Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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La valutazione dei dipendenti pubblici: novita' della riforma "madia" e questioni aperte (di Marco Lovo)


SOMMARIO:

1. Le linee evolutive della disciplina sulla valutazione dei dipendenti pubblici - 2. La scarna disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 165/2001 e le prassi non conformi - 3. Il decreto "Brunetta" come tentativo di dare una struttura al processo di valutazione e di imporre una differenziazione dell’apporto dei dipendenti - 4. Il naufragio della riforma "Brunetta" sugli scogli della legislazione sui tetti alla spesa e sul blocco delle procedure contrattuali e negoziali - 5. Il tentativo di rilancio della valutazione da parte della riforma "Madia" - 6. Gli elementi di continuita' e di maggiore novità della riforma "Madia" rispetto al sistema previgente - 7. Il nuovo ruolo degli oiv e le responsabilità connesse all'esercizio dei poteri conferiti - 8. L'apporto di cittadini e utenti nel processo di misurazione e valutazione della performance - 9. Il nuovo sistema di differenziazione nella valutazione dei dipendenti pubblici tra legge e contratto collettivo - 10. Nodi irrisolti e questioni aperte a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 74/2017 - NOTE


1. Le linee evolutive della disciplina sulla valutazione dei dipendenti pubblici

Le recenti disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 74/2017, nell’ambito del più ampio disegno complessivo di riforma della disciplina del rapporto di lavoro pubblico attuato dalle riforme “Madia”, riportano al centro dell’attenzione il tema della valutazione dei dipendenti pubblici [1]. Si tratta di un tema complesso, che ha conosciuto una significativa evoluzione normativa, non senza incertezze ed evidenti discrasie tra l’enunciazione di principi e la loro realizzazione in concreto, tra finalità declamate e una prassi spesso poco conseguente. Per comprendere il contenuto della riforma introdotta dal citato decreto legislativo su questo tema, diventa pertanto imprescindibile seguire, nei suoi tratti essenziali, la linea di sviluppo della normativa su cui essa si è innestata con il meritevole intento di superare i nodi problematici che hanno ostruito la piena attuazione dei sistemi di valutazione ed un maggiore livello di conseguimento degli obiettivi di efficacia dell’azione amministrativa e di produttività ai quali la valutazione è, diremo intrinsecamente, preposta. Di questa evoluzione normativa passiamo ad esporre una breve traccia, prima di analizzare gli aspetti essenziali della riforma da ultimo approvata e di segnalare alcuni elementi di criticità che tuttora permangono.


2. La scarna disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 165/2001 e le prassi non conformi

Nella formulazione originaria D.Lgs. n. 165/2001, che ha sancito il punto di approdo della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, il tema della valutazione non è stato oggetto di specifica e compiuta trattazione. Ciò che la normativa ha previsto è il collegamento del trattamento economico accessorio alla produttività individuale e a quella collettiva (oltre che ad attività particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute) mediante l’enunciazione di una declaratoria di principio che avrebbe dovuto essere declinata nei suoi aspetti attuativi dai contratti collettivi. L’art. 45, comma 3, D.Lgs. n. 165/2001 cit., che contiene tale disposizione, si è limitato infatti laconicamente a sancire che la disciplina dei contratti collettivi preveda criteri obiettivi di misurazione ai fini della corresponsione di tali trattamenti. Scopo del legislatore dell’epoca sembra essere stato, pertanto, quello di assicurare il rispetto di un limite negativo, ossia di evitare sperequazioni ingiustificate tra i dipendenti e di attribuire i trattamenti in questione secondo criteri oggettivi e verificabili. In questo senso, la soggezione del giudizio a criteri obiettivi di misurazione appare connessa al principio di parità di trattamento espresso nella medesima norma ed anzi è sembrata costituirne, per quanto attiene al trattamento accessorio, uno specifico corollario. Il riferimento ai criteri obiettivi di misurazione nell’attribuzione dei trattamenti accessori avrebbe dovuto altresì impedire l’erogazione di emolumenti che prescindessero dalla previa determinazione dei criteri e dalla loro corresponsione in conformità agli stessi. L’argine, in verità alquanto flebile, che la norma cercava di innalzare, mirava più specificamente a contenere l’erogazione di trattamenti che nella prassi venivano attribuiti mediante automatismi oppure a pioggia, in misura eguale per tutti i dipendenti, e dunque avulsi da qualsivoglia misurazione. Anche il precetto, sancito dall’art. 7, comma 5 del medesimo D.Lgs., secondo cui non sarebbe stato possibile erogare trattamenti non corrispondenti alle prestazioni effettivamente rese, doveva rappresentare un ulteriore limite ad un uso inappropriato (o più precisamente distorto) dell’attribuzione di tali trattamenti. Il tentativo del legislatore di fronteggiare [continua ..]


3. Il decreto "Brunetta" come tentativo di dare una struttura al processo di valutazione e di imporre una differenziazione dell’apporto dei dipendenti

In questo contesto si inserisce la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 150/2009, che è una riforma organica, come essa stessa si autodefinisce, con un respiro riformatore ampio ed una rivisitazione, se non complessiva, certamente di esteso contenuto dell’assetto regolativo del rapporto di lavoro pubblico. È una riforma che non si pone soltanto lo scopo, pur presente, come vedremo, nell’impianto di tale regolamentazione, di impedire comportamenti difformi dalla disciplina che connette i trattamenti accessori al conseguimento di effettivi risultati e di un incremento della produttività ma che guarda alla valutazione del dipendente pubblico come elemento centrale, propulsivo, del disegno riformatore contenuto nel medesimo decreto legislativo, tanto da dedicarvi un intero corposo titolo del decreto (il titolo II). In tale complessiva ottica, l’erogazione dei trattamenti accessori sulla base di una valutazione della performance organizzativa e individuale si lega agli altri principi fondanti della riforma, come la valorizzazione del merito, la selettività, la trasparenza delle risorse utilizzate, e si pone come fattore di penalizzazione per fannulloni e assenteisti. Il riferimento alle risultanze del sistema di valutazione, pertanto, non avrebbe dovuto essere limitato alla sola erogazione dei trattamenti incentivanti, ma avrebbe dovuto essere utilizzato a più ampio raggio: le norme che imponevano di considerare gli esiti della valutazione sia come elemento per il conferimento degli incarichi dirigenziali, sia per l’attribuzione delle progressioni economiche, sia ancora per il riconoscimento di un titolo rilevante o prioritario ai fini delle medesime progressioni economiche o di carriera per chi si fosse collocato nella fascia di merito più alta per tre anni consecutivi o per cinque annualità anche non consecutive, costituivano ulteriore riprova dell’intento del legislatore di fare della valutazione e dei suoi esiti un perno del sistema finalizzato a differenziare l’apporto dei dipendenti e sulla base di tale differenziazione a regolare in modo selettivo e meritocratico anche altri istituti connessi allo sviluppo economico o di carriera del dipendente. Per accrescere l’impatto della valutazione con specifico riferimento al personale dirigenziale, l’art. 45, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 150/2009 aveva previsto, altresì, un progressivo incremento della [continua ..]


4. Il naufragio della riforma "Brunetta" sugli scogli della legislazione sui tetti alla spesa e sul blocco delle procedure contrattuali e negoziali

Per capire quali siano stati i successivi sviluppi delle sorti della valutazione nell’ambito del lavoro pubblico bisogna dar conto dell’evoluzione normativa che si è verificata a pochi mesi di distanza dall’approvazione del D.Lgs. n. 150/2009 e che ha determinato, se non un completo arretramento, quanto meno un significativo ridimensionamento della portata innovativa delle riforme introdotte dal D.Lgs. n. 150/2009. Con il D.L. n. 78/2010, infatti, viene ad essere imposta una logica di drastico ridimensionamento dei costi della pubblica amministrazione al fine di far fronte alla congiuntura economica particolarmente avversa. L’art. 9 del menzionato D.L. fissa, infatti, un tetto al trattamento economico dei dipendenti pubblici (ivi compresi i dirigenti) nonché al fondo relativo al trattamento economico accessorio, unitamente al blocco delle procedure contrattuali e negoziali e al blocco delle progressioni economiche e di carriera, che avrebbero prodotto effetti meramente giuridici ma non economici. In questo contesto non soltanto non viene consentito l’adeguamento dei nuovi contratti collettivi, soggetti al blocco di cui si è detto, alla normativa introdotta dal D.Lgs. n. 150/2009, ma risulta evidente che l’applicazione della norma sulle fasce prevista dall’art. 19 avrebbe potuto provocare un’ulteriore contrazione della retribuzione dei dipendenti senza peraltro che costoro potessero beneficiare di eventuali incrementi economici connessi all’attuazione di tale sistema stante l’imposizione del tetto stabilito. Conseguentemente, al fine di evitare tali effetti distorsivi, il D.Lgs. n. 141/2011 ha congelato l’applicazione del sistema delle fasce, rinviandone l’attuazione alla tornata contrattuale successiva a quella relativa al quadriennio 2006/2009, fatta salva, nelle more, la facoltà di utilizzare tale sistema per le eventuali (e quanto mai improbabili anche data la situazione economica del tutto sfavorevole) economie aggiuntive derivanti dai processi di razionalizzazione. Svuotata di effetti la norma simbolo e bloccate le procedure contrattuali che avrebbero dovuto completare l’avvio e la corretta implementazione di quanto previsto dal D.Lgs. n. 150/2009, tutto il sistema di valutazione è apparso essere conseguentemente depotenziato. Per quanto, dunque, il congelamento del sistema delle fasce non incidesse sull’implementazione [continua ..]


5. Il tentativo di rilancio della valutazione da parte della riforma "Madia"

In questo contesto è intervenuta la legge delega n. 124/2015, che all’art. 17, comma 1, lett. r) ha enunciato i principi e criteri direttivi ai quali avrebbe dovuto attenersi il legislatore delegato nella rivisitazione della materia della valutazione dei dipendenti pubblici sulla base di criteri di semplificazione, di riaffermazione del merito e della premialità, di razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione. Nel dare applicazione a tali criteri direttivi, il D.Lgs. n. 74/2017 non ha introdotto una disciplina ex novo ma è intervenuto sul corpo normativo del D.Lgs. n. 150/2009, mantenendone la struttura originaria ed altresì modificando e integrando talune disposizioni ivi contenute nel tentativo di superare alcuni nodi problematici emersi nella fase successiva all’approvazione del D.Lgs. n. 150/2009. Il D.Lgs. n. 74/2017 è stato approvato, inoltre, in un contesto normativo nel quale è venuto meno il tetto alla retribuzione dei dipendenti pubblici fissato dall’art. 9 del D.L. n. 78/2010 nonché il blocco della contrattazione collettiva per effetto della sentenza della Corte cost. n. 178/2015 che ha ritenuto illegittimo il limite retributivo e il congelamento delle procedure negoziali e contrattuali a far data dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta ufficiale e quindi dal 30 luglio 2015. L’eliminazione di tale vincolo ha consentito, pertanto, di poter ripensare ad una disciplina dei sistemi di valutazione e dei connessi effetti sul trattamento economico dei dipendenti pubblici che a causa del precedente blocco, si era arenata. Venendo all’analisi dei tratti caratterizzanti di tale decreto, si osserva che permane innanzitutto, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla riforma “Madia”, l’impianto di regolazione centralistica del D.Lgs. n. 150/2009 e la sua applicabilità in via diretta alle sole amministrazioni statali, mentre per regioni, enti locali e aziende sanitarie le disposizioni ivi contenute sono applicabili nei limiti previsti dalle specifiche norme di adeguamento previste dagli artt. 16 e 31 del medesimo decreto legislativo. Permane, altresì, anche la previsione che consente alla contrattazione collettiva di intervenire in materia di valutazione della performance nei soli limiti fissati dalla legge. Restano ferme, inoltre, anche le disposizioni già contemplate dal [continua ..]


6. Gli elementi di continuita' e di maggiore novità della riforma "Madia" rispetto al sistema previgente

Per quanto attiene al ciclo della performance resta inalterata la successione delle fasi che lo costituiscono (programmazione, assegnazione degli obiettivi, monitoraggio, misurazione, valutazione della performance). Sotto questo profilo l’intervento del legislatore delegato riguarda aspetti circoscritti. In primo luogo, gli obiettivi vengono distinti in generali e specifici, i primi connessi alle priorità delle politiche pubbliche nazionali, i secondi attinenti alle singole amministrazioni. Nella formulazione degli obiettivi occorre tener conto anche dei risultati conseguiti nell’anno precedente, come documentati e validati nella relazione annuale sulla performance in modo che il target fissato possa essere coerente con i risultati già acquisiti e non disgiunto dagli stessi. In secondo luogo, appare rilevante la precisazione in virtù della quale “nel caso di differimento del termine di adozione del bilancio di previsione degli enti territoriali, devono essere comunque definiti obiettivi specifici per consentire la continuità dell’azione amministrativa” (v. art. 5, comma 1-ter, D.Lgs. n. 150/2009 introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 74/2017). Tale precisazione dovrebbe evitare una tardiva formulazione degli obiettivi e spostare sulla fase del monitoraggio la verifica e messa a punto degli stessi a seguito dell’intervenuta approvazione del bilancio. Su tutto il sistema, nelle diverse fasi in cui è articolato, il ruolo di promozione, indirizzo e coordinamento è inoltre passato dall’ANAC al Dipartimento della Funzione pubblica, cui spetta pertanto, in particolare, emanare linee guida e modelli da adottare a livello di singola amministrazione, in virtù di quanto già previsto dal d.P.R. 9 maggio 2016, n. 105. A parte quest’ultimo spostamento di funzioni, che appare ispirato più ad una logica di ripartizione funzionale che non ad un cambiamento di ordine sostanziale, le altre modifiche, per quanto utili e condivisibili, sembrano comunque porsi in una logica di restyling di un impianto complessivo che appare sostanzialmente confermato.


7. Il nuovo ruolo degli oiv e le responsabilità connesse all'esercizio dei poteri conferiti

L’aspetto per il quale, invece, si intravedono modifiche di più ampio respiro, orientate a dare effettività al sistema e ad assicurarne una più coerente attuazione, riguarda la composizione, il ruolo, i poteri e le connesse responsabilità dell’organismo di valutazione. Innanzitutto, già con il d.P.R. n. 105/2016 cit. era stato stabilito che i membri dell’organismo indipendente di valutazione dovessero essere attinti da un elenco nazionale di soggetti in possesso di specifici requisiti di competenza, esperienza e integrità stabiliti da un decreto ministeriale successivamente emanato in data 2 dicembre 2016. A tali competenze tecniche è stato aggiunto, a garanzia della terzietà di tale organismo, che non ne possano far parte i dipendenti della medesima amministrazione per la quale esso è nominato, nonché i soggetti che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che abbiano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni, ovvero che abbiano rivestito simili incarichi o cariche o che abbiano avuto simili rapporti nei tre anni precedenti la designazione. La nomina degli oiv deve essere effettuata previa procedura selettiva pubblica e non è soggetta ad alcuna forma di spoil system, per cui in caso di cessazione degli organi di indirizzo politico, l’organismo di valutazione resta in carica fino alla sua naturale scadenza. Quanto ai poteri, una prima importante modifica introdotta dal D.Lgs. n. 74/2017 riguarda la previsione in virtù della quale l’organismo indipendente di valutazione esprime un parere vincolante sul sistema di misurazione e valutazione della performance che le amministrazioni hanno l’obbligo di adottare e di aggiornare annualmente. Ciò consentirà all’organismo di valutazione di interloquire con l’amministrazione anche nella definizione delle “regole del gioco” senza quindi trovarsi a dover applicare un sistema, magari deficitario o non coerente con i principi fissati ex lege, dato come presupposto della valutazione. L’organismo di valutazione (e non più l’organo di indirizzo politico con il supporto dei dirigenti come previsto in precedenza) deve verificare, inoltre, in virtù di quanto previsto dall’art. 6, comma 1, [continua ..]


8. L'apporto di cittadini e utenti nel processo di misurazione e valutazione della performance

Nel nuovo assetto derivante dalle modifiche del D.Lgs. n. 74/2017 un altro elemento innovativo di rilievo è quello connesso alla previsione della partecipazione dei cittadini al processo di misurazione e valutazione della performance. Ciascuna amministrazione deve, infatti, adottare sistemi di rilevazione del grado di soddisfazione degli utenti e dei cittadini in relazione alle attività e ai servizi erogati, favorendo ogni più ampia partecipazione e collaborazione dei destinatari dei servizi. È previsto, inoltre, che anche gli utenti interni all’amministrazione, in relazione ai servizi strumentali e di supporto, partecipino al processo di misurazione della performance organizzativa. Spetta, altresì, all’oiv il compito di verificare l’effettiva adozione dei sistemi di rilevazione e di assicurare la pubblicazione dei risultati in forma chiara e comprensibile e di tenerne conto ai fini della valutazione della performance organizzativa dell’amministrazione e della validazione della relazione sulla performance. Dando voce, nei termini predetti, ai cittadini e all’utenza dei servizi, si consegue dunque un ulteriore importante obiettivo che è quello di rendere la valutazione all’interno delle amministrazioni un elemento di confronto aperto e non chiuso in circuiti asfittici ed autoreferenziali, tutti interni alle amministrazioni pubbliche per le quali la valutazione viene effettuata. Molto dipenderà, per il buon esito di tale elemento di novità, dall’efficacia dei sistemi che verranno utilizzati per la rilevazione del grado di soddisfazione dell’utenza e dal grado di obiettività che tale giudizio può esprimere nell’ambito della valutazione della performance organizzativa di un’amministrazione. Ma è certo che con le previsioni del D.Lgs. n. 74/2017 si sia voluto integrare nel processo di valutazione, con modalità tutte da definire, i destinatari dell’attività amministrativa, in modo da rendere tale valutazione più efficace e rispondente alle necessità di verifica e di miglioramento della performance per le quali essa viene espletata.


9. Il nuovo sistema di differenziazione nella valutazione dei dipendenti pubblici tra legge e contratto collettivo

Tra gli elementi di novità introdotti dalla riforma, oltre a quelli sopra evidenziati, spicca la fine del sistema delle fasce previsto dal D.Lgs. n. 150/2009. L’art. 19, comma 1 di quest’ultimo decreto, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 74/2017 ha stabilito infatti che il contratto collettivo determini “la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale” e che fissi “criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi di cui all’articolo 9, comma 1, lettera d), corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati”. Dunque, contrariamente a quel che era stato previsto dal D.Lgs. n. 150/2009 prima della riforma, con l’approvazione del D.Lgs. n. 74/2017 si assiste ad una previsione self restraint del legislatore delegato rispetto a quella già prevista dal decreto Brunetta, che lascia al contratto collettivo il compito di stabilire la quota delle risorse da destinare alla performance organizzativa e a quella individuale, in cui si articola la valutazione del dipendente (v. artt. 8 e 9, D.Lgs. n. 74/2017), fermo restando che per i dirigenti e per il personale responsabile di un’unità organizzativa deve essere attribuito agli indicatori di performance organizzativa un peso prevalente nella valutazione complessiva. Con quest’ultima previsione il legislatore delegato ha inteso allineare la valutazione di chi è preposto ad una struttura organizzativa ai risultati della struttura medesima, evitando che a fronte di un giudizio negativo della struttura possa essere formulato un giudizio positivo del dirigente. Scompare, inoltre, dall’art. 19 la previsione di fasce predeterminate nelle quali debbano essere collocati i dipendenti secondo le percentuali e con l’assegnazione delle risorse previste dalla precedente formulazione dell’art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 150/2009. Al posto di tale rigida previsione, viene enunciato un principio di carattere generale in virtù del quale alla differenziazione dei giudizi è previsto che debba corrispondere una diversificazione dei trattamenti economici correlati. In pratica viene data al contratto collettivo “carta bianca” su come dare attuazione a tale del tutto generico principio. Le previsioni dei contratti collettivi successivi all’entrata [continua ..]


10. Nodi irrisolti e questioni aperte a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 74/2017

Se guardiamo, conclusivamente, alle riforme introdotte dal D.Lgs. n. 74/2017, inquadrandole nel contesto dell’evoluzione normativa che ha caratterizzato la valutazione nel settore pubblico e che è stata sommariamente delineata in questo scritto, emerge un quadro caratterizzato, nella suo impianto di fondo, da aspetti di sostanziale continuità con il regime previgente. Rimane confermata anche la volontà del legislatore di non limitare l’applicazione del sistema di valutazione all’attribuzione del trattamento economico accessorio, ma di farne un fattore rilevante anche ai fini delle progressioni economiche dei dipendenti (anche se sotto questo profilo, come anche per le progressioni di carriera, è stata eliminata la norma che considerava come titolo prioritario o rilevante il fatto di essersi collocati nella fascia di merito alta per tre annualità consecutive o per cinque annualità anche non consecutive), nonché ai fini del conferimento di incarichi di responsabilità, dell’attribuzione di incarichi dirigenziali e dell’irrogazione del licenziamento per insufficiente rendimento previsto dall’art. 55-quater, comma 1, lett. f-quinquies, D.Lgs. n. 165/2001. Nell’ambito di tale confermato impianto, protetto dalla previsione di una derogabilità delle disposizioni di legge ad opera dei contratti collettivi solo nella misura stabilita dalla fonte primaria, sono apprezzabili gli elementi di novità che il legislatore ha introdotto per rendere il sistema di valutazione maggiormente rispondente alle finalità di buon governo e di maggiore produttività delle amministrazioni alle quali tale sistema è preordinato. La previsione di una più efficace integrazione tra documenti di programmazione economico-finanziaria dell’ente e ciclo della performance; di rinnovate e più incisive funzioni attribuite all’organismo di valutazione; dell’apertura dei sistemi di valutazione all’apporto dei cittadini e degli utenti del servizio; di una complessiva spinta verso una maggiore semplificazione, comprensibilità ed efficacia del sistema che coinvolga tutte le fasi in cui esso si articola, sono tutti elementi che possono consentire di superare alcuni ostacoli che hanno ostruito in passato un’adeguata implementazione del sistema stesso. Per quanto, dunque, si debbano considerare positivamente gli aspetti di [continua ..]


NOTE