Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Tutela della salute o principio di economicità nelle pubbliche amministrazioni? Note critiche su una pronuncia della magistratura contabile in tema di servizio di prevenzione e protezione (di Francesco Di Noia, Ricercatore di Diritto del lavoro nell'Università di Foggia - Aldo Moro)


La sentenza in commento si occupa della responsabilità da danno erariale a cui sarebbero esposti a vario titolo Direttore Generale, Direttore Amministrativo e Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione di un'azienda ospedaliera pubblica nell’affidare all’esterno alcuni compiti di tale servizio. In essa si afferma che, secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 81/2008, nelle strutture di ricovero e cura con oltre 50 lavoratori la regola generale è che il Servizio di Prevenzione e Protezione debba essere interno e con esso lo svolgimento delle relative funzioni. L'eccezione, invece, è rappresentata dall’esternalizzazione di singole competenze/professionalità nell’ambito del predetto servizio. Inoltre, si specifica che la regola per effetto della quale – nei casi in cui sia obbligatoria l'organizzazione interna del servizio – il Responsabile debba essere necessariamente interno, non può legittimare la possibilità che tutti gli altri addetti siano esterni: questa eventualità, infatti, è ammessa solo laddove non sia possibile una copertura interna. Nonostante i condivisibili principi affermati, la pronuncia si segnala in più punti per diverse criticità: si rilevano, infatti, non condivisibili approdi sia sul piano della sussunzione dei fatti concreti nelle fattispecie astratte previste dalla disciplina legale e sia su quello della corretta interpretazione delle norme in essa contenute.

This case comment deals with the liability of the General Director, Administrative Director and Head of the Prevention and Protection Service of a public hospital company for loss of revenue when they outsource certain services. The ruling analysed here states that, according to the provisions of Legislative Decree No. 81/2008, hospitals and in-patient facilities with more than 50 workers must perform the Prevention and Protection Service in-house. The only exception allowed, however, is the outsourcing of individual skills within the aforementioned service. Analyzing this pronouncement, the present contribution intends to highlight some critical profiles relating to a subsumption of the facts of the case and to an interpretation of the rules of law that cannot be shared.

MASSIMA: Nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori la regola generale è che il Servizio di Prevenzione e Protezione debba essere interno all’azienda o all’unità produttiva e con esso lo svolgimento delle relative funzioni. L’eccezione, invece, come tale di stretta interpretazione ed applicazione salvo violazione della norma, è rappresentata dall’esternalizzazione delle singole competenze/professionalità nel­l’ambito del predetto servizio. Inoltre, la disposizione per effetto della quale – nei casi in cui sia obbligatoria l’organizzazione interna del servizio – il Responsabile deve essere necessariamente interno, non può legittimare la possibilità che tutti gli altri addetti siano esterni: questa eventualità, infatti, è ammessa solo laddove non sia possibile una copertura interna. PROVVEDIMENTO: (Omissis) FATTO Con atto di citazione del 16 maggio 2022 ritualmente notificato, la Procura Regionale per la Basilicata chiamava in giudizio i sig.ri M.B., P.P.G. e M.B. per ivi “sentirli condannare [ … ] al pagamento in favore dell’Azienda Ospedaliera (Omissis) della somma complessiva di Euro 419.570,29, ovvero della diversa somma che sarà accertata in corso di causa, il tutto aumentato degli interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio (queste ultime, comunque, in favore dell’Erario), come per legge” con addebito integrale del danno in capo al dott. B., in ragione della natura dolosa della relativa condotta ed altresì imputandosi in via sussidiaria e parziaria all’ing. G. e alla dott.ssa B. rispettivamente una misura pari al 50% e al 15% dell’intero, attesa la natura gravemente colposa delle rispettive condotte ed in ragione del relativo contributo causale nella determinazione del pregiudizio; nell’ipotesi di qualificazione in termini di colpa grave delle condotte amministrative poste in essere da tutti i soggetti convenuti, il riparto del summenzionato pregiudizio patrimoniale veniva definito per il 50% in capo al B., per il 35% al G. e per il 15% alla B. In sintesi, la contestata fattispecie di danno erariale afferisce all’affidamento esterno dei servizi – previamente effettuati internamente ai sensi della delibera del D.G. n. 661/2011 – relativi alla “Gestione Integrata della Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro” da parte dell’Azienda ospedaliera (Omissis), avvenuto con deliberazione n. 520/2019 del D.G. dott. B., su proposta del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ing. G. e con parere favorevole del Direttore Amministrativo dott.ssa B. L’atto di citazione precisava che l’esternalizzazione a R.T.I. convenzionato CONSIP era “motivata dalla necessità di sopperire a talune asserite mancanze del servizio così come fino ad allora espletato e [continua..]
SOMMARIO:

1. I fatti di causa e il principio di diritto - 2. Il quadro legale: la disciplina italiana (ed euro-unitaria) del Servizio di Prevenzione e Protezione - 3. La decisione della Corte - 4. Le criticità della pronuncia - 5. Dal caso di specie ai principi generali (e ritorno): alcune considerazioni conclusive - NOTE


1. I fatti di causa e il principio di diritto

La sentenza in commento prende le mosse dalla richiesta della Procura regionale della Basilicata della Corte dei conti di condannare al pagamento di una cospicua somma di danaro a titolo di responsabilità erariale il Direttore Generale (d’ora in poi: DG), il Direttore Amministrativo (in seguito: DA) e il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (d’ora in poi: RSPP) pro tempore di un’azienda ospedaliera per l’affidamento all’esterno di alcuni servizi – previamente effettuati all’interno – relativi alla «gestione integrata della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro». La vicenda, in particolare, ha ad oggetto la riorganizzazione, a partire dal marzo 2019, del Servizio di Prevenzione e Protezione (d’ora in poi: SPP), allorché, in seguito alle dimissioni del precedente RSPP, il DG, con propria delibera, nominava per quella funzione un nuovo dirigente dell’azienda ospedaliera, che insieme al responsabile del procedimento e ad altre due unità di personale successivamente assegnate, formava il nuovo SPP interno. Il neo RSPP, assunto l’incarico, constatava che molteplici attività, che pur avrebbero dovuto essere svolte secondo la vigente normativa, in realtà non erano mai state effettuate dal vecchio SPP interno. Tra le maggiori carenze riscontrate vanno menzionate diverse lacune nel Documento di Valutazione dei Rischi (di seguito: DVR) (tra cui: assenza di data certa e delle firme del datore di lavoro, del medico competente e del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; incompletezza delle schede di valutazione (alcune risalenti al 2004); assenza di una molteplicità di documenti con la conseguente valutazione del rischio relativo a: aggressione a operatori sanitari, legionella, agenti cancerogeni e biologici, esposizione a campi elettromagnetici, lavoratrici madri, illuminamento…; assenza della valutazione dei rischi di alcuni presidi ospedalieri presenti sul territorio provinciale medio tempore accorpati all’azienda ospedaliera), la scarsa collaborazione degli addetti al servizio interno (di seguito: ASPP) e la carenza, in capo ad essi, dei requisiti minimi professionali, l’assenza di indagini ambientali, il mancato svolgimento della riunione periodica e l’insufficienza di personale per lo svolgimento delle attività istituzionali. In questo scenario, quindi, egli consigliava al datore di [continua ..]


2. Il quadro legale: la disciplina italiana (ed euro-unitaria) del Servizio di Prevenzione e Protezione

In primo luogo, è bene ricordare che per SPP s’intende l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori [5]. Riguardo alla sua costituzione, la disciplina legale stabilisce che il datore di lavoro, salva la (limitata) possibilità di occuparsi in prima persona del servizio [6], debba organizzarlo «prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva» oppure possa incaricare «persone o servizi esterni […], secondo le regole di cui al presente articolo» [7]. Come sottolineato dai commentatori del t.u., una delle maggiori novità di que­st’ultimo risiede proprio nell’aspetto relativo alla distinzione tra servizio interno ed esterno e, in modo particolare, alle competenze e attitudini richieste alle persone in esso coinvolte [8]. Infatti, il t.u., anche dopo le modifiche apportate nel 2013 (con l’aggiunta dell’inciso «prioritariamente») [9], tende a collocare sul medesimo piano la costituzione del servizio interno e l’affidamento all’esterno dello stesso (pur con una “preferenza” per il primo), a differenza di quanto sancito in precedenza nel d.lgs. n. 626/1994, secondo cui l’esternalizzazione del servizio era considerata un’eventualità residuale rispetto alla predisposizione del servizio “domestico” [10]. Alla luce di questa fondamentale modifica, quindi, si può affermare che il sistema sotteso al t.u. – il cui merito principale è aver spostato l’attenzione dell’ordi­namento sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali anziché sul risarcimento dei danni già prodotti in capo al lavoratore – punti alla competenza delle risorse coinvolte più che alla mera internalizzazione dello stesso servizio, fermo restando che, come si dirà infra, in alcuni casi il legislatore ha previsto la sua necessaria organizzazione all’interno dell’azienda. Quello che, però, emerge in linea generale, anche con riferimento ad altri aspetti della vigente disciplina (a partire dal suo campo di applicazione soggettivo [11]), è che – attraverso la possibilità di organizzare il servizio [continua ..]


3. La decisione della Corte

È in questo quadro regolativo che si colloca la decisione della Corte dei conti lucana, che ha confermato – salva, come anticipato, la sensibile riduzione dell’entità del danno – l’assunto accusatorio, secondo cui al netto delle criticità del DVR predisposto dal Servizio interno e per cui è in atti la mancata valutazione dei rischi per i presidi ospedalieri accorpati all’azienda sanitaria «“in ogni caso quella esternalizzazione non era consentita” (p. 22 della citazione) perché in violazione di legge». Secondo la magistratura contabile, quindi, al netto delle criticità del precedente SSP, l’affidamento esterno – «per come realizzato» – non sarebbe stato legittimo. La Corte si è espressa rispetto a due differenti interpretazioni della condotta amministrativa tenuta nel caso di specie. Per l’organo inquirente, infatti, essa integrava un’ipotesi di esternalizzazione “totale” del servizio, i cui compiti erano stati affidati al RTI convenzionato Consip in violazione delle previsioni del t.u., secondo cui nelle strutture di ricovero e cura con oltre 50 lavoratori l’istituzione del SPP all’interno dell’azienda è obbligatoria [25]. I convenuti, al contrario, sostenevano la perfetta liceità della scelta alla luce delle molteplici lacune riscontrate nell’ambito del precedente SPP interno (nonché della impraticabilità di ogni eventuale implementazione di quest’ultimo per via della carenza di risorse umane disponibili), richiamando in proposito quanto previsto dal t.u., secondo cui, come già ricordato, anche nelle ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro possa avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio [26]. Nell’avallare il teorema accusatorio della Procura, la Corte ha ritenuto di dover richiamare la circostanza, sostenuta dagli stessi convenuti, che nell’Unità Operativa Complessa “Gestione Tecnico Patrimoniale” vi fossero alcuni lavoratori in possesso dell’attestato di formazione richiesto per svolgere la funzione di ASPP. Da qui l’affermazione che vi fosse «l’evidenza della disponibilità per il SSP di un certo [continua ..]


4. Le criticità della pronuncia

In via preliminare, si ritiene che la Procura, prima, e la Corte, poi, abbiano commesso un errore nell’opera di sussunzione dei fatti concretamente accaduti nelle fattispecie astratte previste nel t.u., forse anche per effetto della genericità con la quale da più parti – anche dalle convenute – si è utilizzata l’espressione fuorviante “esternalizzazione del servizio”. Nel caso di specie sicuramente si è in presenza di un’esternalizzazione, ma non già dell’intero SPP, bensì solo di alcune delle attività rientranti nella sfera datoriale, ovvero quelle prodromiche e connesse alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI). Nessun riferimento, invece, è possibile rinvenire alla individuazione dei componenti del SPP (addetti e responsabile), per i quali, infatti, nella documentazione relativa alla convenzione Consip non è stato chiesto alcunché al soggetto esterno e, di riflesso, non è stato previsto alcun compenso. All’esito della ricostruzione dei fatti e degli atti posti in essere nella vicenda, non è confutabile che il SPP – che, si ribadisce, essere l’«insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori» [27] – messo a punto dal DG debba considerarsi “interno”. L’affidamento di specifici servizi all’esterno, invece, integra una possibilità che lo stesso legislatore attribuisce al datore di lavoro, anche quando – come nel caso di specie – esso sia tenuto a organizzare il servizio in house. Con riferimento alla nozione di “costituzione del SPP”, poi, è importante richiamare quanto affermato dalla Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro costituita presso il Ministero del lavoro ai sensi dell’art. 12, t.u. [28]. Nella seduta del 15 dicembre 2022, infatti, essa, nel rispondere a un quesito posto sulla possibilità per il datore di lavoro di nominare più RSPP, ha affermato, tra l’altro, che «il Servizio di prevenzione e protezione si intenda costituito quando sono stati nominati il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi [continua ..]


5. Dal caso di specie ai principi generali (e ritorno): alcune considerazioni conclusive

Alla luce dei rilievi effettuati sul percorso logico-giuridico seguito dalla Corte, pur nell’economia della riflessione, è opportuno svolgere alcune brevi considerazioni di carattere generale che, come si vedrà, rivestono importanza anche sulla sentenza in commento. L’impressione d’insieme che si trae dalla lettura del provvedimento, al di là delle specifiche criticità evidenziate, è che la Corte non abbia tenuto in debita considerazione il quadro complessivo in materia di salute e sicurezza, come affermatosi nel nostro ordinamento, anche per effetto della disciplina euro-unitaria. Forse per via del tipo di giudizio, volto all’accertamento della responsabilità erariale (che in tempi di spending review assurge a grimaldello nella lotta agli “sprechi” della PA), il giudice non ha considerato sino in fondo che le disposizioni rispetto alle quali si è trovato a decidere il caso devono essere collocate in un’arti­colata trama normativa volta a dare attuazione al contenuto del dovere di sicurezza in relazione al principio di “massima sicurezza tecnologicamente fattibile”, che grava innanzitutto sul datore di lavoro, ma anche sui suoi collaboratori, fondamentali per la realizzazione di un ambiente di lavoro sicuro. Com’è noto, tale principio era stato già introdotto – in modo innovativo, considerando la data di emanazione del codice civile – già dall’art. 2087 c.c., secondo cui «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Il contenuto del citato principio è in continuo divenire e impone al datore di lavoro, privato e pubblico, nonché ai differenti destinatari della disposizione, di adottare tutte le misure necessarie che il progredire delle conoscenze tecnico-scien­tifiche e dell’esperienza consentono di individuare in ciascun àmbito lavorativo [35], senza poter mai subordinare l’adozione di tali misure a calcoli di convenienza economica, proprio perché l’integrità psico-fisica dei lavoratori è stata ed è ritenuta valore fondamentale e prioritario per garantire [continua ..]


NOTE