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Il conflitto tra il legislatore e la giurisprudenza come causa della “burocrazia difensiva”: la responsabilità penale per “abuso d'ufficio” come paradigma

Gabriele Bottino, Professore ordinario di Diritto amministrativo nell’Università degli Studi di Milano

Il contributo ha ad oggetto il tema della “burocrazia difensiva” e le sue cause, con particolare attenzione al conflitto tra il legislatore e la giurisprudenza. Questo conflitto è infatti capace di orientare le scelte decisionali, ed i comportamenti degli amministratori e dei funzionari pubblici, nella direzione della “difesa” rispetto alla propria responsabilità penale, e non anche verso obiettivi di efficacia ed efficienza della azione amministrativa. Il reato di “abuso d’ufficio”, lungo il corso del tempo e nella sua differente configurazione normativa e giurisprudenziale, ha sempre rappresentato, e tuttora rappresenta, un caso paradigmatico di questo fenomeno: la sua analisi costituisce pertanto un punto di vista privilegiato, per considerare come la “burocrazia difensiva” è causata dalla incertezza presente nel contesto normativo e giurisprudenziale, e come affrontare tale problema.

 

The conflict between the legislator and jurisprudence as a cause of the “defensive bureaucracy”: criminal liability for “abuso d’ufficio” as a paradigm.

The contribution deals with the theme of “defensive bureaucracy” and its causes, with specific reference to the conflict between the lawmaker and jurisprudence. This conflict is in fact capable of orienting the decision-making choices, and the behavior of administrators and public officials, towards “defense” with respect to their criminal liability, and not also towards objectives of effectiveness and efficiency of administrative action. The crime of “abuso d’ufficio”, over time and in its different legislative and jurisprudential configuration, has always represented, and still represents, a paradigmatic case of this phenomenon: his analysis therefore represents a privileged point of view, to consider how the “defensive bureaucracy” is caused by the uncertainty of the regulatory and jurisprudential context, and how to deal with this problem.

Keywords: defensive bureaucracy - public managers - criminal liability - decision making.

Sommario:

1. L’“asino di Buridano”: gli amministratori ed i funzionari pubblici tra il legislatore e la giurisprudenza penale, in materia di “abuso d’ufficio” - 2. Il conflitto permanente tra il legislatore e la giurisprudenza penale, nella configurazione del reato di “abuso d’ufficio” - 2.1. Dal testo originario dell’art. 323 c.p., sino all’anno 1997 - 2.2. La riforma legislativa dell’anno 1997 e la sua “opposizione” giurisprudenziale - 2.3. Gli interventi legislativi degli anni 2012 e 2020, e l’odierna persistenza di interpretazioni giurisprudenziali “contrarie” alla ratio legis dell’anno 2020 - 3. Le scelte decisionali degli amministratori e dei funzionari pubblici, dinanzi al conflitto permanente tra il legislatore e la giurisprudenza - 4. La “burocrazia difensiva” come soluzione, e non come problema - 5. La Corte costituzionale “a sostegno” del legislatore: la “burocrazia difensiva” come problema straordinario di necessità e d’urgenza - 6. Considerazioni finali - NOTE


1. L’“asino di Buridano”: gli amministratori ed i funzionari pubblici tra il legislatore e la giurisprudenza penale, in materia di “abuso d’ufficio”

La storia della filosofia attribuisce al filosofo francese Jean Buridan, vissuto nella prima metà del XIV sec., il noto “apologo dell’asino” [1]: l’animale stanco ed affamato, posto esattamente alla stessa distanza tra due mucchi di fieno con i quali nutrirsi (un mucchio di fieno alla sua destra, così come alla sua sinistra), non sapendo quale dei due scegliere ed ove dirigersi, resta fermo nel mezzo, e ivi muore per gli stenti. Chiarendo sin da subito che la metafora prescelta intende cogliere, con riferimento agli amministratori e funzionari pubblici, esclusivamente il loro essere onerati da plurime competenze e responsabilità – e rifugge così da ogni riferimento alla tipologia dell’essere animale coinvolto nell’apologo – la situazione in cui si viene a trovare l’“asino di Buridano” e, purtroppo, il suo esito infausto, descrivono precisamente l’oggetto di indagine e le tesi [continua ..]

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2. Il conflitto permanente tra il legislatore e la giurisprudenza penale, nella configurazione del reato di “abuso d’ufficio”

Il leitmotiv che ha sempre caratterizzato, ed ancora caratterizza, il rapporto tra il legislatore e la giurisprudenza penale, nella configurazione del reato di “abuso d’ufficio” degli amministratori e dei funzionari pubblici – e che può motivatamente qualificare tale rapporto in termini di conflitto costante – è il seguente. Sulla base di un dettato normativo, contenuto nell’art. 323 c.p., all’origine estremamente generale (e residuale), di poi progressivamente più specifico e tipizzato (sebbene ancora residuale), la giurisprudenza penale ha reagito – in specie a fare data dalla riforma legislativa intervenuta nell’anno 1997 – mediante interpretazioni ed applicazioni costantemente dirette ad estendere il perimetro del reato oltre i limiti disegnati dal legislatore. In un vero e proprio “duello rusticano” [8], la volontà del legislatore è stata sempre quella di restringere [continua ..]

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2.1. Dal testo originario dell’art. 323 c.p., sino all’anno 1997

La prima fase temporale può essere individuata dall’origine del reato di “abuso di ufficio”, nel testo dell’art. 323 del codice penale emanato nell’anno 1930, sino alla sua formulazione legislativa vigente nell’anno 1997 [9]. L’art. 323, nel testo originario del codice penale, puniva con la reclusione fino a due anni, o con la multa da cinquecento a diecimila lire, il pubblico ufficiale che per recare ad altri un danno, o per procurargli un vantaggio, abusava dei poteri inerenti alle proprie funzioni, e commetteva un fatto che non era preveduto come reato da una particolare disposizione di legge: tale dettato normativo, così formulato in termini di clausola residuale rispetto agli altri reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (artt. 314 ss., c.p.) – recava l’epigrafe “abuso di ufficio in casi non preveduti specificamente dalla legge”. Si trattava di un illecito che – [continua ..]

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2.2. La riforma legislativa dell’anno 1997 e la sua “opposizione” giurisprudenziale

La “indeterminatezza” [12] tautologica dell’oggetto della condotta punibile – l’“abuso dell’ufficio” pubblico – recata dalla riforma legislativa dell’anno 1990, non poteva che lasciare spazi interpretativi amplissimi ed imprecisati alla giurisprudenza penale di riferimento, dando così spunto e motivazione per una ulteriore e profonda riforma legislativa del reato, intervenuta nell’anno 1997 [13]: l’art. 1, l. n. 234 del 1997, ha infatti sostituito integralmente il previgente testo normativo dell’art. 323, c.p., operando una specificazione delle condotte idonee a configurare il rinnovato reato di “abuso d’ufficio”, e proprio allo scopo di fare sì che l’indivi­duazione di tali condotte potesse imporre rigorosi confini interpretativi alla giurisprudenza penale, chiamata ad applicare il nuovo testo normativo [14]. Ferma restando la conferma della [continua ..]

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2.3. Gli interventi legislativi degli anni 2012 e 2020, e l’odierna persistenza di interpretazioni giurisprudenziali “contrarie” alla ratio legis dell’anno 2020

Di fronte ad un panorama giurisprudenziale così ampio e differenziato, il legislatore ha posto in essere – dal 1997 ad oggi, e non senza una manifesta contraddizione – due interventi normativi di segno opposto. Dapprima – e con l’intenzione di rendere più rigoroso il regime giuridico volto a prevenire ed a reprimere la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione, secondo la stessa intitolazione della l. n. 190/2012 [32] – la pena edittale del reato di “abuso d’ufficio” è stata elevata, dalla previgente reclusione da sei mesi a tre anni, alla attuale reclusione da uno a quattro anni (art. 1, c. 75, lett. p), l. n. 190/2012). Di poi, e con l’intervento legislativo che configura l’odierna disciplina dell’“a­buso d’ufficio”, l’art. 23, d.l. n. 76/. 2020 (convertito nella l. n. 120/2020), ha modificato il testo dell’art. 323. c.p. (senza [continua ..]

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3. Le scelte decisionali degli amministratori e dei funzionari pubblici, dinanzi al conflitto permanente tra il legislatore e la giurisprudenza

L’analisi del rapporto conflittuale tra il legislatore e la giurisprudenza penale, nella rispettiva configurazione – in astratto e normativa, in concreto ed applicativa – del reato di “abuso d’ufficio”, è stata sino a qui condotta ampiamente, per potere adesso proseguire lo scritto attraverso due direttrici: comprendere, in questo paragrafo, la relazione che sussiste tra il medesimo conflitto e le scelte decisionali degli amministratori e dei funzionari pubblici; verificare, nel successivo paragrafo, se questa relazione è in grado di orientare tali scelte decisionali in direzione della “burocrazia difensiva”. Sul presupposto che la responsabilità penale per “abuso d’ufficio” costituisce tradizionalmente un punto privilegiato di indagine delle due predette direttrici [52] – e volgendo l’attenzione ad una scala di osservazione più ampia – si tratta allora di considerare [continua ..]

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4. La “burocrazia difensiva” come soluzione, e non come problema

È ora possibile verificare la seconda direttrice, sopra richiamata: il conflitto permanente tra il legislatore e la giurisprudenza penale – nella conformazione del reato di “abuso d’ufficio” – è effettivamente in grado di orientare le scelte decisionali degli amministratori e dei funzionari pubblici, unitamente alle loro condotte, in direzione della “burocrazia difensiva”? La risposta è positiva, ma abbisogna di una adeguata motivazione. La “burocrazia difensiva” costituisce la soluzione che consente agli amministratori ed ai funzionari pubblici – almeno con riguardo all’“abuso d’ufficio” [58] – di porre fine alla condizione di indecidibilità tra l’osservanza del parametro normativo, e l’attenzione al parametro giurisprudenziale, considerati alla stregua di due elementi contrapposti: più in particolare, la “burocrazia difensiva” [continua ..]

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5. La Corte costituzionale “a sostegno” del legislatore: la “burocrazia difensiva” come problema straordinario di necessità e d’urgenza

Il percorso compiuto sino a qui deve ora essere completato, mediante la considerazione della giurisprudenza che è stata chiamata a giudicare la conformità a Costituzione delle riforme legislative che hanno modificato, negli anni 1997 e 2020, il reato di “abuso d’ufficio”, nel testo dell’art. 323 c.p. Già subito dopo l’emanazione della l. n. 234/1997, che aveva profondamento riscritto la configurazione normativa del reato [67], il giudice penale si doleva della sua costituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 79 e 97 Cost.: con la sentenza n. 447/1998, la Consulta dichiarava la questione di legittimità costituzionale inammissibile, con riguardo agli artt. 3 e 97 Cost. [68], e manifestamente infondata, in riferimento all’art. 79 Cost. [69]. La sentenza non considerava specificamente il conflitto tra il legislatore e la giurisprudenza penale, nella reciproca conformazione dell’“abuso [continua ..]

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6. Considerazioni finali

Nell’esaminare l’evoluzione del contrasto tra il legislatore e la giurisprudenza, nella conformazione del reato di “abuso d’ufficio”, abbiamo già osservato che il giudice penale – pur a seguito del d.l. n. 76/2020, e prima della sentenza n. 8 del 2022 della Corte costituzionale – persiste nell’interpretare ed applicare estensivamente l’art. 323 c.p., oltre il suo tenore letterale (supra, par. 2.3) [87]: questa tendenza appare continuare anche dopo che è intervenuta la medesima sentenza [88]. È di conseguenza possibile che gli amministratori ed i funzionari pubblici – nonostante la ratio legis “rassicurante”, insita nell’art. 23 d.l. n. 76/2020, e nell’odierna configurazione normativa del reato – continuino ad orientare le proprie scelte decisionali e condotte nella direzione della “burocrazia difensiva”, poiché essa offre loro la soluzione capace [continua ..]

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NOTE

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