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La legge sul sindacato militare: se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi

Silvio Bologna, Ricercatore di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Palermo

Il saggio analizza la recente legge sul sindacato militare a seguito della sentenza della Corte costituzionale 120/2018, che ha dichiarato l’incostituzionalità del divieto di costituire associazioni sindacali nelle Forze armate e di polizia a ordinamento militare. Alla luce dell’ordinamento multilivello (costituzione, convenzioni Oil, Carta Sociale e Cedu) l’articolo sottolinea l’irragionevole compressione legislativa della libertà sindacale a favore della coesione interna dell’apparato militare. Il filo rosso dei vari divieti e restrizioni risiede nella persistente adesione della politica agli obsoleti modelli teorici degli ordinamenti interni e dei rapporti di supremazia speciale, che non hanno diritto di cittadinanza nelle democrazie costituzionali contemporanee.

Parole chiave: Sindacato militare - libertà sindacale - legge - ordinamento multilivello - supremazia speciale - separatezza.

The essay analyses the recent law on military trade unions after Constitutional Court judgement no. 120/2018, recognising the unconstitutionality of the prohibition of trade unions freedom for the members of the Armed Forces and military police forces. In the light of the multilevel legal framework (constitution, ILO conventions, European Social Charter, European Convention of Human Rights) the article highlights the unreasonable compression of freedom of association on behalf of functionality of the military administration. The fil rouge of prohibitions and restrictions lies in the obsolete theoretical models of internal legal framework and special supremacy embraced by politics, which are in sharp contrast with constitutional democracies principles.

Keywords: Military trade unions - freedom of association - law - multilevel legal framework - special supremacy - separateness.

Sommario:

1. Militari e separatezza dalla società civile: le ragioni storico-ideologiche - 2. Il sindacalismo militare nell’ordinamento multilivello - 3. Forze Armate e sindacato: dal divieto legislativo al riconoscimento giurisprudenziale - 4. Eppur si muove: la legge ‘Corda’ - 5. Un sindacato di mestiere pieno di lacci e lacciuoli - 6. I diritti sindacali e la contrattazione collettiva ‘a scartamento ridotto’ - 7. Gli strumenti di prevenzione del conflitto e di tutela dell’interesse collettivo: divieto di sciopero, arbitrato, art. 28 - 8. La separatezza tra ideologia e attuazione per decreti attuativi - NOTE


1. Militari e separatezza dalla società civile: le ragioni storico-ideologiche

Ancora oggi le Forze Armate, primo modello di amministrazione pubblica in Italia e in Europa, nell’immaginario collettivo vengono considerate come un corpo estraneo all’apparato statale e soggetto a regole a sé stanti vista la funzione svolta: la sicurezza interna ed esterna dello stato giustificherebbe una normazione dell’or­di­namento militare largamente sottratta alle guarentigie costituzionali sul versante dei diritti e della libertà fondamentali. Nel contesto delle relazioni industriali tale modello ha fatto sì che il legislatore italiano vietasse il diritto di associazione sindacale ai militari per lungo tempo, nonostante la libertà sindacale sia riconosciuta in modo incondizionato a tutti i prestatori di lavoro dal dettato costituzionale, ed entro certi limiti dall’ordinamento sovranazionale ai lavoratori del ‘comparto sicurezza’, categoria meramente stipulativa al cui interno ricomprendere le Forze Armate [continua ..]

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2. Il sindacalismo militare nell’ordinamento multilivello

Se si scorrono le fonti nazionali ed internazionali non vi è nessuna disposizione che legittimi una negazione tout court delle libertà sindacali al cittadino «con le stellette» [16]. Semmai, da un lato il dettato costituzionale apre in modo pieno e incondizionato alla tutela dell’interesse collettivo nelle Forze Armate; dall’altro l’or­dinamento internazionale ed europeo consente al legislatore nazionale di introdurre eventuali limitazioni in ragione dello status militare, e sempre che queste ultime trovino una ragionevole giustificazione, siano proporzionate allo scopo perseguito e non conculchino la libertà sindacale nel suo nucleo essenziale (exception clauses) [17]. Se si legge l’art. 39 della Costituzione, in virtù del quale «L’organizzazione sindacale è libera», emerge chiaramente come alle dinamiche collettive non può essere posto alcun vincolo precostituito ad opera [continua ..]

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3. Forze Armate e sindacato: dal divieto legislativo al riconoscimento giurisprudenziale

In un primo momento la Corte costituzionale si è mostrata restia a riconoscere i diritti collettivi nell’ordinamento militare: con sentenza n. 449/1999 [40] il Giudice delle leggi non ha ritenuto lesivo dell’art. 39 Cost. l’allora normativa di riferimento, poiché a suo dire il divieto di sindacalizzazione era strumentale alla coesione interna e alla neutralità del consorzio militare. In particolare, secondo la Corte le rappresentanze militari “pubblicistiche” erano costituzionalmente legittime, visto che in ogni caso «l’ordinamento deve assicurare forme di salvaguardia dei diritti fondamentali spettanti ai singoli militari quali cittadini, anche per la tutela di interessi collettivi, ma non necessariamente attraverso il riconoscimento di organizzazioni sindacali». Il mutamento di paradigma si è avuto con la recente sentenza 120/2018 [41], in cui la Corte ha abbandonato il precedente indirizzo basato [continua ..]

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4. Eppur si muove: la legge ‘Corda’

Dopo quasi quattro anni dalla sentenza 120/2018 il legislatore ha regolato il fenomeno del sindacalismo militare: la Corte aveva correttamente affermato come la materia necessiti di una regolamentazione legislativa e, per scongiurare un’ecces­siva conflittualità tra i nascenti sindacati e l’amministrazione militare, aveva statuito come la lacuna normativa sia temporaneamente colmata dalle rappresentanze militari pubblicistiche. In particolare, queste ultime continueranno ad operare sino all’adozione della legge, restando escluse dalla loro competenza «le materie concernenti l’ordinamento, l’addestramento, le operazioni, il settore logistico-opera­tivo, il rapporto gerarchico-funzionale e l’impiego del personale» giusto quanto previsto dall’art. 1478, c. 7, c.o.m. Nei quattro anni di silenzio del legislatore l’amministrazione militare ha fatto nuovamente ricorso al modello autoritario degli ordinamenti interni [continua ..]

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5. Un sindacato di mestiere pieno di lacci e lacciuoli

In totale spregio al modello di cui all’art. 39 della Costituzione, la legge ‘Corda’ apre al solo sindacalismo ‘di mestiere’, riservato cioè ai soli militari, sulla falsariga di quanto già previsto per la Polizia di Stato [66]: all’art. 1, c. 1 si stabilisce infatti che i militari possano costituire associazioni professionali a carattere sindacale per singola Forza armata o di polizia o a ordinamento interforze. Già la terminologia usata tradisce il conservatorismo del legislatore, che fa riferimento ad associazioni professionali a carattere sindacale, e non più semplicemente ad associazioni sindacali o sindacati. La politica della separatezza è ancora più evidente se si legge il successivo c. 3, in virtù del quale gli appartenenti a Forze armate e di polizia ad ordinamento militare non possono aderire ad altre associazioni sindacali diverse da quelle militari: la preoccupazione non troppo [continua ..]

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6. I diritti sindacali e la contrattazione collettiva ‘a scartamento ridotto’

Come anticipato, non vengono istituite delle rappresentanze militari nei luoghi di lavoro sulla falsariga delle RSU: la legge si limita in modo pleonastico ad affermare che gli statuti sindacali possono prevedere articolazioni periferiche di livello regionale o territoriale – il che è implicito ex art. 39 Cost. – senza aprire a quel canale unico di rappresentanza proprio del lavoro privato e dell’impiego pubblico privatizzato. Si pone dunque il problema dell’individuazione di un soggetto capace di rappresentare unitariamente le istanze del personale militare a livello locale, soprattutto se si tiene a mente che il legislatore ha abrogato tutte le articolazioni della rappresentanza militare, ivi compresa quella territoriale, i COBAR. Sul punto la normativa, che per l’implementazione rimanda a decreti attuativi del governo, si caratterizza per la forte approssimazione: l’articolazione territoriale si limiterà a consultare ed informare [continua ..]

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7. Gli strumenti di prevenzione del conflitto e di tutela dell’interesse collettivo: divieto di sciopero, arbitrato, art. 28

Sul versante del conflitto collettivo la legge ripropone il divieto di esercizio del diritto di sciopero: la proibizione è integrale, in quanto si estende alle azioni sostitutive dello stesso, e alla partecipazione a scioperi indetti da sindacati estranei al personale militare. La norma è tra le poche politicamente condivisibili alla luce di una lettura sistematica del dettato costituzionale, che ricava implicitamente il divieto dalla funzione assolta dalle Forze Armate [90], nonostante un’interpretazione letterale dell’art. 40 della carta fondamentale lasci propendere per forme di limitazione del­l’esercizio del diritto, e mai per divieti puri e semplici. Per di più, se si guarda al­l’esperienza comparata, vi sono ordinamenti europei che da tempo risalente riconoscono anche alle Forze Armate il diritto di sciopero, come Austria e Svezia [91], senza che ciò abbia determinato delle disfunzioni o delle derive [continua ..]

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8. La separatezza tra ideologia e attuazione per decreti attuativi

Da una prima disamina della legge si ha l’impressione che il legislatore ordinario continui ad avere paura dell’ingresso della libertà sindacale nelle caserme: permangono incrostazioni corporative nelle linee di politica del diritto, sul presupposto per cui i sindacati militari non possono contribuire in nessun modo alle decisioni di politica generale, limitandosi a rivendicazioni di carattere economico, con una libertà sindacale che degrada ad interesse legittimo, in spregio al principio assoluto ed incomprimibile di cui all’art. 39, c. 1 della carta fondamentale [103]. Il modello prescelto di relazioni industriali, in altri termini, è simile a quello della Polizia di Stato, con un sindacato in regime di separatezza che tutt’al più può contrattare le dinamiche retributive. Rispetto alla Polizia, però, vi sono ulteriori e ingiustificate compressioni del principio di libertà sindacale, come la lata [continua ..]

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NOTE

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