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La disciplina della incompatibilità nel lavoro pubblico: uno sguardo d'insieme *
Alberto Tampieri, Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Lo scritto tratta della complessa disciplina delle incompatibilità e del conferimento di incarichi extra-lavorativi nell’ambito del lavoro pubblico privatizzato, muovendo dalla disciplina di carattere generale contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e passando poi all’esame delle discipline specifiche per alcune categorie di dipendenti pubblici.
The paper deals with the complex regulation of incompatibility and outside-work tasks within the discipline of the “privatized” work in the public sector. Moving from the general regulation provided by article no. 53 of the Legislative Decree no. 165/2001, the author analyses the specific disciplines for some categories of public employees.
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Sommario:
Parte I – La regolamentazione di carattere generale - 2. Il principio di esclusività del rapporto di lavoro pubblico e le eccezioni - 3. L’assunzione di cariche in società lucrative e in cooperative. Le banche di credito cooperativo e le banche popolari - 4. L’esercizio di attività libero-professionale - 5. Incompatibilità e part-time - 6. Gli incarichi vietati e quelli consentiti al personale a tempo pieno - 7. Segue: gli incarichi consentiti senza autorizzazione - 8. Il procedimento di autorizzazione - 9. Le conseguenze della violazione dell’obbligo di esclusività - 10. Segue: le ricadute sul piano economico e sulla validità dell’incarico extralavorativo - 11. Gli obblighi di comunicazione e la pubblicità degli incarichi extralavorativi - 12. Questioni di giurisdizione - NOTE
Parte I – La regolamentazione di carattere generale
1. L’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e la disciplina generale delle incompatibilità Il tema delle incompatibilità e del divieto di cumulo di incarichi per i dipendenti pubblici è quanto mai complesso e articolato, ed è caratterizzato da una stratificazione di fonti normative, regolamentari e contrattuali che spesso si sovrappongono e si intersecano tra di loro [1]. A seguito della privatizzazione del pubblico impiego, la norma di riferimento in materia è l’art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, modificato di recente prima dalla l. 6 novembre 2012, n. 190 – in tema di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione – poi dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, attuativo della legge “Madia”, e infine dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76 sull’innovazione digitale. L’art. 53, a sua volta, rinvia alla previgente disciplina contenuta nel Testo [continua ..]
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2. Il principio di esclusività del rapporto di lavoro pubblico e le eccezioni
Come si è anticipato, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 53, c. 1, del d.lgs. n. 165/2001 il sistema generale delle incompatibilità per i pubblici dipendenti è ancora quello tracciato negli artt. 60 ss. del d.P.R. 10 giugno 1957, n. 3. Esso è fondato sul principio di esclusività (art. 98, c. 1, Cost.), che consiste nel dovere, per il pubblico dipendente, di dedicare all’ufficio (inteso in senso lato come impiego pubblico) l’intera attività lavorativa, in vista del miglior rendimento a favore dell’amministrazione datrice di lavoro [9]. Se così è, poco comprensibile – non tanto per la ratio della norma, quanto per la sua collocazione sistematica – è l’aggiunta di un c. 1-bis all’art. 53, ad opera del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, secondo il quale non possono essere conferiti «incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del [continua ..]
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3. L’assunzione di cariche in società lucrative e in cooperative. Le banche di credito cooperativo e le banche popolari
Una questione assai dibattuta, che rientra in senso lato nella incompatibilità del pubblico dipendente con l’esercizio dell’industria e del commercio, riguarda l’assunzione di cariche nell’ambito di società, ed in particolare di cooperative che esercitano l’attività bancaria. In linea generale, sulla base del tenore letterale delle norme del Testo unico del 1957 e delle successive interpretazioni ministeriali [20], deve ritenersi compatibile con il rapporto di lavoro pubblico la posizione di semplice socio di società lucrativa, restando invece preclusa al pubblico dipendente l’assegnazione di responsabilità all’interno della compagine societaria, come ad esempio quelle connesse alla carica di amministratore unico o delegato, o di presidente del consiglio di amministrazione dell’ente. Il contenzioso giurisprudenziale si è soprattutto concentrato [continua ..]
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4. L’esercizio di attività libero-professionale
Tra le attività precluse, in linea generale, al dipendente pubblico per effetto delle norme del t.u. n. 3/1957 vi è poi l’esercizio di una libera professione regolamentata. Anche in questo caso vige infatti il principio generale – ma, come si vedrà, ancora una volta non scevro da eccezioni – in base al quale l’impiegato deve dedicare all’ufficio «tutta la propria capacità lavorativa, intellettuale e materiale» [29]. Specularmente, occorre tener conto delle diverse leggi professionali che a loro volta vietano l’iscrizione all’albo del pubblico dipendente. Tali normative di settore dovrebbero, in realtà, essere state superate dalla disciplina generale in materia di part-time pubblico (art. 1, c. 58 ss., della l. n. 662/1996), che come si dirà a breve consentono, a certe condizioni, l’esercizio della libera professione a dipendenti che abbiano ottenuto la riduzione [continua ..]
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5. Incompatibilità e part-time
Come si è anticipato, forse la più consistente e anche interessante fattispecie derogatoria, rispetto al generale divieto di incarichi e attività extralavorative per i pubblici dipendenti, riguarda l’opzione per la prestazione lavorativa a part-time [40]. La disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale del pubblico dipendente è contenuta nella normativa generale di cui al d.lgs. n. 81/2015, il quale tuttavia, all’art. 12, richiama e fa salva la disciplina speciale di settore del pubblico impiego. In questa sede, l’analisi della materia de qua riguarderà solamente il profilo delle incompatibilità, che viene appunto derogato, in alcuni casi, proprio per i dipendenti che abbiano scelto di trasformare il loro rapporto di lavoro da full-time a part-time, ovvero (il che è lo stesso) che siano risultati vincitori di uno specifico concorso per posti a tempo parziale. Il quadro normativo di riferimento per il [continua ..]
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6. Gli incarichi vietati e quelli consentiti al personale a tempo pieno
Tornando alla norma generale sull’incompatibilità contenuta nel d.lgs. n. 165/2001, deve rilevarsi in primo luogo come l’art. 53, c. 2, preveda, quale principio di carattere generale, che le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. Al comma in questione si ricollega espressamente il successivo c. 3-bis del medesimo art. 53, introdotto dalla l. n. 190/2012; esso demanda, “ai fini previsti dal comma 2”, ad appositi decreti interministeriali l’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali. Vi è però un’ipotesi specifica, legislativamente prevista, di divieto di assunzione di incarichi, ed è quella prevista [continua ..]
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7. Segue: gli incarichi consentiti senza autorizzazione
Il c. 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, da ultimo modificato dal d.l. n. 76/2020, esclude dal generale divieto di assunzione di incarichi extra-lavorativi retribuiti i compensi (e le relative prestazioni) derivanti al dipendente pubblico, sia pure a tempo pieno, dall’esercizio di talune attività, considerate a priori consentite senza necessità di previa autorizzazione. Si tratta della collaborazione del dipendente a giornali, riviste, enciclopedie o simili; dell’utilizzazione a fini economici di opere dell’ingegno o di invenzioni industriali da parte dell’autore o inventore; della partecipazione a convegni e seminari; degli incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso di spese documentate; di incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente viene posto in aspettativa, comando o fuori ruolo, ovvero degli incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti distaccati o collocati in aspettativa non [continua ..]
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8. Il procedimento di autorizzazione
Il divieto, per le amministrazioni, di assegnare ai propri dipendenti a tempo pieno incarichi extralavorativi che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative vale anche per il conferimento di incarichi «esterni», e cioè a dipendenti di altri enti pubblici. Questi ultimi necessitano di specifica e preventiva autorizzazione, pena la nullità dell’incarico [51], l’avvio della responsabilità disciplinare del dirigente e l’incameramento del corrispettivo da parte dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, mediante versamento a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore (art. 53, c. 7 e 8). L’autorizzazione deve essere nuovamente richiesta anche qualora l’amministrazione abbia, in precedenza, autorizzato incarichi similari, per i quali il dipendente abbia regolarmente comunicato l’importo degli emolumenti percepiti [52]. L’omissione [continua ..]
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9. Le conseguenze della violazione dell’obbligo di esclusività
Ai sensi dell’art. 63, c. 1, del t.u. n. 3/1957, espressamente richiamato, come si è detto, dall’art. 53, c. 1, del d.lgs. n. 165/2001, in presenza di un’accertata incompatibilità il dipendente viene diffidato a far cessare la situazione in questione; l’eventuale ottemperanza alla diffida – ma anche il mancato esercizio del potere di diffida [59] – non impedisce peraltro l’esercizio dell’azione disciplinare (c. 2). Dopo l’inutile decorso di quindici giorni dalla diffida, senza che l’incompatibilità sia stata fatta cessare, il dipendente incorre nel provvedimento di decadenza dall’impiego [60]. Il problema che si è posto all’attenzione della giurisprudenza e della dottrina, fin da subito, è evidentemente quello della sopravvivenza dell’istituto, tipicamente pubblicistico, della decadenza a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro [continua ..]
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10. Segue: le ricadute sul piano economico e sulla validità dell’incarico extralavorativo
Come si è visto (supra, par. 7), in base alle modifiche introdotte dal d.l. n. 101/2013, l’eventuale adozione, da parte delle amministrazioni, di atti o provvedimenti “comunque denominati, regolamentari e amministrativi”, in contrasto con le previsioni di cui al c. 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, comporta la nullità degli atti medesimi. In ogni caso, secondo il successivo c. 8, il conferimento di incarichi in violazione dell’art. 53 costituisce infrazione disciplinare a carico del funzionario o dirigente responsabile del procedimento, mentre, sul piano economico, come pure si è detto, il relativo compenso viene introitato dall’amministrazione di appartenenza [73]. L’autonomo rilievo che la norma assegna alla responsabilità disciplinare ha indotto la giurisprudenza a escludere, giustamente – stante la mancanza di una procedura di contraddittorio – che l’obbligo di versamento del [continua ..]
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11. Gli obblighi di comunicazione e la pubblicità degli incarichi extralavorativi
L’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 predispone, ai fini della trasparenza ma anche dell’accertamento di eventuali violazioni, un complesso sistema di comunicazioni e informazioni, che deve essere coordinato con le norme sulla pubblicità degli incarichi e segnatamente con quelle contenute nel d.lgs. n. 150/2009 [79]. I soggetti pubblici o privati che hanno conferito incarichi a dipendenti pubblici sono tenuti a comunicare, entro quindici giorni dall’erogazione del compenso, alle amministrazioni di appartenenza i compensi erogati ai dipendenti pubblici (art. 53, c. 11). Interessante, in proposito, è la precisazione giurisprudenziale secondo la quale l’infrazione di omessa comunicazione all’amministrazione di appartenenza, da parte del soggetto privato conferente l’incarico a un pubblico dipendente, dei compensi erogati, deve ritenersi commessa, in conformità a quanto avviene per i reati di omessa [continua ..]
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12. Questioni di giurisdizione
In materia di conferimento di incarichi extra-lavorativi sono poi insorte, sebbene marginalmente, alcune questioni di giurisdizione. Ad esempio si è sostenuto – ma ante privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico – che le controversie inerenti alla spettanza del compenso per attività libero-professionali, svolte da un dipendente (non medico) di un’azienda sanitaria in favore dell’amministrazione di appartenenza, siano assoggettate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sulla base dell’art. 60 del t.u. n. 3/1957 [88]. Dopo l’entrata in vigore e il consolidamento del passaggio della giurisdizione del giudice ordinario delle controversie di lavoro dei dipendenti pubblici (art. 63, d.lgs. n. 165/2001) una tale posizione non sarebbe più sostenibile. E infatti si è giustamente detto che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario «la controversia concernente l’autorizzazione [continua ..]
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NOTE