Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Valutazione e responsabilità della dirigenza pubblica. A proposito di un recente libro (di Sandro Mainardi, Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna)


L’Autore, partendo dalle suggestioni di un recente libro di Mario Cerbone sulla dirigenza pubblica degli enti locali, esamina i profili di maggiore problematicità nei sistemi di valutazione della dirigenza, sia con riguardo agli esiti premiali legati al raggiungimento degli obiettivi, sia in relazione ai profili di responsabilità dirigenziale. L’evoluzione normativa, solo in parte ricondotta a sistema per la mancata attuazione della delega di cui alla l. n. 124/2015 con riguardo alla disciplina della dirigenza, ha dato spazio al consolidamento di prassi valutative e di accertamento della responsabilità dirigenziale che appaiono ancora lontane dal garantire sistemi efficienti di gestione e di accountability pubblica, nella soddisfazione dell’utenza e nell’utilizzo adeguato delle risorse.

 

Evaluation and accountability of public management. About a recent book

The author, starting from the suggestions of a recent book by Mario Cerbone on the public management of local authorities, examines the most problematic profiles in the management evaluation systems, both with regard to the reward results linked to the achievement of objectives, and in relation to managerial responsibility profiles. The regulatory evolution, only partially traced back to the system due to the failure to implement the delegation referred to in l. n. 124/2015 with regard to the discipline of the management, has given space to the consolidation of evaluation practices and assessment of managerial responsibility that still appear far from guaranteeing efficient management systems and public accountability, in user satisfaction and in the adequate use of resources.

Keywords: Public management – Local authorities – Evaluation – Reward economic treatments – Managerial responsibility.

 

SOMMARIO:

1. Il nodo della valutazione e della responsabilità dei dirigenti pubblici. Ragioni (semplici) di riforme inattuate - 2. Il valore della differenziazione dei sistemi di valutazione dei dirigenti negli Enti Locali - 3. Sistema di valutazione della prestazione dei dirigenti e differenziazione dei trattamenti premiali - 4. Responsabilità dirigenziale e recesso tra legge e contratto collettivo. La generalizzazione della tutela reintegratoria risponde (sempre) ad esigenze di tutela dell’interesse pubblico? - NOTE


1. Il nodo della valutazione e della responsabilità dei dirigenti pubblici. Ragioni (semplici) di riforme inattuate

Riflettere sul sistema della valutazione dei dirigenti pubblici ad oltre un decennio dalla sua formale introduzione nel sistema delineato dalla riforma del 2009, significa analizzare un profilo della disciplina del lavoro pubblico di notevole rilevanza e interesse, caratterizzato da una dimensione interdisciplinare e da una netta discrasia tra l’attenzione profusa sul tema dal legislatore, da un lato, ed i risultati, nel complesso ancora poco soddisfacenti, dall’altro. Sono abbastanza note le cause della scarsa performance dei sistemi di valutazione, certamente non tutte riconducibili agli assetti regolativi della dirigenza delle pubbliche amministrazioni. Il nodo dei rapporti tra politica e dirigenza, nella meccanica dell’attribuzione di incarico e nella definizione degli obiettivi è certamente al centro delle criticità riscontrate dal sistema. Ma forse c’è qualcosa di più e di molto più semplice alla base della scarsa effettività dei sistemi di valutazione, sia con riguardo ai profili della valutazione positiva del dirigente, sia, e a maggior ragione, con riguardo ai profili della valutazione negativa e delle responsabilità dirigenziali. Il vertice politico tende ad autolegittimarsi nel breve periodo e dunque la valutazione positiva e scarsamente differenziata dei dirigenti è portatrice di consenso e appunto matrice di legittimazione dell’azione amministrativa almeno sul versante interno, con l’effetto però di frustrare ratio e significato stesso della valutazione. Gli amministratori sanno che attribuire una valutazione negativa e addirittura sanzionare un dirigente significa manifestare sul versante esterno ed interno l’insuccesso dell’amministrazione per i settori interessati e a monte per la scelta di attribuzione di incarico a “quel” dirigente, e ciò naturalmente tende ad inibire qualunque azione di responsabilità nei confronti del dirigente poco o gravemente poco performante. Di certo la regolamentazione non è riuscita a correggere o a curvare questa deriva fattuale. Le difficoltà e le prassi distorte nel rapporto tra politica e amministrazione sono da imputare al modo inadeguato con cui è regolato e applicato il sistema della valutazione e all’assenza di attenzione per i controlli esterni; e poi alla carente e confusa disciplina del correlato sistema della responsabilità [continua ..]


2. Il valore della differenziazione dei sistemi di valutazione dei dirigenti negli Enti Locali

La valutazione dovrebbe occuparsi non solo delle relazioni interne – del rapporto tra politica e dirigenti (verifica della rispondenza della gestione autonoma dei dirigenti agli obiettivi e alle direttive del vertice politico), e tra dirigenti e personale (quindi la verifica della qualità delle prestazioni in relazione all’organizzazione usando anche gli strumenti della premialità) – ma anche dei risultati complessivi dell’insieme delle attività, alla luce dei bisogni da soddisfare. Si dovrebbe dunque misurare e valutare l’intero processo, partendo dalla qualità e adeguatezza degli obiettivi e delle direttive dei vertici politici, ed analizzare il livello di soddisfazione dei bisogni della collettività raggiunto, la qualità complessiva dell’attività, l’uso proprio delle risorse pubbliche, considerando che i soggetti principali sono sia il vertice politico, che individua gli obiettivi e i programmi e sovraintende al processo di assegnazione degli incarichi, sia i dirigenti, i quali gestiscono organizzazione e personale, rapportandosi con la sfera politica per riceverne obiettivi e direttive, da un lato, e con i dipendenti per guidarli al raggiungimento del risultato dell’attività amministrativa che sovraintendono, dall’altro. Da questo punto di vista sono da condividere le idee di Mario Cerbone nel libro da cui traggono occasione queste riflessioni [1], per cui negli enti territoriali sembra maturino interferenze più dense e diffuse tra piano della performance e dei relativi obiettivi del dirigente e piano degli obblighi contrattuali dello stesso, sotto il profilo del “come” il dirigente riesca, con la dovuta diligenza, a rilevare le istanze che provengono dai diversi stakeholders dell’amministrazione – i fruitori dei servizi anzitutto – in ambito territoriale: è una idea che convince e che, fra altro, può essere facilmente colta nell’esperienza. I sistemi di valutazione degli enti territoriali, grazie ai margini di adattamento del modello generale concessi dalle norme proprio per queste amministrazioni (cfr. art. 31 d.lgs. n. 150/2009), dovrebbero cioè essere curvati al fine di cogliere a pieno la correlazione tra contesto organizzativo, finalità pubblica del servizio e prestazione erogata dal dirigente [2]. Secondo Cerbone, questo si traduce, a seguito della [continua ..]


3. Sistema di valutazione della prestazione dei dirigenti e differenziazione dei trattamenti premiali

È ben vero che la valutazione si configura anche quale mezzo per garantire il rispetto del principio del merito, in particolare la distribuzione della retribuzione e delle opportunità di carriera in base alla produttività dirigenziale, mezzo talvolta inteso come un fine. Si tratta tuttavia solo di una dimensione interna al complessivo procedimento, un aspetto rilevante che non esaurisce il discorso sulla valutazione, anche se ha assunto un ruolo assorbente sia nell’immagine, sia soprattutto nell’at­tenzione del legislatore, il quale ha invece trascurato di regolare aspetti importanti della valutazione nella sua dimensione generale. La valutazione non è infatti tanto o solo uno strumento di efficienza per distribuire premi e progressioni (nonché, correlatamente, sanzioni in caso di insuccesso), ovvero per gestire il personale secondo i criteri del merito, ma è lo strumento di controllo gestionale per verificare che sia garantito il buon andamento dell’attività pubblica. In sintesi, dal momento che nel modello privatistico l’equilibrio tra imparzialità dell’attività amministrativa e attuazione dell’indirizzo politico rappresenta il nodo centrale, il sistema di valutazione, essenziale per garantire tale equilibrio, si configura come di cruciale rilevanza, rappresentando lo strumento di chiusura del modello. Su questo le rigidità della Riforma Brunetta del 2009 – evidentemente introdotte per imporre il modello, specie per alcune amministrazioni – si erano tradotte ai fini economici nella superfetazione della performance individuale, con il vituperato sistema delle fasce, a scapito non solo della valorizzazione della performance organizzativa ma, cosa di rilievo assai più negativo, di quella che deve essere una visione complessiva ed inscindibile degli ambiti della performance (organizzativa e individuale) nel senso appunto ben evidenziato dal libro di Mario Cerbone. Questa rigidità di orientamento del modello ha come noto determinato una immediata crisi di rigetto del sistema delle differenziazioni per merito della dirigenza, crisi fra l’altro acuita dall’esclusione (almeno formale) della fonte contrattuale, con riguardo alla determinazione dei criteri di distribuzione dei trattamenti di performance dei dirigenti e dei dipendenti. Il recupero delle relazioni sindacali sui temi della valutazione della performance [continua ..]


4. Responsabilità dirigenziale e recesso tra legge e contratto collettivo. La generalizzazione della tutela reintegratoria risponde (sempre) ad esigenze di tutela dell’interesse pubblico?

La componente “gestionale” della valutazione – o come si dice nei sistemi di valutazione, quella determinata dai “comportamenti organizzativi” – rischia però di essere compromessa dall’interesse che indirettamente il contratto collettivo determina verso la componente di risultato, che può essere certamente legato a “comportamenti organizzativi” ma il più delle volte, specie seguendo il testo della norma contrattuale sopra citata, è oggettivamente collegato al raggiungimento percentuale di obiettivi su peso ponderato ed indicatori predeterminati. L’effetto potrebbe essere temperato dai contenuti di cui occorrerà riempire le annunciazioni programmatiche del Ministro Brunetta: la slides n. 24 del “Nuovo alfabeto per le PA” dell’inizio di aprile 2021, voce “Responsabilità”, spiega che si vuole “dare alle persone nuove e più forti competenze per consentirgli di fare sempre di più e meglio, ma allo stesso tempo vogliamo rimuovere quegli ostacoli che impediscono loro di fare. Non è semplice individuare il giusto equilibrio tra poteri e responsabilità, ma spetta a noi farlo, rivedendo quelle norme che, mediante meccanismi eccessivamente punitivi – fattispecie di reato non tassativamente definite, rischi vaghi di procurare danno erariale, ipertrofia normativa a partire dalle norme sulla prevenzione della corruzione – determinano una diffusa “fuga dalla firma”, inducendo i pubblici funzionari a non fare, piuttosto che ad agire. E agendo sulla capacità dei dirigenti di assumere decisioni basate sui dati e sulle risorse disponibili in modo che possano esercitare il loro ruolo per migliorare tempi e qualità dei servizi”. L’affermazione indubbiamente sorprende, se appunto si guarda allo stesso decisore politico di qualche anno fa: allo stato, e nonostante la Riforma Madia, mentre il legislatore regolamenta in modo «sovrabbondante» il sistema di misurazione e valutazione della performance, attribuendogli grande rilievo, anche sul piano mediatico, contemporaneamente ingabbia il dirigente, protagonista principale di quel sistema, togliendogli gran parte dell’autonomia gestionale nelle scelte, condizionate da puntuali indicazioni legislative sull’adempimento di tutte le attività/funzioni: regola come tra poco si dirà in [continua ..]


NOTE