Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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L'accesso temporaneo senza concorso alle pubbliche amministrazioni (di Lara Lazzeroni,  Professoressa associata di Diritto del lavoro nell'Università degli Studi di Siena)


Il contributo dà conto dei percorsi di reclutamento temporaneo e di attribuzione di incarichi autonomi, adottati dagli Enti pubblici, che prescindono dall'impiego di procedure concorsuali, nel tentativo di riflettere, anche in ragione dei sistemi di selezione impiegati dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, sull'esistenza di possibili linee evolutive future del sistema selettivo nell’accesso al lavoro pubblico, subordinato e autonomo.

This contribution deals with situations of temporary agency work and direct assignment, used by public authorities, which do not require the establishment of a public competition. Our main purpose is to reflect on the possible future evolution of the criteria of selection in the access to public work, in the form of either subordinate work or self-employment, also in consideration of the selection systems adopted by the Italian National Recovery and Resilience Plan (PNNR).

SOMMARIO:

1. Prestazioni temporanee subordinate e relativi alleggerimenti procedurali assunzionali - 1.2. Il contratto a tempo determinato e l’affaccio sui nuovi modelli di reclutamento? - 1.3. I confini (ancora) mobili del reclutamento della dirigenza a termine - 2. I vincoli procedurali della PA nelle prestazioni degli autonomi - 2.2. Le prestazioni in affidamento diretto e i ridotti oneri procedurali - 2.3. La residualità del lavoro occasionale (ex art. 54-bis, d.l. 50/2017) - 3. Il lavoro degli autonomi nel contesto dei progetti formativi, di utilità sociale e per la collettività - 3.1. Il volontariato civico individuale - 3.2. Il Servizio civile universale - 3.3. I Tirocini formativi - 3.4. I lavori socialmente utili - 4. Nota conclusiva - NOTE


1. Prestazioni temporanee subordinate e relativi alleggerimenti procedurali assunzionali

1.1. La somministrazione di lavoro mediante agenzia Nell’alveo delle prestazioni temporanee senza concorso di natura subordinata, la somministrazione di personale mediante agenzia costituisce la sola fattispecie che esula da una procedura concorsuale o altrimenti selettiva [1]. In questo caso, nessuna selezione è prevista dal sistema regolatorio dell’istituto, dal momento che il ricorso al lavoro somministrato è trattato alla stregua di un servizio reso dall’Agenzia di somministrazione. La scelta dei candidati adeguati è in effetti rimessa ad un soggetto terzo, sulla base, ed in aderenza, ai profili indicati dall’amministrazione richiedente la quale, nella maggior parte dei casi, predispone lettere di invito a più agenzie di somministrazioni (o avvia procedure di gara), per riservarsi la scelta fra quelle che praticano il servizio al minor costo. L’agenzia scelta procederà così all’invio di quei lavoratori che hanno indicazioni curriculari attinenti e più in linea con il profilo richiesto dall’amministrazione. Può tuttavia avvenire che le agenzie propongano più candidati, così da consentire agli Enti di operare la scelta tra quelli ritenuti più meritevoli o migliori, ma si tratta di una eventualità, e quindi di una procedura, tutt’altro che scontata, e certamente non normata in senso generale. Non c’è da nascondere che l’interesse crescente verso tale tipologia di “reclutamento” è anche la risultante delle preclusioni o limitazioni all’utilizzo delle prestazioni autonome o delle stesse collaborazioni coordinate e continuative [2], anche imposte da un approccio negli anni sempre più rigoroso della Corte dei conti [3]. Al contempo, tuttavia, le amministrazioni sono di recente sollecitate a prestare una ancora maggiore attenzione all’uso abusivo della somministrazione [4], che di fatto finisca per aggirare la temporaneità della prestazione mediante il ricorso, ad esempio, a missioni reiterate presso la stessa PA. In effetti, la giurisprudenza si è negli anni pronunciata nel senso di escludere, al pari delle altre prestazioni temporanee – in primis il contratto a tempo determinato – che l’illegittimo, reiterato o abusivo utilizzo della somministrazione possa mai comportare una stabilizzazione presso [continua ..]


1.2. Il contratto a tempo determinato e l’affaccio sui nuovi modelli di reclutamento?

Se dunque la somministrazione è l’istituto principe che prescinde da concorso e altre procedure selettive, meritano tuttavia di essere valorizzati alcuni aspetti relativi al contratto a tempo determinato che, se pur attratto dalla procedura concorsuale, gode oggi di alcuni alleggerimenti, in ragione delle recenti riforme in tema di PNRR [11]. In effetti, le pubbliche amministrazioni, titolari di interventi previsti dal d.l. 9 giugno 2021, n. 80 (conv. in l. 6 agosto 2021, n. 113), e limitatamente ai profili interessati dal Piano, possono adottare procedure di reclutamento semplificate rispetto al concorso. Nel dettaglio, l’art. 1 del citato decreto-legge ha introdotto la possibilità per le amministrazioni, titolari dei singoli interventi previsti nel PNRR, di imputare nel relativo quadro economico del progetto i costi per il personale assunto a tempo determinato e specificamente destinato a realizzare i progetti di cui le medesime amministrazioni hanno la diretta titolarità di attuazione. Nella sua prima versione, la norma prevedeva che tutte le assunzioni e gli incarichi fossero soggetti ad autorizzazione preventiva da parte del Ministero titolare dell’intervento, di concerto con la ragioneria generale dello Stato. A.n.c.i. ha ad esempio da subito segnalato la criticità di tale doppia procedura autorizzatoria che rischiava di rallentare non poco la realizzazione degli investimenti a valere sulle risorse del PNRR e ne ha chiesto un correttivo che è stato approvato con l’art. 9, c. 18-bis, del d.l. 6 novembre 2021, n. 152 (conv. in l. 29 dicembre 2021, n. 233) che ha innovato in modo significativo l’art. 1 del d.l. n. 80/2021, semplificandone le modalità applicative. In particolare, in base alle nuove disposizioni, è stata eliminata l’autorizzazione preventiva per le spese di personale inserite nei quadri economici, e si è affidato ad apposita Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze il compito di stabilire le modalità, le condizioni e i criteri in base ai quali le amministrazioni interessate possono imputare nel relativo quadro economico i costi per il personale da rendicontare a carico del PNRR. Resta di conseguenza sottoposta a verifica preventiva da parte dell’Amministrazione centrale titolare dell’intervento solo l’ammissibilità delle ulteriori spese di personale a carico del PNRR, diverse da quelle [continua ..]


1.3. I confini (ancora) mobili del reclutamento della dirigenza a termine

Sull’onda del ragionamento svolto, merita fare infine una rapida menzione del­l’assunzione a termine dei dirigenti pubblici, da contenere nel limite del 10% o dell’8% della dotazione organica dirigenziale e per un massimo di tre o cinque anni, il tutto in ragione della fascia a cui si accede. L’assunzione è caratterizzata da una procedura di reclutamento semplificata rispetto all’accesso a dirigenza tout court [14]. Vi è infatti la previsione di un avviso pubblico con indicazione delle competenze richieste (attestanti una comprovata e particolare qualificazione professionale [15], non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione), del trattamento economico previsto e dei requisiti necessari [16]. La possibilità che la procedura venga accompagnata dall’espletamento di una prova – come un colloquio successivo alla valutazione dei curricula – è infatti assolutamente eventuale e non obbligatoria, ma solo rimessa ai singoli Enti che dunque definiscono la disciplina di dettaglio. Al tempo stesso in alcuni comparti, quali ad esempio quello delle autonomie locali, la rosa di idonei va sottoposta al vertice politico, mentre per le Amministrazioni centrali la scelta è del dirigente generale. È la procedura semplificata ad aver spinto la giurisprudenza verso un maggiore rigore nel circoscrivere le condizioni per il ricorso a prestazioni dei dirigenti a termine [17], tanto da disporre, ad esempio, che “(…) la deroga al meritocratico vaglio concorsuale, infatti, che di regola valuta con prove scritte e orali la reale preparazione dei tanti candidati, necessita, quale basilare ed indefettibile requisito, della laurea, oltre che di dimostrata significativa (elevata, specifica e non comune) esperienza lavorativa e di pubblicazioni comprovanti l’alta specializzazione professionale posseduta, che ‘compensa’ la mancanza di un riscontro, in punto di preparazione, in un esame pubblico” [18]. Qui è il caso di limitarsi a segnalare il bisticcio tra due diversi e più recenti indirizzi della giurisprudenza. All’orientamento secondo cui per l’avvio della procedura di reclutamento non è essenziale procedere ad una ricognizione delle professionalità interne, dal momento che la procedura selettiva assicura comunque trasparenza e possibilità per l’interno di [continua ..]


2. I vincoli procedurali della PA nelle prestazioni degli autonomi

2.1. Il conferimento di incarichi di studio, ricerca, consulenza e collaborazione È sul fronte delle prestazioni di natura autonoma che l’indagine sulle forme di “accesso” temporaneo (senza concorso) alle pubbliche Amministrazioni, si fa più interessante. Il primo ambito è costituito dal lavoro autonomo tout court di cui all’art. 2222 c.c. che, in ragione dell’art. 7, c. 6, d.lgs. n. 165/2001, può prendere forma anche nella veste degli incarichi di studio, ricerca, consulenza e collaborazione [22]. Il conferimento, che richiede pur sempre una procedura comparativa, esige il compimento di una propedeutica ricognizione interna che attesti l’assenza di strutture organizzative e professionalità in grado di eseguire l’incarico, sia fra le risorse assegnate al Dirigente di riferimento, che fra quelle presenti in generale all’interno dell’Ente. Dovrà peraltro trattarsi di una ricognizione rigorosa [23], non sanabile da una dicitura di facciata apposta nel documento di conferimento dell’incarico, dovendo piuttosto ricostruirne concretamente l’effettiva impossibilità. Diversamente, la scelta del conferimento esterno non sarebbe bilanciabile, neppure con l’eventuale elevatissima professionalità posseduta dal soggetto incaricato [24]. Strumenti di bilanciamento sono ovviamente indicati nel citato art. 7, c. 6 – ad esempio prevedendo che la prestazione abbia natura temporanea, sia altamente qualificata o specializzata e non generica, sia da svolgersi in autonomia e sia coerente con le esigenze di funzionalità dell’Ente conferente – e altri sono previsti [25] per assicurare una tenuta dei conti (richiedendo l’esistenza di fondi propri dell’Ente e assoggettando la valutazione dell’incarico al revisore dei conti o collegio dei revisori [26]) e la dovuta trasparenza delle operazioni di affidamento (tra cui la pubblicazione nel sito istituzione dell’Ente conferente e la comunicazione del conferimento al Dipartimento per la funzione pubblica [27], che ne fa menzione nel sito, riportando i dati relativi a incarico e compenso [28]). Ma per evitare che l’incarico autonomo venga usato con troppa disinvoltura, sul versante procedurale ciascuna Amministrazione si fa carico di regolamentare limiti, criteri, procedura e modalità di conferimento degli [continua ..]


2.2. Le prestazioni in affidamento diretto e i ridotti oneri procedurali

Come detto, l’affidamento diretto di una prestazione o attività professionali, ai sensi dell’art. 36, c. 2, lett. a) del Codice dei contratti pubblici, esula dall’espleta­mento della procedura comparativa prevista per il conferimento di incarichi ex art. 7, c. 6, d.lgs. 165/2001. L’ipotesi è ammessa per attività, il cui compenso sia inferiore ai 40.000 euro, da espletarsi senza la preventiva consultazione di due o più operatori economici, escludendo peraltro anche l’obbligo di pubblicazione dei risultati della procedura (trattandosi appunto di operare al di fuori di una specifica procedura di conferimento). Ed è proprio sul crinale del diverso bagaglio procedurale che hanno le due prestazioni autonome fin qui rappresentate (incarico professionale autonomo ex art. 7, c. 6 cit., e conferimento diretto ex art. 36 cit.), che la giurisprudenza ha dovuto spendersi nel rimarcare la differenza tra il primo (proceduralizzato) e il secondo (senza oneri procedurali vincolanti). L’alleggerimento procedurale, in questa seconda fattispecie, fra l’altro, non attiene soltanto alla sfera della valutazione comparativa fra più candidati, ma anche a quella relativa agli incombenti propedeutici che ha la prima fattispecie, ma non la seconda [44]. Sono quindi di tutta evidenza i maggiori vantaggi che le Amministrazioni possono trarre dall’utilizzo di quest’ul­tima. La giurisprudenza ha quindi collocato il distinguo nella necessità o meno di possedere, da parte del professionista, una specifica organizzazione per l’esecu­zione della prestazione richiesta [45]. Nel primo caso, e solo in tale ipotesi, l’Am­mini­strazione potrebbe infatti pensare di procedere con l’affidamento diretto, mentre laddove la prestazione richiesta sia unitaria, o comunque abbia una sua “singolarità”, puntualità di esecuzione, e non vi sia dunque necessità di una organizzazione da parte di chi la svolge, il ricorso all’affidamento diretto non sarebbe possibile. Ma il distinguo così prospettato, si è detto [46], potrebbe produrre equivoci, in assenza di “un’esplicita opzione legislativa che attribuisca chiaramente una certa prestazione all’ambito delle consulenze [art. 7, c. 6] piuttosto che a quello dei servizi [art. 36 cit.], o viceversa”, dal che “l’interprete [continua ..]


2.3. La residualità del lavoro occasionale (ex art. 54-bis, d.l. 50/2017)

Nella trattazione dell’istituto del lavoro occasionale – e nel rispetto dell’eco­nomicità delle riflessioni proposte – è necessario tenere perlomeno distinto il lavoro occasionale quale species “ridotta” delle prestazioni autonome ex art. 2222 c.c. (e quindi ex art. 7, c. 6, d.lgs. n. 165/2001, supra), rispetto alla speciale disciplina di cui all’art. 54-bis, d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (conv. l. 21 giugno 2017, n. 96). Quanto alla prima fattispecie, i regolamenti delle Amministrazioni tendono, in linea generale a stabilire uno spartiacque tra i lavori autonomi professionali sopra descritti (§ 2.1) e lavori autonomi occasionali, per tali ultimi intendendosi quelle prestazioni svolte accidentalmente, sporadicamente, episodicamente, spesso dotate, comunque, di contenuto professionale, ma che si esauriscono in una sola azione o prestazione, atta al raggiungimento del fine. Quanto al lavoro occasionale ex art. 54-bis, invece – ammesso in tutte le PA indipendentemente dal numero di dipendenti (c. 7) e impiegabile anche per ragioni di contenimento di spesa per il personale – è la presenza di esigenze temporanee, il cui valore economico sia particolarmente contenuto [48], così come la relativa durata (massimo 280 ore nell’anno civile), a rappresentarne il presupposto legittimante. È poi la legge a prevedere le specifiche attività che consentono il ricorso a tale tipologia di lavoro occasionale: progetti speciali per categorie di soggetti in stato di povertà, disabilità, detenzione, tossicodipendenza, fruitori di ammortizzatori sociali; lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi; attività di solidarietà in collaborazione con enti pubblici o del volontariato; organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli. Quanto invece al confine fra il lavoro occasionale ex art. 2222 c.c. e il lavoro occasionale dell’art. 54-bis (spesso reso con l’acronimo Cpo), la differenza può dirsi legata, da un lato, al contenuto altamente qualificato del primo, a sua volta non caratterizzato da stringenti limiti di carattere temporale ed economico e, dall’altro, alle specifiche attività [49] del secondo. Si tratta quindi di due istituti profondamente diversi: il lavoro autonomo occasionale rientrante a pieno titolo nell’ambito delle [continua ..]


3. Il lavoro degli autonomi nel contesto dei progetti formativi, di utilità sociale e per la collettività

Nel ribadito interesse, in questi scritti, al tratteggio di quegli alleggerimenti procedurali, rispetto alle procedure concorsuali, che caratterizzano le prestazioni temporanee di natura autonoma, gli istituti introdotti a seguire meritano di essere rappresentati in quanto cumulativamente attinenti all’area formativa; di supporto al primo inserimento lavorativo; di solidarietà, sostegno o aiuto alla collettività nel perseguimento di interessi relativi ai beni comuni.


3.1. Il volontariato civico individuale

Emblematico dell’operare per la (e nella) collettività è l’istituto del volontariato civico individuale, che ovviamente presuppone un agire deprivato da intenti lucrativi, trattandosi di attività eminentemente gratuita. Non vi sono orari né vincoli che impongano l’esecuzione di alcunché, e l’assunzione di un impegno di volontariato non può determinare l’aspettativa, da parte dell’Ente, circa la continuità nel tempo [55]. Nel volontario è piuttosto presente il sentimento di chi adempie ad un dovere morale o civico. Gli esempi possibili sono dei più disparati: dalla pulizia delle spiagge, al supporto che i genitori possono offrire in certi lavori da eseguire al­l’interno degli istituti scolastici praticati dai figli. Il valore sociale della prestazione del volontario è da tempo noto, perlomeno a partire dalla prima regolazione dell’istituto risalente alla legge-quadro sul volontariato dell’11 agosto 1991, n. 266, per quanto fino al 2017 il volontariato fosse scarsamente valorizzato [56]. Ne è di esempio la circostanza che, fin dalla normativa originaria [57], in caso di volontariato svolto da un lavoratore subordinato, questi ha diritto – ma alla stregua di una mera aspettativa qualificata, da comporre sulla base dell’organizzazione aziendale – di usufruire di forme di flessibilità dell’orario di lavoro e delle turnazioni regolate dai contratti collettivi. Se dunque da un lato gli Enti beneficiati non possono nutrire aspettative di continuità dell’opera volontaria, dall’altro è comprensibile la resistenza delle P.A. di fronte all’agire del volontario individuale; titubanza dovuta al rischio che lo stesso possa nel tempo avanzare pretese di continuità lavorativa, o spingere l’amministrazione ad assecondare istanze di “stabilizzazione”, quand’an­che infondate, ovvero ancora dedurre l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Da questo punto di vista, la distinzione tra volontariato associativo e volontariato individuale ha avuto infatti un notevole valore. Laddove il soggetto che opera a vantaggio dell’Amministrazione/collettività sia legato ad un’associazione che svolge volontariato, è la titolarità del rapporto che l’associazione ha con il singolo a ridurre [continua ..]


3.2. Il Servizio civile universale

Nel novero delle prestazioni volontarie, a carattere temporaneo, senza concorso, una particolare menzione merita il servizio civile universale, anche in ragione del crescente sviluppo ed utilizzo che lo stesso sta avendo negli ultimi anni. L’istituto, che affonda le sue radici anche negli artt. 11 e 52, c. 1, Cost., è regolato dal d.lgs. 6 marzo 2017, n. 40 e si pone in risposta alla legge delega 6 giugno 2016, n. 106 da cui sono scaturiti, oltre al menzionato Codice del Terzo Settore, anche la riforma del servizio civile nazionale. Vari sono gli ambiti operativi di intervento all’interno dei quali realizzare le finalità del servizio civile universale (SCU) – recuperando e traslando il concetto di difesa della Patria [64] – quali: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona montana, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità degli italiani all’estero. Anche lo SCU presuppone una particolare propensione del civilista, spontaneamente interessato al compimento di azioni o interventi nell’interesse della collettività e dei bisogni sociali, stante anche il compenso contenuto – non avente natura retributiva – che tali tipologie di attività prevedono. Il conferimento dell’incarico presuppone una procedura di valutazione attraverso un bando rivolto ad aspiranti civilisti di età compresa fra i 18 e i 29 anni non compiuti, legato ad un progetto della durata compresa fra gli 8 e i 12 mesi, per un monte orario settimanale prestabilito (talvolta definito attraverso il richiamo ad un monte ore annuo da contenere entro il limite massimo di 1.145 ore). L’istituto è ampiamente fiorito a partire dal 2017, tanto è vero che il bando 2021 prevedeva l’avvio di ben 56.205 civilisti volontari da impegnarsi in 566 programmi di intervento sviluppati in relazione a 2.818 progetti nel territorio nazionale [65]. Prerogativa di alcuni bandi è la riserva di posti nelle assunzioni presso le Amministrazioni in favore di specifiche categorie di soggetti, come coloro che hanno [continua ..]


3.3. I Tirocini formativi

All’interno delle prestazioni tipicamente autonome – e come tali espressamente incasellate dalla normativa di riferimento [67] – i tirocini formativi [68] hanno l’indubbia prerogativa di assolvere ad un compito eminentemente formativo e di “riconversione” professionale, che appunto spiegano il loro essere rivolti ai giovani di età compresa fra i 18 e il 29 anni. Tuttavia, l’obiettivo formativo verso la classe giovanile non esaurisce le finalità dell’istituto, dal momento che alcuni progetti specifici sono volti al recupero di soggetti disagiati; che hanno perso professionalità; che necessitano di accedere ad un percorso riqualificante; che risiedono in aree in crisi o depresse (quindi anche per over-trenta). Particolare menzione meritano ad esempio i progetti come il Blue Book Traineeship [69] presso la Commissione europea, ed i tanti progetti di tirocinio, retribuiti e non [70], presso il Consiglio dell’Unione europea [71], o presso il Comitato europeo delle Regioni, o presso ESMA, ACER, etc. In alcuni casi il compenso è fornito dal­l’autorità nazionale di provenienza del candidato, in altri è invece erogato dall’or­ganismo ospitante [72]. Le amministrazioni sono coinvolte in una triangolazione che appunto vede operare un ente promotore e un soggetto ospitante. E quanto alla procedura, a fronte dell’emanazione di un avviso, gli interessati sono chiamati a presentare delle candidature. Laddove il numero di candidati è superiore al numero di tirocini da attivare, l’amministrazione individua il tirocinante attraverso l’effettua­zione di un colloquio motivazionale e attitudinale e /o mediante l’esame del curriculum. L’istituto è fortemente praticato dalle amministrazioni, tanto da determinare la percezione, negli stessi destinatari, che si tratti di un una sorta di primo inserimento lavorativo, anche se così non è [73], o comunque che vi sia un abuso della PA nel farvi ricorso. Proprio al fine di evitare strumentalizzazioni e ricorsi abusivi ai tirocini extra curriculari, con l’entrata in vigore della legge di bilancio 2022 (l. 30 dicembre 2021, n. 234) sono state introdotte nuove disposizioni, in parte già immediatamente operative e in parte non ancora operative in mancanza delle nuove Linee guida che il Governo e le regioni, [continua ..]


3.4. I lavori socialmente utili

Operando per semplificazioni, il modello dell’avviso di reclutamento indicato in riferimento agli istituti precedenti, cui segue la presentazione di candidature, è impiegato anche per i lavori socialmente utili (il cui acronimo “LSU” indica sia la misura che i beneficiari). Nel volgere degli anni, a partire dalla prima regolazione (d.l. 28 maggio 1981, n. 244, conv. l. 24 giugno 1981, n. 390) fino ad oggi (con l’attuale art. 26, d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150) l’istituto ha registrato notevoli mutamenti che non corre necessità di trattare in questa sede [74]; mutamenti che hanno limitato il coinvolgimento: a disoccupati con oltre 60 anni di età (se privi dei requisiti pensionistici); a lavoratori coinvolti in procedure di mobilità; ai percettori di integrazioni salariali o di strumenti di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro. L’istituto, ritenuto una forma di work-for-welfare [75], è stato ampiamente additato quale misura meramente “assistenzialistica” (ed in tale accezione negativa, da taluno associato al reddito di cittadinanza) [76], pur possedendo i chiari connotati dell’essere misura diretta alla riqualificazione e alla ricollocazione del personale [77]. Con decreto Min. Lav. del 22 ottobre 2019, gli LSU sono stati implicitamente valorizzati nell’ambito dei c.d. PUC, ovvero dei Progetti, a titolarità dei Comuni, utili alla collettività, in virtù dei quali il lavoratore è tenuto a mettersi a disposizione (art. 4, c. 15) per attività “in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni”. La procedura di conferimento è alquanto farraginosa prevedendo a monte una convenzione quadro di ANPAL (al momento mancante) che assurga al ruolo di modello per le convenzioni che dovranno correre fra Regioni e singole amministrazioni interessate alle relative prestazioni di utilità sociale. Al contempo, laddove si tratti di lavori che abbisognano di professionalità o competenze basilari, per mansioni che dunque richiedano la sola scuola dell’ob­bligo, è previsto un percorso di stabilizzazione degli LSU alla stregua del modello di avviamento a selezione (gestito mediante una mera prova di idoneità), peraltro supportato dal versamento di contributi da parte del Fondo Sociale per occupazione e formazione [continua ..]


4. Nota conclusiva

Le pubbliche amministrazioni hanno negli anni sofferto dei limiti imposti all’assunzione di personale, in particolare dovuti alle contrazioni dei tetti di spesa per le assunzioni a tempo indeterminato. Il ricorso a forme di reclutamento “alternative”, ben spesso attraverso gli istituti sopra sinteticamente delineati, è dunque stata la risposta più comodamente impiegata per aggiudicarsi le prestazioni necessarie. Tale rilievo dà spazio ad ampie considerazioni. È indubbio che l’uso deviato, rispetto alla finalità originaria, di istituti quali il volontariato, i lavori socialmente utili e gli stessi tirocini formativi, ingeneri nei soggetti impiegati aspettative di stabilizzazione, di fatto impraticabili – salva l’ela­borazione di specifica normativa in tal senso [81] – essenzialmente per la diversità delle procedure di ingresso (concorsuali o altrimenti selettive) che le diverse tipologie di “impieghi” presso le PA prevedono. Se dunque questo aspetto del limite alla stabilizzazione incorpora la garanzia di imparzialità e buon andamento dell’ammi­nistrazione, impendendo che un qualunque accesso da porte secondarie possa condurre pur sempre all’androne del lavoro subordinato, a cui si accede con concorso, ciò non esclude di poter svolgere due rilievi in parte divergenti. Da un lato, infatti, le amministrazioni restano pur sempre esposte ad azioni rivendicative, non fosse altro in termini di richieste risarcitorie a carico dell’Ente, e quindi del dirigente responsabile. Dall’altro, se pur le esperienze del volontariato individuale, del tirocinio o del servizio civile hanno dato grandi risultati, consentendo di contribuire alla crescita professionale dei soggetti coinvolti e, al contempo, di far fronte alle esigenze delle Amministrazioni, lo spazio per mantenere un percorso aperto con coloro che hanno partecipato a tali progetti è particolarmente ridotto. Pur a fronte di un investimento da ambo le parti, le tipologie contrattuali anzidette non sono neppure contemplate come titoli curriculari utili nei vari concorsi pubblici, salvo che il Regolamento del singolo Ente non decida di valorizzare particolarmente tali esperienze e percorsi; cosa che, invero, non avviene per la maggior parte dei casi. L’apertura nella direzione da ultimo tracciata pare, ma solo in parte, adombrata nel controluce della [continua ..]


NOTE