Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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La difesa del dipendente ad opera dell'avvocatura dello Stato: profili sostanziali, procedimentali e giurisdizionali (di Giovanni Barresi, Dottorando di ricerca in Diritto del lavoro nell’Università di Enna “Ko-re”)


Il presente contributo analizza l’istituto dell’assegnazione della difesa degli Avvocati dello Stato al dipendente statale (e di enti equiparati allo Stato ai fini del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato). Segnatamente, l’elaborato esamina gli attuali problemi applicativi della risalente disposizione art. 44, r.d. n. 1611/1933 nell’attuale ordinamento, prospettando approcci interpretativi sistematicamente coerenti, nonché percorsi di ristrutturazione normativa.

The present contribution analyzes the juridical institution of the assignation of State Lawyers defense to State employees and entities equated to State for the purpose of State attorney legal aid. In particular this paper shall examine the actual application problems in the current order of a provision which dates back to 1933, notably the Royal Decree n. 1611, art. 44, suggesting sistematically consistent interpretative approaches and possible regulatory renovations.

Keyword: State employee defense – State Lawyers – Art. 44, R.D. n° 1661/1933 – State general attorney.

SOMMARIO:

1. Profili introduttivi - 2. Ricostruzione storica e sistematica della disposizione - 3. Ricostruzione dogmatica ed esegesi normativa di un rapporto amministrativo complesso - 4. Difendere il dipendente per difendere l’Amministrazione: tra responsabilità della P.A. e diritto di difesa del dipendente - 5. I segni del tempo sull’assetto normativo dell’art. 44 del d.lgs. n. 1611/ 1933 - 6. Prospettive di riforma - 7. Il ruolo della giurisprudenza. Problematiche di diritto vivente - 8. Valutazioni conclusive - NOTE


1. Profili introduttivi

L’art. 44 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, intitolato “Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato” consente l’assunzione, ad opera dell’Avvocatura dello Stato, della difesa in sede penale e civile dei dipendenti statali, nonché dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni autorizzate alla difesa erariale [1]. La disposizione prevede che l’assegnazione del patrocinio erariale al dipendente, parte in un processo per condotte poste in essere nell’esercizio delle funzioni, è disposta con provvedimento dell’Avvocato Generale dello Stato, su richiesta della P.A. interessata e, secondo una lettura integrativa necessitata della normativa in commento (di cui dirà oltre), dello stesso dipendente sub iudice. Il dato positivo di cui sopra disciplina, con tecnica redazionale asciutta e diretta, un procedimento ed un provvedimento amministrativo previsti normativamente da quasi nove decenni, ma inesplorati dalla dottrina corrente, sebbene nell’attuale congiuntura ordinamentale tale costrutto normativo appaia portatore di rilevanti problematiche storico-sistematiche. In vero, con il minimale disposto normativo in parola il legislatore del 1933 ha fondato un rapporto amministrativo in cui si stagliano, agli occhi dell’interprete contemporaneo, plurimi problemi ricostruttivi circa questioni di carattere generale, quali il diritto alla difesa del dipendente, la figura di Autorità amministrativa dell’Avvocato Generale dello Stato, il rapporto tra politica ed amministrazione e le tutele procedimentali e processuali, poste a garanzia del dipendente e della P.A. interessata. Si tratta, invero, di problematiche ad oggi interessate da una complessità strutturale derivante da assetti normativi di rango apicale ed elaborazioni interpretative che hanno apportato, negli ultimi lustri, rilevanti innovazioni alle categorie ordinanti del sistema. Come si preciserà oltre, a dispetto di tali sopravvenute frizioni ordinamentali dell’istituto, il meccanismo della difesa erariale del dipendente pubblico, varata in un’epoca risalente e distante dai suddetti rivolgimenti, non è stato oggetto di alcuna riforma legislativa né di elaborazioni ermeneutiche a carattere evolutivo ad opera di dottrina e giurisprudenza. Se [continua ..]


2. Ricostruzione storica e sistematica della disposizione

La previsione legislativa, scarna ma dalle rilevanti implicazioni predette, dell’art. 44 del r.d. n. 1611/1933, merita un inquadramento storico-sistematico al­l’interno dell’atto legislativo e, in generale, nella stagione normativa in cui si inserisce. Il legislatore del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 ha realizzato un’opera di ingegneria legislativa protesa a compattare organicamente e coordinare le magmatiche fonti normative che nei primi decenni del XX secolo avevano modificato profondamente (dall’introduzione del concorso pubblico per l’ingresso nei ruoli, all’introduzione di regole processuali speciali sul foro erariale, fino ad un primo nucleo di tutela processuale agli agenti statali) l’assetto dell’“Avvocatura erariale”, originaria nomenclatura della struttura che attestava ex lege la funzione di difesa dell’Amministra­zione operante iure privatorum, rimanendo essa immune dallo scrutinio giudiziario rispetto all’esplicazione di poteri autoritativi. Nell’ambito del citato “riordino” di inizio XX secolo, il legislatore ha ampliato in modo determinante le funzioni del­l’Avvocatura, segnando così il perimetro dell’attività di difesa e tutela stragiudiziale dell’Amministrazione statale a carattere generale e totale, tanto che operasse con poteri privatistici, quanto d’autorità. Peraltro, questa nuova “missione” è il precipitato sostanziale sotteso alla denominazione, fornita dal regio decreto in commento, di “Avvocatura dello Stato” [5]. Inoltre, il regio decreto de quo, condensando e completando la suddetta stagione di riforme legislative, ha determinato un incremento quantitativo dell’ambito materiale di competenza di un corpo di “legali di Stato”, quale conseguenza dell’ampliamento delle competenze statuali in ambito socio-eco­nomico [6]. L’assetto del r.d. n. 1611/1933, ad oggi ancora disciplina portante dell’attività istituzionale dell’Avvocatura, così come integrata dalla l. n. 103/1979, delinea altresì un corpo amministrativo di professionisti legali, autonomo nelle ponderazioni tecniche ma finalisticamente vincolato alla contingente declinazione dell’interesse pubblico. In specie, questo equilibrio è sotteso alla natura del servizio di Avvocati e Procuratori, operativamente [continua ..]


3. Ricostruzione dogmatica ed esegesi normativa di un rapporto amministrativo complesso

L’assunzione della difesa del dipendente statale (o di altra amministrazione ammessa alla difesa erariale) da parte dell’Avvocatura dello Stato si atteggia, sotto il profilo dogmatico, trasversalmente su molteplici livelli ordinamentali. Segnatamente, deve essere preliminarmente precisato che il costrutto normativo in esame esorbita dalla disciplina “interna” del rapporto di lavoro tra P.A. e lavoratore, collocandosi, dal punto di vista effettuale, nell’ambito di una vicenda amministrativa “esterna”, in cui l’Avvocato Generale decide, con provvedimento, di tutelare l’Amministrazione attraverso la difesa del dipendente, parte in un processo per condotte attinenti al servizio. Infatti, in questo quadro, la concessione della difesa di Stato non costituisce certamente un atto del datore di lavoro pubblico, bensì un puro esercizio di potere amministrativo da parte di un’Autorità amministrativa che non opera quale parte datoriale, da cui deriva, secondo questo elaborato, indiscutibilmente la competenza del giudice amministrativo. Tuttavia, essendo il rapporto di lavoro con lo Stato presupposto per il riconoscimento della suddetta tutela legale del dipendente, la norma di cui all’art. 44 del r.d. n. 1611/1933 è parte integrante del lato e generale compendio delle prerogative del pubblico impiego (naturalmente, con riferimento all’apparato dello Stato ed alle Amministrazioni interessate). In particolare, l’istituto ha portata generale e trasversale, essendo applicabile tanto al lavoratore pubblico contrattualizzato ai sensi del­l’art. 2, c. 3, del d.lgs. n. 165/2001, quanto a quello che permane in regime di diritto pubblico ex art. 3 del predetto testo unico sul pubblico impiego. Avendo specifico riguardo al rapporto di lavoro “privatizzato” presso la P.A. [16], la tutela legale offerta dall’Avvocato dello Stato indubbiamente rappresenta una prerogativa del funzionario di marcata natura pubblicistica. Tale prerogativa, pur esterna al rapporto di lavoro in senso proprio, trova nello stesso il presupposto applicativo. Pertanto, l’istituto in esame deve essere inteso quale elemento pubblicistico dello statuto del dipendente contrattualizzato presso la P.A., che è un mixtum di diritto privato temperato da disposti pubblicistici. A dispetto di quanto sottolineato, il disposto dell’art. 44 del r.d. n. 1611/1933 [continua ..]


4. Difendere il dipendente per difendere l’Amministrazione: tra responsabilità della P.A. e diritto di difesa del dipendente

Dall’esegesi della disposizione di cui all’art. 44 del r.d. n. 1611/1933 sopra realizzata, emerge ictu oculi la ragione giustificatrice della concessione della difesa erariale al dipendente: la difesa degli interessi dell’Amministrazione interessata tramite la difesa del soggetto agente, previa valutazione della conformità all’intere-sse generale dei suddetti interessi. Il patrocinio erariale del dipendente sembrerebbe, dall’angolo visuale del presente contributo, prospettarsi tipologicamente in tre situazioni di fatto, che si possono ravvisare trasversalmente tanto nei processi civili quanto nei processi penali. Naturalmente, deve essere ribadito che condicio sine qua non per tutti i tre casi è l’avere ad oggetto condotte poste in essere dal funzionario nell’esercizio delle funzioni. In primis, la difesa erariale può ravvisarsi nell’intento di evitare il riconoscimento della responsabilità dell’Ente di rimando a quella del funzionario agente, in quanto questo è potenzialmente responsabile in solido con la struttura amministrativa. In tal caso, il legale di Stato opererebbe, nel ruolo di difensore del dipendente, propugnando l’insussistenza della responsabilità ex art. 2043 c.c. del funzionario convenuto in sede civile (e, quindi, sostanzialmente l’insussistenza della responsabilità civile dell’Amministrazione), ovvero, con riferimento ai procedimenti penali, portando innanzi al giudice una ricostruzione fattuale e normativa diversa da quella da cui deriverebbe il riconoscimento della responsabilità penale del dipendente e, dunque, ex art. 185 c.p., la solidale responsabilità civile di questo e l’Amministrazione. Trattasi delle due situazioni più ricorrenti statisticamente e, in virtù del tenore letterale della disposizione, palesemente tenute presenti dal legislatore in sede di apposizione della disposizione. Il secondo caso riguarda la tutela del funzionario, il quale è parte attrice in un processo civile per la responsabilità civile di terzi, ovvero parte civile in un processo penale. Nei descritti casi, il riconoscimento in capo al funzionario della condizione di soggetto danneggiato si estende potenzialmente all’Amministrazione interessata, operando il dipendente quale risorsa della struttura organizzativa. Infine, nonostante intuitivamente l’impatto interpretativo [continua ..]


5. I segni del tempo sull’assetto normativo dell’art. 44 del d.lgs. n. 1611/ 1933

Dopo aver condotto l’analisi ermeneutica della disposizione oggetto di questo elaborato ed aver dogmaticamente inquadrato l’istituto, è del caso trattare i problemi, già accennati nell’incipit del presente scritto, di compatibilità tra la fattispecie in commento e talune categorie del sistema contemporaneo. In generale, deve essere ribadito che il procedimento ed il potere amministrativo dell’Avvocato Generale sopra esaminati, previsti dal legislatore del Regno in modo smilzo, agile, ma netto, devono essere inquadrati teoricamente alla luce della moderna visione sostanzialistica e soggettivisticamente orientata, applicando conseguentemente le garanzie procedimentali previste dalla l. n. 241/1990 e quelle processuali disciplinare dal d.lgs. n. 104/2010 a tutela del dipendente istante e dei terzi. La riconduzione dell’istituto della difesa pubblica del dipendente statale ai moderni crismi generali del diritto amministrativo, in virtù dell’esplicazione di potere per la cura di finalità pubbliche (quindi, in conformità dell’art. 7 c.p.a.), costituisce difatti l’imprescindibile premessa per la non anacronistica operatività dell’istituto. Sennonché, tale operazione preliminare appare necessaria ma non ancora sufficiente, poiché la disciplina dell’art. 44 del testo unico in questione richiede un approccio finalizzato a vagliarne la compatibilità con taluni schemi parametrici del­l’ordinamento giuridico contemporaneo. Precisamente, per evitare l’obsolescenza dell’istituto sembra di capitale rilievo indagare la natura giuridica dell’atto di attribuzione della difesa di Stato del dipendente alla luce della moderna distinzione tra atto amministrativo tout court ed atto di alta amministrazione, previa lettura del ruolo dell’Avvocato Generale rispetto all’istituto in esame alla luce della “relazione complicata”, in uno di separazione (recte: distinzione [33]) tecnica e subordinazione teleologica, tra il vertice politico ed il sommo livello dirigenziale [34]. Ciò premesso, procedendo nell’analisi secondo lo schema logico-deduttivo, il vertice politico, la cui legittimazione si radica, più o meno direttamente, nel circuito rappresentativo e di controllo popolare, esprime il sommo potere di imprimere l’in­dirizzo assiologico (le insindacabili [continua ..]


6. Prospettive di riforma

Secondo il punto di vista di questo lavoro, la sopraggiunta inadeguatezza strutturale della vigente normativa necessita di essere fisiologicamente ricomposta con un intervento di riforma legislativa, essendo nel moderno Stato di diritto, la legge il formante preposto, alla stregua del principio di legalità, alla previsione di poteri provvedimentali nonché all’individuazione dell’organo competente all’emanazione degli stessi (naturalmente nel rispetto e, possibilmente, in esplicazione dei parametri normativi di rilevanza sovraordinata). Lungi dallo sconfinamento nella prateria della politica legislativa (che avviene allorquando ci si allontana dalle soluzioni di riforma “a rime”, più o meno, tecnicamente obbligate), in cui è più conveniente ed auspicato che “scorazzi” il cultore di altre branche delle scienze sociali, nonché il singolo consociato, uti civis, ai fini della cognizione democratica (dovendo mantenere il giurista un mero interesse alla contestualizzazione degli atti legislativi), nel presente contributo possono essere fissate due coordinate teorico-generali tecnicamente cardinali per legislatore dell’eventuale riforma protesa a valorizzare l’istituto della concessione del patrocinio erariale: l’indi­viduazione dell’organo di vertice al quale attribuire l’emanazione dell’atto (sostanzialmente di alta amministrazione) di ammissione alla difesa erariale, nonché l’esi­genza sistemica di ridefinizione del ruolo dell’Avvocato Generale, diverso da quello di autorità amministrativa decidente che gli è affidato dalla normativa vigente. Con riferimento al primo versante, dovendo individuare ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001 l’organo politicamente responsabile dell’Avvocatura dello Stato, ad un approccio istintivo al primo comma della disposizione in commento (che fa espresso riferimento, circa la legittimazione ad emanare atti di alta amministrazione, a “organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo”), vista la dimensione trasversale dell’Avvocatura dello Stato rispetto ai diversi dicasteri ed agli Enti Pubblici eventualmente patrocinabili ex art. 43 del r.d. n. 1611/1933, potrebbe reputarsi che il Consiglio dei Ministri sia il vertice politico-amministrativo competente a dettare la linea amministrativa [continua ..]


7. Il ruolo della giurisprudenza. Problematiche di diritto vivente

L’appena prospettata novella normativa della disposizione di cui all’art. 44 del r.d. n. 1611/1933, pur protesa a ristrutturare la fattispecie sia in termini costituzionalmente orientati che in conformità con le categorie concettuali dell’attuale del sistema amministrativo, sembra integrare condizione necessaria ma non sufficiente nell’ottica dell’adattamento ordinamentale dell’istituto in esame. Altresì, è del caso occupare la presente riflessione ricercando soluzioni interpretative sistematicamente orientate, stante la normativa in atto vigente. In vero, deve registrarsi l’impossibilità di risolvere ope legis talune problematiche (diverse da quelle sopra indicate nella prospettiva de lege ferenda) di fondo dell’isti­tuto, emergenti in concreto nella prassi rispetto all’effettiva tutela, di carattere procedimentale, ovvero processuale, degli interessi del dipendente e della P.A. interessata rispetto al potere decisorio in atto previsto in capo all’Avvocato Generale. Infatti, come propugnato nel secondo paragrafo di questo lavoro, pur necessariamente riconducendo, ermeneuticamente, la norma contenuta nella minimalista disposizione dell’art. 44 del r.d. n. 1611/1933 allo schema concettuale e normativo del moderno procedimento amministrativo, con conseguente applicazione delle guarentigie giuridiche, ad oggi disciplinate organicamente dalla l. n. 241/1990 (sotto il profilo procedimentale) e dal d.lgs. n. 104/2014 (dal punto di vista processuale), è innegabile che le suddette garanzie soffrono di una preoccupante ineffettività circa il momento applicativo dell’istituto in oggetto. In specie, la complessa valutazione procedimentale dell’Avvocato Generale, essendo riferita ad interessi emergenti da un procedimento giudiziario, deve essere compiuta in margini temporali assai ristretti, dettati dal procedimento giudiziario, attesa l’inderogabilità della calendarizzazione delle attività nel procedimento giudiziario in cui è parte il dipendente (che integra parametro esterno ed indisponibile per il procedimento amministrativo de quo), il quale (ed, eventualmente e di rimando, la P.A. interessata) deriverebbe irreparabile danno nel caso in cui il procedimento non venga definito nei suddetti margini temporali. Infatti, sia in caso di provvedimento di assegnazione, che di diniego (con conseguente necessità di [continua ..]


8. Valutazioni conclusive

In esito alle riflessioni compiute in questo contributo, emerge la complessità dell’istituto previsto dalla disposizione dell’art. 44 del r.d. n. 1611/1933. Questo lavoro costituisce una ricognizione sui problemi di ordine sistematico che questo risalente costrutto presenta nell’attuale congiuntura ordinamentale e, soprattutto, tenta di approntare delle soluzioni ai predetti problemi, spaziando dalle prospettive di riforma normativa alle proposte di moduli interpretativi. In vero, nello storico silenzio della dottrina e della giurisprudenza (datala casistica numericamente irrilevante), le problematiche sopra trattate, che ad oggi sono immaginabili come meri casi di scuola, potrebbero sorgere nella loro complessità nell’ambito di particolari relazioni tra un processo (in cui è parte il funzionario per fatti attinenti al servizio) e la cura degli interessi pubblici, affidata alle Amministrazioni, caso per caso, competenti e all’Avvocato Generale dello Stato. Insomma, questo elaborato deve essere inteso come un “coacervo” di stimoli rivolti, tanto de lege ferenda quanto sul livello delle possibili soluzioni pretorie, per fronteggiare l’eventuale concretizzazione del rischio di particolari situazioni, sostanziali, procedimentali e giudiziarie, che la capricciosità dei fatti della vita potrebbe far sorgere nel peculiare contesto di intersezione tra procedimenti giudiziari e potere amministrativo. Tale intersezione è, alla luce di quanto esaminato, sostanzialmente l’oggetto anche della disciplina “minima” del disposto dell’art. 44 del r.d. n. 1611/1933. Infine, dal punto di osservazione analitica adottato in questo scritto, emerge che con riferimento al patrocinio erariale a beneficio del dipendente, in via non inedita rispetto ad altri istituti vigenti, ma dotata di particolare rilevanza descrittiva, il ruolo della giurisprudenza di formante innovativo nella coeva congiuntura ordinamentale. Infatti, nell’ambito del quadro ricostruttivo presentato nella parte finale del presente contributo, l’attenta opera di ricostruzione ermeneutica evolutiva cui è chiamato il giudice appare necessaria al fine di ricondurre l’istituto in oggetto, normativamente asfittico, quantomeno alla tavola dei valori dell’incipiente costituzionalismo europeo. In tal modo, nel realizzare un’interpretazione sistematica e conforme ai suddetti [continua ..]


NOTE