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L'assegnazione a mansioni superiori non può giustificare una diligenza inferiore a quella ordinaria
Pierluca Baldassarre Pasqualicchio, Dottorando in Lavoro, sviluppo e innovazione nell'università di Modena e Reggio Emilia - Fondazione “Marco Biagi”
La nota analizza il tema del grave inadempimento quale causa di licenziamento disciplinare focalizzando l'attenzione sul concetto di diligenza esigibile del prestatore di lavoro. Inoltre, affronta la questione del codice di comportamento dei dipendenti pubblici nell'ambito della gerarchia delle fonti.
This note analyzes the matter of the serious breach of contract as a cause of a disciplinary dismissal, focusing the attention on the concept of diligence due by the employee. In addition, it addresses the issue of the code of conduct for civil servants within the hierarchy of sources.
MASSIMA: Lo svolgimento di fatto di mansioni superiori rispetto alla qualifica di inquadramento non giustifica, di per sé, una diligenza inferiore a quella ordinaria, poiché il giudizio sulla diligenza esigibile nel rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione deve tener conto dell’insieme di circostanze del fatto concreto, tra cui la complessiva esperienza maturata dal lavoratore, la formazione ricevuta ed i motivi che hanno determinato l’assegnazione delle mansioni superiori. PROVVEDIMENTO: FATTI DI CAUSA 1. Con sentenza del 16 giugno 2020 la Corte di Appello di Roma, giudice del reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 58 e ss., confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che, al pari del giudice della prima fase, aveva respinto la impugnazione proposta da P.L. avverso il licenziamento disciplinare comunicatogli dall’INPS in data 16 novembre 2017, per plurime irregolarità nella gestione delle pratiche di rilascio del [continua ..]
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Sommario:
1. Premessa: fatti di causa - 2. Il licenziamento disciplinare - 3. La nozione di equivalenza delle mansioni nel rapporto di lavoro privato e pubblico - 4. Inadempimento e diligenza esigibile - 5. Il codice di comportamento - NOTE
1. Premessa: fatti di causa
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha deciso la controversia avente ad oggetto il licenziamento disciplinare di un dipendente dell’Inps al quale erano stati contestati vari episodi, ripetuti nel tempo, di gravissime irregolarità commesse nell’istruzione di diverse pratiche relative all’indennità Naspi, poi liquidata, senza il necessario controllo, a favore di lavoratori risultati non esistenti a seguito di successivi accertamenti, e nella gestione delle pratiche di rilascio del pin. I fatti oggetto delle specifiche contestazioni disciplinari sono ben rappresentati nella premessa descrittiva della decisione in commento, alla quale si fa rinvio. In questa sede occorre precisare che la Corte di Appello di Roma riteneva che le irregolarità accertate integrassero una gravissima ed inescusabile negligenza: in particolare, la predetta Corte territoriale affermava che tali violazioni configurassero illeciti disciplinari di eccezionale [continua ..]
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2. Il licenziamento disciplinare
La decisione rileva in particolare per quanto concerne il licenziamento disciplinare. La nozione di quest’ultimo si rinviene nella legge e segnatamente nell’art. 1 l. n. 604/1966, che definisce il licenziamento individuale per giusta causa rinviando, per la relativa nozione, all’art. 2119 c.c. o per giustificato motivo, derivante da condotta che discenda da “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti l’attività produttiva all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (art. 3, l. n. 604/1966). Il licenziamento disciplinare inerisce alla modalità con cui il lavoratore ha reso la sua prestazione dovuta, così escludendo tutte le circostanze oggettive che inducono al licenziamento come ad esempio l’inabilità sopravvenuta, il ritiro di abilitazioni o permessi necessari allo svolgimento dell’attività lavorativa. Pertanto [continua ..]
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3. La nozione di equivalenza delle mansioni nel rapporto di lavoro privato e pubblico
La decisione in commento prende posizione anche sul motivo di ricorso relativo al tema dello svolgimento di fatto da parte del prestatore di lavoro di mansioni superiori riconducibili ai profili impiegatizi dell’area B o, in subordine, dell’area C, nella parte in cui assume che la diligenza esigibile avrebbe dovuto essere rapportata al suo grado di preparazione e cultura; il lavoratore così allega la violazione di norme contrattuali del Codice di comportamento dei dipendenti delle P.A., di cui al d.P.R. n. 62/2013 e di quello dell’INPS nell’avergli attribuito la responsabilità della corretta istruttoria e liquidazione delle pratiche Naspi; denuncia inoltre la mancata considerazione dell’inesistenza di formazione specifica nonché l’assenza di controllo da parte del responsabile di servizio. Si osserva che secondo il principio di contrattualità delle mansioni il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali [continua ..]
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4. Inadempimento e diligenza esigibile
A questo punto, occorre chiarire il contenuto della diligenza esigibile dal prestatore di lavoro nell’esecuzione della prestazione. In termini generali, il lavoratore, come ogni altro debitore, è inadempiente se non esegue la prestazione dovuta ovvero se non la esegue esattamente nei modi, nel tempo e nel luogo che gli sono stati prescritti. Più difficile è stabilire quando il lavoratore sia da considerare responsabile per un determinato inadempimento: secondo una prima opinione, l’imputabilità o meno della causa dell’inadempimento dovrebbe essere valutata in rapporto alla diligenza richiesta al debitore. Pertanto, bisognerebbe leggere l’art. 1218 c.c. in stretta correlazione con l’art. 2104 c.c. e desumerne che, qualora non sia possibile muovere al lavoratore alcun rimprovero circa la diligenza con cui ha eseguito la prestazione e nondimeno sia seguito un inadempimento totale o parziale, quest’ultimo è da [continua ..]
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5. Il codice di comportamento
Infine, con la quarta contestazione «il ricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 55 e 55 bis d.lgs. n. 165/2001, dei CC.NN.LL. del comparto ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI vigenti ratione temporis e del regolamento di disciplina dell’Inps». Si osserva che la Suprema Corte ha richiamato specificamente, nel punto 13 della motivazione relativo alla terza censura, i cc.nn.ll. del 1998/2001, 2002/2005, 2006/2009, nonché il Codice di comportamento dei dipendenti dell’Inps, individuato dalla Determinazione n. 181/2014. In questo motivo di impugnazione si fa riferimento anche all’art. 54, d.lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, al d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, e alla l. n. 241 del 7 agosto 1990. Merita una breve riflessione l’art. 54, d.lgs. n. 165/2001, come sostituito dall’art. 1, c. 44, l. 6 novembre 2012, n. 190, che ha introdotto un Codice di comportamento dei dipendenti pubblici [16], al fine di assicurare la [continua ..]
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NOTE