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Progressioni verticali e principi di concorsualità: un equilibrio difficile

Mario De Rosa, Dottore di ricerca, Primo Segretario di legazione Ministero degli Affari Esteri

L'’articolo esamina l’istituto delle progressioni di carriera verticali del personale delle pubbliche amministrazioni sotto una prospettiva storica e giuridico-sistematica. Viene analizzata la compatibilità costituzionale dell’istituto alla luce dell’insegnamento del Giudice delle Leggi, il riparto di giurisdizione che ad esso è conseguito, nonché l’evoluzione dell’iter legislativo che ha riguardato le progressioni, con particolare attenzione alle riforme “Brunetta” e “Madia”. Da ultimo, alla luce della proroga del regime transitorio che ha esteso l’utilizzo di suddette progressioni, si fornisce un’ipotesi sull’effettiva opportunità di comprimere il principio del concorso pubblico oltre i termini originariamente previsti dalla Riforma “Madia”.

 

Vertical progression and the principle of competition: a difficult balance

The article examines the legal institution of the so called “vertical progressions” by means of which the employees of numerous public administrations can be promoted without undergoing a new public competition. The constitutional compatibility of the institution, problems related to the jurisdiction and the legislative reforms that have addressed this topic are also taken into account. In the light of the extension of the use of such legal instrument recently set forth by the legislator, the article provides also a hypothesis on the opportunity to compress the constitutional principle of public competition beyond a determined period of time.

Keywords: Vertical professional progressions, legal progressions, public competition, art. 97 Cost.

Sommario:

1. Cenni introduttivi sull’istituto - 2. La natura derogatoria dello strumento assunzionale. La posizione del Giudice delle Leggi - 3. Conseguenze in merito al riparto di giurisdizione - 4. Dalla Riforma “Brunetta” alla Riforma “Madia”: due direzioni diverse - 5. Conseguenze logico-sistematiche: un esempio - 6. La proroga del regime transitorio e il “nuovo corso” a seguito della pandemia - 7. Dalla pratica alla teoria: una possibile conclusione sul futuro delle progressioni verticali - NOTE


1. Cenni introduttivi sull’istituto

Per la sensibilità politica e la delicatezza degli interessi coinvolti, che incidono direttamente sul reclutamento del personale da adibire ai pubblici uffici, l’inqua­dramento giuridico delle progressioni giuridiche (anche denominate “progressioni verticali” e/o “progressioni interne” [1]) ha da sempre costituito un tema di difficile risoluzione non solo per il legislatore, bensì, a fortiori, per giurisprudenza e dottrina [2]. Queste ultime, infatti, sono state chiamate al non semplice compito di stabilire un raccordo tra il principio del concorso pubblico da un lato, previsto dal c. 4 dell’art. 97 della Carta Costituzionale e baluardo imprescindibile per la realizzazione di quel buon andamento consostanziale alla natura dei pubblici uffici [3], e l’esi­genza, dall’altro, di carattere empirico prima ancora che giuridico, di premiare il merito e l’esperienza dei dipendenti pubblici [continua ..]

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2. La natura derogatoria dello strumento assunzionale. La posizione del Giudice delle Leggi

Le progressioni verticali possono definirsi come uno strumento assunzionale di natura derogatoria a mezzo del quale viene garantita la progressione di carriera del personale delle pubbliche amministrazioni. Si parla di uno strumento assunzionale alternativo rispetto al concorso pubblico [6] dal momento che, anziché privilegiare l’accesso alle qualifiche superiori da parte di candidati esterni non ancora nei ruoli delle amministrazioni medesime, le progressioni verticali sono destinate al personale già in servizio, che dunque progredisce e acquisisce qualifiche superiori competendo in procedure selettive destinate unicamente agli interni. Si tratta, perciò, di uno strumento dalle potenzialità notevoli, ma anche dai numerosi risvolti critici, se è vero che, con la privatizzazione del pubblico impiego, esso poteva divenire – e talora è divenuto, non senza criticità – oggetto di contrattazione tra il personale [continua ..]

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3. Conseguenze in merito al riparto di giurisdizione

Dato l’inquadramento giuridico appena richiamato, era soltanto questione di tempo prima che anche il riparto di giurisdizione venisse chiarito nel senso più coerente possibile con la logica del concorso. E di fatti, la Corte di Cassazione, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 15403/2003, ha devoluto i procedimenti concorsuali interni, destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate (con novazione oggettiva del rapporto di lavoro), alla cognizione del giudice amministrativo. Si è trattato, come appena detto, di una conseguenza logica, posto che l’equi­parazione – condivisa sempre più dalla giurisprudenza e dalla dottrina – tra progressioni interne e concorsi pubblici obbligava a individuare come giudice dotato di giurisdizione il medesimo preposto alla verifica della legittimità delle procedure concorsuali tout court. Cionondimeno, anche su questo punto la Cassazione [continua ..]

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4. Dalla Riforma “Brunetta” alla Riforma “Madia”: due direzioni diverse

In questo contesto si è inserita la Riforma della Pubblica Amministrazione “Brunetta” [16], che per il tramite del combinato disposto dell’articolo 24 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, e dell’art. 52, c. 1-bis, del TUPI ha inteso abolire la disciplina contrattuale delle progressioni verticali, riassorbendole nell’alveo pubblicistico, obbligando così le amministrazioni ad attenersi – in modo esclusivo – ai principi di concorsualità e selettività. La novella del 2009, nata anche al fine di porre rimedio al già menzionato abuso dello strumento delle progressioni interne, a sua volta favorito da una contrattazione sovente troppo attenta alle aspettative di miglioramento economico dei dipendenti e poco alle esigenze di buon funzionamento delle amministrazioni [17], ha innovato la materia, limitando la progressione di carriera esclusivamente alla partecipazione ai concorsi pubblici, con riserva di posti [continua ..]

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5. Conseguenze logico-sistematiche: un esempio

A dispetto delle ordinarie progressioni di carriera previste dall’art. 52, c. 1-bis, l’art. 22, c. 15, del d.lgs. n. 75/2017 non ha previsto la riserva di posti in concorsi pubblici, ma procedure selettive interamente riservate ai dipendenti interni. In altre parole, la disposizione de qua si configurava [27] come un’ipotesi assolutamente eccezionale e contenuta dal punto di vista temporale, che non aveva dunque abrogato né modificato le disposizioni del TUPI come previste dalla Riforma Brunetta, destinate a ri-espandersi allo scadere del triennio entro il quale la Legge Madia aveva facoltizzato le progressioni interne suddette [28]. Come abbiamo più volte ribadito, le progressioni verticali sono state connotate, secondo una lettura costituzionalmente orientata, da un carattere derogatorio, e consentite soltanto entro limiti serrati. Tale assunto, posto dalla Consulta e seguito con rigore in special modo dalla giurisprudenza [continua ..]

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6. La proroga del regime transitorio e il “nuovo corso” a seguito della pandemia

Con il decreto legge “mille proroghe” 30 dicembre 2019, n. 162, coordinato con la legge di conversione 28 febbraio 2020, n. 8: «Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica», il regime transitorio introdotto con la Riforma “Madia” è stato ulteriormente prorogato temporalmente ed esteso sotto il profilo “quantitativo”. L’art. 1-ter di suddetto decreto, infatti, è intervenuto sull’art. 22, c. 15, del d.lgs. n. 75/2017, modificandone l’ambito temporale (dal triennio 2018-2020 il regime è stato prorogato al triennio 2020-2022) e ampliandone la percentuale interessata, giunta al 30 per cento dei posti previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. Come già esaminato, il regime transitorio ed eccezionale introdotto con la Riforma [continua ..]

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7. Dalla pratica alla teoria: una possibile conclusione sul futuro delle progressioni verticali

Giunti a questo punto appare necessario trarre alcune conclusioni, con il conforto dell’analisi topica delle fattispecie condotta in questo breve scritto. Come visto nelle sezioni precedenti, dopo l’entrata in vigore della Riforma “Brunetta”, per la giurisprudenza l’assunzione dei non vincitori idonei di una procedura interna non era apparsa possibile, non essendo la posizione degli interessati equiparabile a quella degli idonei di un pubblico concorso. Tale assetto, come visto, non è stato scalfito nemmeno in seguito alla riapparizione delle progressioni verticali operata con l’art. 22, c. 15, del d.lgs. n. 75/2017, posto che la giurisprudenza ha continuato a ritenere eventuali eccezioni passibili di violare il principio dell’accesso per concorso nei ranghi delle amministrazioni pubbliche. Fino a poco tempo fa, dunque, l’esigenza di privilegiare gli ingressi nella P.A. da parte degli esterni che superino un concorso pubblico [continua ..]

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NOTE

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