<p>MORI</p>
Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Nuove modalità di tutela della qualità del tempo di vita e di lavoro. Il diritto alla disconnessione (di Rosita Zucaro, Ricercatrice INAPP, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche)


L’espansione della vita virtuale, impressa dalla pandemia, ha reso più urgente la necessità di analisi giuridiche in ordine a nuove aree di tutela, quali la disconnessione. Infatti, non solo nell’ordinamento italiano si è intervenuti nuovamente in materia attraverso la normativa emergenziale, ma anche in Europa si è andati oltre con l’adozione da parte del Parlamento UE di una Risoluzione con annessa un’articolata proposta di direttiva sul riconoscimento del diritto alla disconnessione quale diritto fondamentale del cittadino europeo. Inoltre, prima nella PA e poi nel privato si è pervenuto alla firma di accordi interconfederali trilaterali con indirizzi specifici sul punto. Il rinvio alla contrattazione collettiva per la regolamentazione del tema è particolarmente puntuale nel comparto pubblico, e un primo indirizzo può trarsi dal rinnovo CCNL Funzioni Centrali. Nel saggio vengono analizzate le citate prospettive de iure condendo mettendone in evidenza potenzialità e criticità alla luce di un’analisi giuridico-sistemica connessa a evidenze empiriche del contesto di riferimento.

 

The explosion of virtual life has made more urgent the need for legal analysis to new areas of protection, such as disconnection. In fact not only the Italian Legislator has intervened in the matter through the emergency legislation, but also Europe has gone further with the adoption of a Resolution and an articulated proposal for a Directive on the introduction of the right to disconnect as a fundamental right of the European citizen. Furthermore, first in the PA and then in the private sector, Social Partners and the government signed inter-union agreements with a specific contractual address. The reference to collective bargaining for the issue’s regulation is more specific in the public sector, and the first guideline is on the renewal of the CCNL Central Functions. The essay analyzes the aforementioned de iure condendo perspectives, highlighting their potential and critical issues in the light of a systemic analysis connected to empirical evidence that emerged on the point from the INAPP-Plus survey.

Keywords: Public employment – Remote work – Smart working - Right to disconnect.

SOMMARIO:

1. Brevi cenni di inquadramento fenomenico - 1.1. Il contesto alla luce delle evidenze empiriche - 2. Tesi ricostruttive dell’istituto - 2.1. L’annunciato rafforzamento nella normativa emergenziale. Presunto o reale? - 3. I primi indirizzi dei rinnovi contrattuali nella PA. Il CCNL Funzioni centrali - 4. La disconnessione nel sistema multilivello europeo - 5. Prospettive de iure condendo - NOTE


1. Brevi cenni di inquadramento fenomenico

Il tempo inteso quale indicatore di misurazione della prestazione di lavoro subordinato è, da sempre, elemento significativo dello scambio sinallagmatico alla base. La sperimentazione di modalità nuove di lavoro abilitate dalla innovazione tecnologica e la vertiginosa diffusione, determinata da una drammatica congiuntura storica, comportano la necessità di una riflessione sul “tempo di lavoro” o sul “tempo al lavoro” [1], con particolare riguardo all’affermazione di nuovi istituti e tutele. Lo smart working, o lavoro agile, rappresenta una forma “evolutiva” nelle modalità di svolgimento della prestazione di lavoro, ma è una fattispecie che, in base alla norma definitoria, rimane sussumibile nell’alveo dell’art. 2094 c.c. Le innovazioni tecnologiche hanno un inevitabile impatto sui working patterns e la pandemia da Covid-19 con il passaggio repentino da circa 500 mila lavoratori agili a oltre 7 milioni di remote worker [2], ha comportato l’emersione più marcata di interessanti potenzialità ma ha acuito al contempo le correlate criticità. In ordine al fattore temporale può ad esempio osservarsi come l’uso di varie forme di tecnologia da una parte possa “liberare tempo”, ma dall’altra è in grado di comprimerlo in modalità più o meno pervasive, generando un effetto diametralmente opposto. Si proceda da una costatazione, ormai evidente, su come nell’odierno mercato del lavoro la conclusione della giornata lavorativa non si identifichi necessariamente con l’uscita fisica dall’ufficio perché ad esempio, come icasticamente rappresentato, sussiste il rischio di rimanere «attaccati ad una specie di “guinzaglio elettronico”» [3]. Peraltro, studi di carattere neurobiologico rivelano meccanismi cerebrali simili tra la tossicodipendenza e la dipendenza da tecnologia [4], cui manifestazione sono la tendenza alla consultazione ossessiva di e-mail lavorative [5] alimentata talvolta dalla cosiddetta FOMO, acronimo che sta per fear of missing out, ossia letteralmente “il timore di essere tagliati fuori” [6]. Emerge, quindi, ictu oculi che, come osservato da tempo in dottrina, l’always-on possa implicare che la popolazione lavorativa sia soggetta ad «uno stato permanente di allerta reattiva circa il [continua ..]


1.1. Il contesto alla luce delle evidenze empiriche

È interessante, quindi, prima di proseguire l’analisi dell’istituto giuridico, operare una ricostruzione del fenomeno anche sulla base di specifiche evidenze empiriche. In particolare, è significativo quanto emerso dall’ultima indagine INAPP Plus che riguardando oltre 45 mila lavoratori e lavoratrici [14], appartenenti sia al comparto privato che pubblico, fornisce elementi particolarmente significativi. In base ai dati la connessione anytime appare un fenomeno che interessa il 32,8% dei lavoratori e delle lavoratrici con un’incidenza leggermente superiore nel privato, dove si attesta al 34,8%, rispetto al pubblico dove si ferma al 26,9%. In riferimento alla previsione di una fascia di connessione obbligatoria le evidenze attestano una situazione inversa con una netta prevalenza nel pubblico dove il dato è quasi il 56%, mentre nel privato è oltre dieci punti percentuali inferiori e di preciso il 41,5%. Tale dato del comparto pubblico è correlabile all’esito secondo cui nel 64% la presenza da remoto viene registrata con sistema automatico di rilevazione della presenza o tramite un’autocertificazione. Queste risultanze sembrano, quindi, smentire l’ipotesi di un’applicazione incentrata su un’autonoma collocazione temporale delle attività lavorative, confermando un processo di mera remotizzazione del lavoro, un aspetto non è revocabile in dubbio che possa aver inciso anche l’improvvisata “sperimentazione” a carattere unilaterale. Inoltre, una tendenza a una maggiore rigidità nel pubblico (fascia di connessione obbligatoria; rilevazione della presenza in modo automatico o con autocertificazione) costituisce un elemento che ad avviso di chi scrive confermerebbe una scarsa propensione all’innovazione da parte del management pubblico [15]. Gli esiti in ordine ad una connessione permanente appaiono peraltro in linea con il dato relativo alla pausa pranzo in quanto oltre il 49% dichiara di potersi disconnettere solo durante tale fascia, con un dato inferiore nel pubblico (41,6%) e lievemente superiore nel privato (51,3%). Questi esiti inducono a dedurre che la possibilità di fare brevi pause, dichiarata dal 78,2%, non indica necessariamente che la medesima non avvenga davanti al pc o comunque proseguendo attività che includono l’uso della tecnologia. Peraltro, si evidenzia che anche qui il dato si [continua ..]


2. Tesi ricostruttive dell’istituto

Dalla ricostruzione dell’attuale scenario emerge che l’individuazione di nuove modalità di tutela del tempo di riposo, ma anche inerenti alla qualità del tempo di vita e di lavoro siano prioritarie [17], atteso che il fenomeno della iperconnessione non è solo vertiginosamente aumentato, ma è plausibile ritenerne una costante espansione in ragione di una presenza sempre più cospicua nel mercato del lavoro dei nativi digitali. La disconnessione dai device rappresenta, quindi, un interesse meritevole di tutela, su cui si è imposta una attenta e precipua riflessione giuridica. L’ordinamento italiano ha introdotto una prima disciplina di tale istituto con la previsione ex art. 19, c. 1, della l. n. 81/2017, disponendo che l’accordo individuale di smart working deve contenere «le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro». Il Legislatore prevede quindi tale area di tutela nel rapporto di lavoro subordinato, solo se condotto in modalità agile e senza qualificarla expressis verbis come diritto. Diversamente la direttiva del Presidente del consiglio n. 3/2017, contente le prime linee guida in materia di lavoro agile specifiche per il comparto pubblico, e parte della contrattazione collettiva, l’avevano già espressamente configurata in tal modo [18]. Inoltre, come già indicato in altra sede, cui sia consentito rinvio per un maggior dettaglio [19], nella fattispecie de qua all’assenza di una qualificazione specifica si univa la mancanza di una nozione giuridica, nonché dell’indicazione di un iter attuativo o di eventuali sanzioni in caso di inottemperanza. Si concorda, poi, con quella dottrina la quale ha prontamente rilevato che tale mancato riferimento difficilmente poteva costituire una mera svista del Legislatore, atteso che uno dei disegni di legge da cui derivava, e nello specifico il n. 2229/16 «Adattamento negoziale delle modalità di lavoro agile alla quarta rivoluzione industriale», all’art. 3 prevedeva che «nel rispetto degli obiettivi concordati e delle relative modalità di esecuzione del lavoro autorizzate dal medico del lavoro, nonché delle eventuali fasce di reperibilità, il lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme [continua ..]


2.1. L’annunciato rafforzamento nella normativa emergenziale. Presunto o reale?

L’avvertita urgenza di intervento sul tema si riviene anche nella circostanza secondo cui nella semplificata normativa emergenziale si è introdotta una specifica previsione sul diritto alla disconnessione, in merito alla quale, si ritiene che pur non mancando spunti interessanti, l’impatto sia più nell’enfatica annunciazione, che nella reale portata del precetto. Il riferimento è all’art. 2, c. 1-ter, della l. n. 61 del 6 maggio 2021, che ha convertito con modificazioni il d.l. n. 30/2021, il quale dispone che venga «riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi». Pertanto, questa previsione conferma la vigenza della tutela della disconnessione anche nell’attuazione del cosiddetto lavoro agile emergenziale [32], fattispecie priva del presupposto volontaristico dato dalla necessaria sottoscrizione dell’accordo individuale, fonte di regolazione delle «misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro» (art. 19, c. 1, l. n. 81/2017). Una prima previsione, da sottolinearsi, attiene all’espressa qualificazione quale diritto, aspetto che differisce dalla norma introduttiva, la quale come ricordato ha sollevato posizioni contrastanti in dottrina. In ordine al perimetro della fattispecie lo switch off atterrebbe non solo alle strumentazioni tecnologiche, ma anche alle piattaforme informatiche, precisazione che a parere di chi scrive potrebbe apparire ridondante, atteso che è difficile immaginare una piattaforma scissa dal device, il quale è il supporto tecnico che materialmente ne consente l’utilizzo, a meno di voler intendere tale precisazione come riferita ad altre forme di lavoro digitale, quale ad esempio la prestazione di lavoro svolta dai riders [33], ma su tale interpretazione dirimente è la relativa qualificazione giuridica del rapporto lavorativo quale subordinato, afferendo [continua ..]


3. I primi indirizzi dei rinnovi contrattuali nella PA. Il CCNL Funzioni centrali

Passando a una specifica breve analisi sui peculiari interventi nel pubblico impiego si ricordi innanzitutto che in tale comparto l’emergenza sanitaria ha determinato un’accelerazione fortemente repentina, e non scevra da insidiosi rischi. Peraltro, nella Pubblica Amministrazione si è passati senza soluzione di continuità da un numero eccessivo di atti interni [40], in linea con la nota ipertrofia burocratica pubblica, a disporne a livello normativo che non ne fosse previsto nessuno, con immaginabili criticità e confusioni [41]. Durante l’emergenza, e nello specifico già a partire dal 10 marzo 2021 – previamente quindi rispetto al privato che arriverà alla firma di un accordo interconfederale analogo a dicembre del medesimo anno, come si vedrà nel prosieguo – il Governo e le Parti sociali maggiormente rappresentative hanno sottoscritto il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, avviando una nuova fase di dialogo sociale nel pubblico impiego [42]. In tale accordo le parti contraenti hanno sancito l’impegno a definire nei futuri contratti collettivi nazionali una disciplina volta a garantire condizioni di lavoro trasparenti e «che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata». Quindi pur in assenza di un rinvio legislativo espresso alla contrattazione collettiva all’interno della disciplina del lavoro agile, il combinato disposto tra il nuovo art. 14 della l. n. 124/2015 [43] e il suddetto accordo interconfederale attribuisce alle relazioni sindacali del comparto pubblico un ruolo essenziale di definizione eteronoma del testo normativo sul lavoro agile [44], che le linee guida governative confermano [45]. Nella premessa delle stesse viene infatti sottolineato che il relativo testo è rivolto alle pubbliche amministrazioni (e agli altri enti ad esse assimilati) tenuti a prevedere misure in materia di lavoro agile, nelle more della regolamentazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2019-2021 che disciplinano a regime l’istituto per gli aspetti non riservati alla fonte unilaterale [continua ..]


4. La disconnessione nel sistema multilivello europeo

L’aumento dei rischi connessi all’overworking digitale, unitamente agli impatti e alle varie implicazioni evidenziate, hanno comportato un intervento all’interno del contesto europeo. L’avvertita importanza del tema si evince già dall’osservazione di politica del diritto, in ordine alla scelta del Parlamento Europeo di non limitarsi a emanare uno strumento di soft-law, quali una Risoluzione in materia, ma di proporre unitamente a tale testo un’articolata direttiva per il riconoscimento del diritto alla disconnessione all’interno dell’ordinamento europeo [49]. Significativo evidenziare che anche sul versante UE il dibattito sulla disconnessione deriva da un confronto con le parti sociali. Infatti, il 22 giugno 2020 è stato firmato l’Accordo quadro UE sulla digitalizzazione [50] nel quale sono contenuti indirizzi su quattro problematiche trasversali, tra cui le modalità di connessione e disconnessione [51], e il cui relativo campo di applicazione comprende sia i lavoratori pubblici, che privati, ma anche quelli che utilizzano le piattaforme digitali [52]. A conferma che tale dialogo sociale sia stato un effettivo pungolo per il Legislatore europeo è il testo stesso della Risoluzione, dove al punto n. 13 viene richiamato testualmente il citato accordo europeo, prevedendo che la Commissione sia tenuta a presentare la proposta di Direttiva prendendo in considerazione quanto previsto dalle parti sociali europee. In merito al diritto alla disconnessione nell’accordo vengono previste alcune specifiche modalità di tutela. La prima è incentrata su un’adeguata informazione in ordine al rispetto delle norme sull’orario di lavoro e sul lavoro da remoto, ivi comprese le modalità di utilizzo degli strumenti digitali ed i rischi connessi all’eccessiva connessione, soprattutto per quanto attiene alla salute e sicurezza del lavoratore. Nel perseguimento dell’obiettivo di conferire maggiore effettività a tale disposto, si prevede una compensazione a titolo di lavoro straordinario nel caso in cui il lavoratore sia contattato al di fuori dell’orario di lavoro. Nella consapevolezza dell’importanza del ruolo della cultura aziendale sul punto, si invita poi il management ad un impegno concreto nel miglioramento della “cultura aziendale”, ossia attuando policy che limitino eventuali disfunzioni [continua ..]


5. Prospettive de iure condendo

In Italia come si è visto la disconnessione trova applicazione limitatamente alla fattispecie del lavoro agile, in divergenza da come sembra si stia orientando l’or­dinamento europeo. La disciplina del relativo diritto rimane quindi all’interno del quadro giudico di un istituto che in relazione all’orario di lavoro rinviene forse la sua maggiore “rivoluzione”, accingendosi tale flessibilità a non costituire più un’ec­cezione [61], ma la regola. Infatti, per quanto la relativa norma istitutiva preveda che il tempo di lavoro vada necessariamente garantito nei «limiti di durata massima del­l’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva» [62], viene chiaramente indicata l’assenza di precisi i «vincoli di orario». Detto inciso comporta che il tempo di lavoro muti, e possa sfumare e confondersi con il “tempo” che dovrebbe essere dedicato non solo al riposo e alla ripresa psico-fisica, ma anche alla cura, agli interessi personali, e pertanto al valore della conciliazione vita-lavoro. Il requisito fondativo dell’istituto, consistente in un allentamento dei vincoli orari, è peraltro confermato anche dal recente Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile siglato dalle parti sociali e dal Ministero del Lavoro il 7 dicembre 2021 [63], il quale sottolinea il ruolo prioritario dei fattori di carattere organizzativo nel determinare eventuali criticità (in linea con quanto rilevato sul versante europeo sia con l’accordo quadro che con la Risoluzione del Parlamento e annessa proposta di direttiva). Infatti, all’art. 3, rubricato “Organizzazione” del lavoro agile e regolazione della disconnessione”, viene innanzitutto riaffermato il principio per cui «la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro» e si evidenzia altresì il requisito «dell’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati»; al secondo invece si dispone che la prestazione in modalità agile «può essere articolata in fasce orarie, individuando […] la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa». Una previsione quest’ultima che [continua ..]


NOTE