Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Inquadramenti pubblici atto II. Appunti dai CCNL tra organizzazione e tutela della professionalità (di Sandro Mainardi, Professore ordinario di Diritto del Lavoro nell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna)


Il saggio individua i punti di maggiore impatto ed innovazione degli inquadramenti professionali dei dipendenti pubblici introdotti dai CCNL di comparto 2019-2021. Gli obiettivi della nuova classificazione indotta da alcuni interventi legislativi e dal PNRR appaiono centrali per un rilancio della pubblica amministrazione italiana, investendo sulle competenze (soprattutto digitali) e sullo sviluppo della professionalità, anche introducendo nuovi elementi di classificazione e di progressione economica. Permangono tuttavia alcune criticità, sia nella fase di primo inquadramento, che nell’ambito degli sviluppi di carriera ancora incardinati su procedure concorsuali di matrice pubblicistica.

Public employees classifications act ii. Notes from the collective agreements between organization and protection of professionalism

The essay identifies the points of greatest impact and innovation in the professional classifications of public employees introduced by the 2019-2021 sector collective bargaining agreements. The objectives of the new classification induced by some legislative interventions and by the PNRR appear central to a relaunch of the Italian public administration, investing in skills (especially digital) and the development of professionalism, also introducing new elements of classification and economic progression. However, some critical issues remain, both in the initial placement phase and in the context of career developments still based on public procedures.

SOMMARIO:

1. Fabbisogni organizzativi, inquadramenti, competenze professionali. Nuovi scenari e vecchie questioni - 2. Un denso rapporto tra legge e contratto collettivo in materia di inquadramento professionale: dal Decreto reclutamento ai contratti collettivi di comparto 2019-2021 - 3. I contratti collettivi 2019/2021. Il modello di inquadramento - 4. Segue. Le professionalità più elevate - 5. Le progressioni di carriera - 6. Lo sviluppo economico - NOTE


1. Fabbisogni organizzativi, inquadramenti, competenze professionali. Nuovi scenari e vecchie questioni

Con la “privatizzazione” del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni introdotta dal d.lgs. n. 29/1993 si può dire che l’inquadramento del personale pubblico abbia progressivamente perduto una diretta incidenza sull’orga­nizzazione dell’Amministrazione; e ciò è stato sempre più fermamente e concettualmente affermato dal legislatore con il passaggio dalla “pianta organica”, che determinava in modo statico la struttura organizzativa di ogni ente pubblico in ragione del numero di dipendenti, articolata per categorie e profili professionali alla programmazione triennale delle “dotazioni organiche” con la legge Brunetta (d.lgs. n. 150/2009), per approdare infine, con la quarta fase di riforma dell’impiego pubblico dettata dalla Legge Madia (d.lgs. 25 maggio 2017 n. 75), al “Piano dei fabbisogni” [1]. Secondo le disposizioni dell’art. 6 del d.lgs. n. 165/2001, come novellato dal­l’art. 4 del d.lgs. n. 75/2017, la determinazione del fabbisogno del personale impegna ora le Amministrazioni non soltanto alla quantificazione e previsione di spesa in relazione al numero ed agli inquadramenti contrattuali del personale e quindi ai fabbisogni, ma ad interrogarsi su quali debbano essere sia le competenze tecniche, sia le capacità ed attitudini che deve possedere il personale da assegnare ai servizi che l’ente offre all’utenza. L’analisi delle esigenze del personale deve essere pertanto operata sul piano quantitativo in relazione alle risorse finanziarie disponibili, ma anche e soprattutto sul piano qualitativo [2]. Il PNRR ha dedicato apposito spazio ai temi delle carriere e della mobilità, forse fra i più importanti per il rilancio del lavoro pubblico nella stagione di riforme che stiamo osservando. I due aspetti, considerati fortemente interconnessi, richiederebbero secondo il Piano «una revisione dei percorsi di carriera della PA, che introduca maggiori elementi di mobilità sia orizzontale tra Amministrazioni, che verticale, per favorire gli avanzamenti di carriere dei più meritevoli e capaci e differenziare maggiormente i percorsi manageriali» [3]. È in quest’ottica che va letto anche l’art. 6 del Decreto Reclutamento n. 80/2021, il quale ha delineato natura e funzioni del nuovo «Piano integrato di attività e [continua ..]


2. Un denso rapporto tra legge e contratto collettivo in materia di inquadramento professionale: dal Decreto reclutamento ai contratti collettivi di comparto 2019-2021

È in tale contesto normativo che l’inquadramento del lavoratore alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il quale comporta l’attribuzione dell’area contrattuale e poi, come si vedrà, della “famiglia professionale”, di fatto determina, esattamente come nel settore privato, l’individuazione delle mansioni che sono potenzialmente esigibili dall’Amministrazione datrice di lavoro [10]. Non senza però alcune rigidità di fondo, appunto determinate dal vincolo legale di cui si parlava. L’area contrattuale e la famiglia professionale di inquadramento del pubblico di­pendente sono originariamente indicate nel bando del concorso pubblico di assunzione e poi riaffermati negozialmente nel contratto di assunzione, che non può sul punto discostarsi dalle previsioni del bando concorsuale. La determinazione delle mansioni effettivamente richieste al lavoratore tra quelle astrattamente esigibili in ragione dell’area contrattuale e la famiglia professionale di inquadramento, invece, viene operata dal dirigente preposto assegnando il lavoratore ad un ufficio (nel linguaggio delle linee guida ministeriali: “posizione”) e attribuendogli dei compiti e delle responsabilità determinati, associando quelli che nelle linee guida ministeriali sono il profilo di ruolo ed il profilo di competenza [11]. A tal fine il dirigente compie un atto di micro-organizzazione, che l’art. 5 del d.lgs n. 165/2001 lo ha legittimato ad adottare esercitando gli stessi poteri di matrice negoziale “... del privato datore di lavoro”. Si verifica però, come noto, nel pubblico impiego, una scissione netta fra jus variandi datoriale, espressione di poteri privatistici di conformazione delle mansioni alle esigenze dell’organizzazione, e sviluppo professionale dei dipendenti, potendo quest’ultimo legittimamente determinarsi solo attraverso procedure concorsuali pubbliche che sfuggono al decisore datoriale e rientrano in un’ambito deliberativo macro-organizzativo dominato da considerazioni di carattere squisitamente formale, seppure nella logica programmatoria di cui si è detto [12]. Alcuni orientamenti hanno tentato di recuperare nel settore pubblico una tutela della professionalità acquisita del lavoratore ritenendo che il rispetto della dignità della persona (artt. 2, 4, 41 Cost.; art. 2087 c.c.) ed i principi [continua ..]


3. I contratti collettivi 2019/2021. Il modello di inquadramento

È tempo di verificare quale sia l’impianto e l’approccio delle esperienze contrattuali sul tema degli inquadramenti professionali [17], procedendo solo con riguardo ad alcune questioni di carattere generale e rinviando per gli istituti regolati dai contratti ai singoli contributi di questo volume. I dipendenti sono collocati in quattro aree professionali, che nel contesto di revisione dell’impianto complessivo, al di là delle diverse denominazioni utilizzate, rappresentano già una prima sensibilità verso i contenuti di competenza professionale del nuovo sistema classificatorio (Area degli operatori, Area degli assistenti, Area dei funzionari, Area delle elevate professionalità); viene poi riqualificato il sistema dei “profili professionali”, dando corso, in generale, ad una semplificazione dei sistemi conseguente al superamento delle vecchie posizioni economiche, sostituite da un’unica posizione giuridica per ciascuna area, nonché, come detto, dall’introduzione di una ulteriore area, denominata “area delle elevate professionalità” [18]. In coerenza con i relativi contenuti, nell’Area, per alcuni contratti ed in particolare per le Funzioni centrali sono individuate come anticipato le “famiglie professionali”, ovvero ambiti professionali omogenei caratterizzati da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comune. Nell’ambito delle famiglie professionali vengono definite le competenze professionali caratterizzanti ciascuna famiglia nonché, ove richiesti, specifici titoli di studio, abilitazioni, iscrizioni ad albi professionali, esperienze lavorative o professionali. Le famiglie sono contenitori di professionalità, che individuano le capacità necessarie per svolgere determinate attività, descrivendo l’insieme di competenze ed abilità necessarie per svolgere alcuni mestieri nella pubblica amministrazione. Questo dovrebbe facilitare lo jus variandi all’interno delle aree ed anche la mobilità, forse anche concettualmente sostituendo le “mansioni”, che passano velocemente e diventano obsolescenti perché cambia l’organizzazione e cambiano le esigenze del­l’amministrazione, in una logica appunto promossa dal PNRR e dal framework ministeriale. C’è qui un primo cortocircuito sindacale, perché mentre [continua ..]


4. Segue. Le professionalità più elevate

In ogni caso l’inserimento dell’area EP/EQ è la novità più rilevante interna al rinnovamento del sistema di inquadramento. A fronte della sentita esigenza di implementare ed estendere il sistema degli incarichi, nonché valorizzare e riconoscere le competenze acquisite negli anni, diversi comparti introducono infatti una quarta area, quella delle elevate professionalità, in cui confluiscono i possessori di elevata qualificazione professionale, e idonea a rappresentare in taluni casi (così nella logica seguita dalle Funzioni locali) «un futuro sbocco professionale per i funzionari già presenti nell’amministrazione» [21]. Si coglie qui un elemento che potrebbe avere forte impatto nel rapporto tra professionalità e organizzazione: a) da un lato le elevate qualificazioni sono area caratterizzata dalla necessità di attribuzione di un incarico e dunque non sarà sufficiente per le amministrazioni riconoscere l’esistenza dell’area, ma occorrerà come detto svolgere un compito organizzativo e riorganizzativo teso ad individuare gli incarichi di elevata qualificazione che non necessariamente (salvo quanto detto per le Funzioni Locali) coincidono con quelli di posizione organizzativa[22]; b) in ogni caso, poi, l’attribuzione di incarichi di elevata qualificazione comporterà una riorganizzazione anche quantitativa dei contenuti professionali e degli incarichi di posizione organizzativa e soprattutto dirigenziali[23], se è vero che la qualificazione in termini di responsabilità dell’incarico di EQ/EP determinerà un restringimento del perimetro operativo degli incarichi dirigenziali. L’intento del legislatore sembra infatti quello di offrire al contempo una risposta al riconoscimento di quelle professionalità medio-alte che non di rado si sono viste “schiacciate” fra dirigenza e altre qualifiche non dirigenziali: in questo senso, a margine dell’esperien­za del comparto Istruzione-Università, la nuova area non rappresenta realmente una novità, se si considerano le vicende della vice-dirigenza e delle posizioni organizzative in cui la formazione reale di un middle management del pubblico impiego è stata di fatto ostacolata, prima dalla contrattazione collettiva di comparto per quanto riguarda la vice-dirigenza dell’abrogato art. 17-bis del d.lgs. [continua ..]


5. Le progressioni di carriera

L’art. 52 del d.lgs n. 165/2001 prevede che il dipendente pubblico oltre alle mansioni per le quali è stato assunto o quelle che risultano equivalenti alla luce delle previsioni della contrattazione collettiva possa essere assegnato “... a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a)”. Il tenore testuale della norma è stato modificato in tal senso dalla riforma Brunetta, che ha cancellato la dizione secondo cui l’inquadramento superiore potesse essere acquisito dal pubblico dipendente “... per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive”, la quale aveva fatto ritenere che la contrattazione collettiva potesse anche prevedere percorsi di mobilità verticale tra le qualifiche di inquadramento, non esclusivamente a seguito del superamento di procedure concorsuali, ma anche attraverso modalità alternative. Oggi, al di fuori della citata previsione della Legge Madia, che deve essere considerata misura eccezionale nel transito al sistema del Piano dei fabbisogni, ed alla luce di consolidatissima giurisprudenza costituzionale e di legittimità [27], le selezioni per le progressioni tra le aree di inquadramento, anche laddove riservate esclusivamente agli “interni”, rispondendo alla natura di procedure concorsuali volte all’in­staurazione di “nuovi” rapporti di lavoro alle dipendenze della p.a., hanno conservato una natura pubblicistica e le controversie giudiziali che le investono sono attribuite alla giurisdizione del giudice ammnistrativo a norma dell’art. 63 del d.lgs n. 165/2001. Il Decreto Reclutamento, per quanto qui interessa, prevede all’art. 3 una nuova disciplina relativa alle progressioni «verticali» fra aree. Ferma restando, infatti, l’ineludibile necessità di esperire un concorso, vengono ridefiniti i criteri per l’at­tribuzione dei posti (fino al 50%) riservati al personale in servizio a tempo indeterminato. Tali scatti «avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’as­senza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso [continua ..]


6. Lo sviluppo economico

A fronte di quanto affermato in materia di progressioni verticali, sia dal punto di vista della sostanza e dei valori costituzionali coinvolti, sia dal punto di vista della giurisdizione, la giurisprudenza ha ritenuto che le progressioni tra le posizioni economiche, in cui tutti i contratti di comparto hanno suddiviso le tre/quattro aree contrattuali del personale non dirigenziale, non costituiscono nuove assunzioni, ma modifiche consensuali delle reciproche obbligazioni del rapporto di lavoro già in essere con il dipendente pubblico [29]. Si tratta, in effetti, almeno nella logica di legge definita con la riforma del 2009, della più importante forma di valorizzazione della professionalità e del merito nelle p.a. e proprio per questo la contrattazione collettiva non è legittimata ad introdurre meccanismi automatici di progressione nelle posizioni economiche o che avvengano in virtù di valutazioni discrezionali dei dirigenti: l’unico percorso ammesso è quello selettivo, nel quale la progressione economica si svolge in ragione delle valutazioni della performance dei dipendenti. In sostanza, i principi di imparzialità e di buon andamento dell’agire amministrativo impongono comunque l’adozione di procedure di selezione aperte alla partecipazione di tutti i dipendenti interessati ed operate sulla base della comparazione di elementi oggettivi che attestino l’esperien­za, le competenze e le attitudini dei candidati. Anche per questo profilo, come noto, la riforma Brunetta si è fatta carico di trasporre nel disposto normativo l’orientamento della giurisprudenza costituzionale, prevedendo esplicitamente al comma 1-bis dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, introdotto appunto dall’art. 62, comma 1, d.lgs. n. 150/2009, che «Le progressioni all’in­terno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito». Sebbene lo stesso art. 62 del d.lgs. n. 150/2009 abbia opportunatamente previsto (sempre al comma 1-bis dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001) che «... La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei [continua ..]


NOTE