euro 5.161,00, pari a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione. Il giudice di primo grado fondava il proprio convincimento sul presupposto che le cause di apposizione del termine al contratto stipulato con la ricorrente non fossero sufficientemente specifiche D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1. Ed infatti, ad avviso del giudicante, nella lettera di assunzione le ragioni del­l’in­serimento del termine erano indicate in maniera piuttosto generica e contraddittoria, indicandosi la necessità di sostituire una lavoratrice in congedo per maternità, senza altra indicazione ulteriore, e la stessa motivazione era stata utilizzata per l’assunzione di altra lavoratrice con contratto a termine; peraltro nella medesima lettera si faceva riferimento ad una ragione indipendente e in contrasto con quella precedentemente indicata, quale il riferimento al futuro espletamento di una procedura interna per individuare risorse umane disponibili a ricoprire il settore in esame, senza alcuna indicazione delle unità amministrative da assegnare al settore. Escludeva inoltre che nella specie potesse [continua..]
SOMMARIO:

1. Sui fatti di causa - 2. Reclutamento, contratto a tempo determinato e società a partecipazione pubblica nel d.l. n. 112/2008 - 3. La non “convertibilità” del contratto a tempo determinato stipulato dalle società in house. Critica - 4. Reclutamento, contratto a tempo determinato e società a partecipazione pubblica nel nuovo Testo Unico delle Società Partecipate - NOTE


1. Sui fatti di causa

La sentenza in commento affronta il tema delle conseguenze sanzionatorie previste per l’ipotesi di nullità della clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato con una società in house, in vigenza dell’art. 18, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, applicabile ratione temporis alla fattispecie. In primo grado, dopo aver accertato la genericità e la contraddittorietà della causale giustificativa dell’apposizione del termine al contratto di lavoro ai sensi dell’art. 1, d.lgs. n. 368/2001, il giudice dichiarava la conversione del contratto a tempo indeterminato e condannava la società al risarcimento del danno. Quest’ultimo, infatti, escludeva che nel caso di specie potesse applicarsi il divieto di conversione del contratto a tempo indeterminato stabilito dall’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001, stante l’im-possibilità di qualificare la società in house come pubblica amministrazione. La decisione di primo grado veniva confermata in appello. La Corte di Cassazione riforma il principio di diritto affermato nei precedenti gradi di giudizio, riconoscendo la non applicabilità ai dipendenti di una società in house della sanzione della conversione del contratto di lavoro a termine illegittimo in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La pronuncia costituisce un’ulteriore conferma di quell’orientamento consolidatosi in sede di legittimità che applica l’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001 anche alle società in house [1]. Sebbene quest’ultimo si sia sviluppato sulla base della disciplina previgente, la questione appare interessante anche nell’ottica del nuovo Testo unico delle società partecipate, considerato il sottile fil rouge che lega le due discipline [2].


2. Reclutamento, contratto a tempo determinato e società a partecipazione pubblica nel d.l. n. 112/2008

Il lavoro alle dipendenze di società partecipate, nel modello delineato originariamente dal d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, presentava un carattere per certi aspetti ibrido. Coesistevano, infatti, tratti di disciplina privatistica, che costituiva la regola generale, con tratti di disciplina pubblicistica, soprattutto per quel che riguarda la fase del reclutamento, che ne rappresentava l’eccezione [3]. L’ambiguità nella determinazione della natura giuridica delle società partecipate, che presentano «la forma del diritto privato ma la sostanza (il capitale) di natura pubblica» [4], si riverberava anche sull’individuazione della normativa applicabile al rapporto di lavoro. Non era, infatti, chiaro quanto la natura pubblica del socio influenzasse quella della società e, di conseguenza, le disposizioni ad essa applicabili [5]. Il quadro normativo presentava un «carattere spesso frammentario» che impediva una compiuta ricostruzione sistematica della materia, tanto che era possibile configurarlo non come «un sistema conchiuso ed a se stante», ma «come un insieme di deroghe alla disciplina generale» privatistica [6]. Con riguardo al reclutamento del personale nelle società a partecipazione pubblica, il d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008 aveva previsto un regime differenziato a seconda della natura della società che veniva in rilievo [7]. Per le società che gestivano servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, ai sensi dell’art. 18, comma 1, vi era l’obbligo di adottare, «con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo potevano, invece, più semplicemente adottare, «con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità» (art. 18, c. 2). Rimanevano escluse dall’applicazione di questi due commi, infine, le «società quotate sui mercati regolamentati» (art. 18, c. 3). Il d.l. n. 138/2011, [continua ..]


3. La non “convertibilità” del contratto a tempo determinato stipulato dalle società in house. Critica

A quest’ultimo orientamento, come già anticipato, ha aderito la sentenza in commento. Secondo la Corte, l’art. 18, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, a­vrebbe introdotto «l’obbligo di adottare il regime del pubblico concorso per il reclutamento del personale», in attuazione dell’art. 97 Cost., a quelle società che «per essere a capitale interamente pubblico, ancorché formalmente privat[e]», sul piano del regime giuridico possono essere assimilate ad enti pubblici. La motivazione, piuttosto succinta, non appare convincente sotto diversi profili. Il primo aspetto da affrontare riguarda la natura della società datrice di lavoro. La Corte, in maniera piuttosto sbrigativa, sembra equiparare il regime di reclutamento previsto per le società in house, tipologia alla quale apparteneva la società in questione, a quello delle società a totale partecipazione pubblica, ritenendo che anche alle società in house si applichi l’art. 18, c. 1, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, senza spiegare il motivo di tale conclusione. Ora, si è dato conto del fatto che il suddetto art. 18 prevedeva un regime differenziato per il reclutamento del personale in base al tipo di società. In particolare, non sembra senza rilievo il fatto che per le società in house il d.l. n. 112/2008 avesse già previsto una specifica disposizione in materia di reclutamento del personale nell’art. 23-bis, c. 10, lett. a), attuata con l’art. 7 del d.P.R. n. 168/2010, diversa da quella dettata per le società a totale partecipazione pubblica [23]. L’art. 3-bis, c. 6 d.l. n. 138/2011, conv. in l. n. 148/2011, entrato in vigore a far data dal 2012, aveva poi nuovamente esteso l’obbligo di adottare criteri e modalità per il reclutamento del personale e il conferimento di incarichi conformi ai principi di cui all’art. 35, c. 3, d.lgs. n. 165/2001 alle società in house. In dottrina si è, quindi, dubitato che alle società in house, per quanto appartengano al genus società a totale partecipazione pubblica, si applicasse direttamente l’art. 18, c. 1, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008 [24]. Da un punto di vista sistematico non si sarebbero potute giustificare né la previsione dell’art. 23-bis, d.l. n. 112/2008, né tanto meno quella di cui [continua ..]


4. Reclutamento, contratto a tempo determinato e società a partecipazione pubblica nel nuovo Testo Unico delle Società Partecipate

Le conclusioni appena raggiunte in base all’analisi del d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, vigente ratione temporis, trovano ulteriore conferma nel nuovo d.lgs. n. 175/2016, Testo Unico delle Società Partecipate. Senza voler entrare nel merito della questione circa la porta innovativa o meno dell’art. 19, d.lgs. n. 175/2016 [40], si può certamente dire che la differenza tra la disciplina previgente e quella attuale non sia così «vistosa» [41]. Il Testo Unico configura le società a partecipazione pubblica in base a un modello generale privatistico su cui si innesta la disciplina speciale contenuta nel medesimo testo normativo di carattere pubblicistico [42]. Tale impostazione è prevista non solo con riferimento alle regole societarie, ma anche per quanto riguarda i profili giuslavoristici [43]. L’art. 19, nel delineare i tratti di disciplina speciale applicabili ai rapporti di lavoro alle dipendenze di società a partecipazione pubblica, supera il modello tripartito di reclutamento per optare per un sistema unico valido per tutte le società a controllo pubblico [44]. Ai sensi del c. 2, queste ultime «stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei princìpi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei princìpi di cui all’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001». Viene ripreso, unificandolo, il regime di reclutamento previsto dall’art. 18, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, per cui anche in vigenza della nuova disciplina non risulta necessario adottare la modalità del pubblico concorso [45]. La formulazione di tale disposizione conforta la tesi, infatti, secondo cui il rinvio ai principi di cui all’art. 35, c. 3, non implica una sua applicazione diretta, la quale è, invece, prevista solo in via sussidiaria e, per certi versi, sanzionatoria, qualora la società a partecipazione pubblica non adotti i provvedimenti che stabiliscano le modalità di reclutamento. La conferma della natura privatistica [46] delle procedure di reclutamento adottate dalle società [continua ..]


NOTE