Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Trent´anni di regolamentazione del diritto di sciopero in italia: la l. n. 146/1990 tra modello di gestione del conflitto collettivo e prospettive di riforma (di Marcello D’Aponte, Professore associato di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Napoli Federico II)


Muovendo dall’esperienza applicativa delle l. 12 giugno 1990, n. 146 a trent’anni dalla sua applicazione e delle sue integrazioni e modificazioni, occorre effettuare un’analisi e un bilancio, che l’A trae in senso positivo, del ruolo e della funzione assunta dalla Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge allo scopo di valutare, da un lato, se l’originale sistemazione della materia predisposta dal legislatore italiano possa costituire un modello di regolamentazione per il diritto di sciopero a livello europeo e, dall’altro, quali siano le prospettive evolutive del conflitto collettivo alla luce dell’esplosione del fenomeno del lavoro digitale e della necessità di regolare l’esercizio dei diritti sindacali dei lavoratori delle piattaforme.

Parole chiave: Conflitto collettivo – Sciopero – Servizi essenziali – Commissione di Garanzia – Lavoro digitale e diritti sindacali.

Starting from the implementation experience of l. 12.6.1990, no. 146 thirty years after its application and its additions and amendments, it is necessary to make an analysis and a balance, which the A draws in a positive sense, of the role and function assumed by the Commission to Guarantee the implementation of the law in order to assess, on the one hand, whether the original arrangement of the matter prepared by the Italian legislature can constitute a model of regulation for the right to strike at the European level and, on the other hand, what are the evolving prospects of collective conflict in light of the explosion of the phenomenon of digital work and the need to regulate the exercise of the trade union rights of platform workers.

Keywords: Collective conflict – Strike – Essential services – Guarantee Commission – Digital labor and union rights.

SOMMARIO:

1. L’originale esperienza della l. n. 146/1990 come modello di regolazione del conflitto. Il ruolo della Commissione di Garanzia dell’attua­zione della legge sullo sciopero e la funzione di supporto alle parti sociali nella gestione del conflitto sindacale - 2. La Commissione di Garanzia nel quadro delle autorità amministrative indipendenti: imparzialità, autonomia ed indipendenza - 3. Il riconoscimento della funzione della Commissione di Garanzia nella giurisprudenza della Corte costituzionale - 4. La determinazione delle regole del conflitto collettivo da parte della Commissione di Garanzia: la «proposta» nel testo originario della l. n. 146/1990 - 5. Il rafforzamento del ruolo della Commissione di Garanzia nell’in­terpretazione estensiva del suo ruolo da parte della giurisprudenza costituzionale e di legittimità. I limiti al potere sanzionatorio della Commissione come effetto del compromesso della l. n. 146/1990 - 6. Dalla produzione da parte della Commissione di delibere di «interpretazione creatrice» delle regole del conflitto al riconoscimento legislativo del suo rinnovato ruolo nella l. n. 83/2000, anche sotto l’aspetto sanzionatorio - 7. Evoluzione del conflitto, terziarizzazione e lavoro intelligente. Le nuove prospettive di regolazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, del ruolo e della funzione della Commissione di Garanzia - 8. La devoluzione della funzione di supporto al confronto sindacale alla Commissione di Garanzia in Italia, come modello di regolazione del conflitto anche a livello europeo - 9. Conclusioni. Quale spazio per una regolamentazione unitaria dello sciopero a livello europeo? - NOTE


1. L’originale esperienza della l. n. 146/1990 come modello di regolazione del conflitto. Il ruolo della Commissione di Garanzia dell’attua­zione della legge sullo sciopero e la funzione di supporto alle parti sociali nella gestione del conflitto sindacale

L’esperienza applicativa della l. n. 146/1990, dopo circa trent’anni dalla sua approvazione, dimostra come essa costituisca uno strumento assolutamente innovativo e dirompente di regolazione dello sciopero, che rappresenta una rilevante eccezione del sistema giuridico italiano, dove i modelli di confronto sociale nel­l’ambito del conflitto collettivo [1] appaiono particolarmente sviluppati nel quadro della crescente dialettica, storicamente esistente nel nostro modello di relazioni industriali, tra imprese e sindacati [2]. Per tali ragioni, una disposizione che, piuttosto che perseguire prioritariamente lo scopo del tendenziale arretramento della logica del conflitto attraverso più accentuate misure di dialogo sociale e dibattito, avesse imposto il rispetto di determinate regole, senza individuare meccanismi di sottoposizione degli equilibri alla verifica degli attori sociali, avrebbe avuto ben poche possibilità di successo, generando soltanto ulteriori tensioni ed impedendo di raggiungere quella sintesi che il legislatore, pur con difficoltà e assestamenti successivi, sembra aver in buona parte trovato con la l. n. 146 [3]. Sulla scorta infatti del dibattito politico-sindacale sviluppatosi all’indomani del­l’entrata in vigore della Costituzione, il legislatore è così riuscito, dopo numerosi tentativi, a realizzare, prima ancora che una regolamentazione dello sciopero, e limitatamente ad un settore a conflittualità particolarmente elevata, quello dei servizi pubblici essenziali, un sistema di governo del conflitto attraverso la predisposizione di un quadro di regole che realizza, di fatto, un compromesso tra fonti, in direzione del bilanciamento tra diritti costituzionali e ordinamento intersindacale [4]. La norma, com’è noto, prevede che, nell’ambito di un’indicazione esemplificativa di diritti della persona costituzionalmente garantiti e dei servizi considerati come essenziali allo scopo di garantire l’esercizio di quei diritti, siano le parti collettive, e non direttamente il legislatore, ad individuare le prestazioni indispensabili che devono essere erogate e garantire in caso di sciopero, attraverso appositi accordi [5] e, inoltre, individua meccanismi di procedimentalizzazione dello sciopero dalle procedure di raffreddamento alla previsione di un congruo preavviso nella proclamazione dello sciopero che [continua ..]


2. La Commissione di Garanzia nel quadro delle autorità amministrative indipendenti: imparzialità, autonomia ed indipendenza

La “crescente debolezza degli attuali poteri esecutivi che probabilmente diventerà sempre più incurabile” [16], cui si assiste ormai da alcuni anni, seppure con diverse caratteristiche e accentuazioni, in tutti i principali Paesi dell’UE e che solo parzialmente risulta al momento arginata dal recupero di intervento dell’azione degli Stati per effetto della pandemia mondiale degli anni 2019 e 2020 [17], in Italia ha comportato rilevanti trasformazioni nell’assetto ordinamentale della pubblica amministrazione. Tale processo si è manifestato, sul piano normativo, con il ricorso alla deregolazione e alla delegificazione [18], mentre, dal punto di vista organizzativo, con l’inarrestabile accentuazione dei processi di moltiplicazione e differenziazione dei centri di potere amministrativo, come dimostra fra l’altro anche l’esperienza della legislazione regionale, fonte di straordinaria attività interpretativa della giurisprudenza amministrativa e costituzionale. Quest’ultima, in una prima fase e in taluni ambiti più esposti anche ad un confronto sulle questioni oggetto di dibattito a livello europeo, ha comportato la devoluzione ad organismi ed autorità terze, rispetto al governo centrale di compiti e attribuzioni dei poteri pubblici, connotando con particolare evidenza la fase della c.d. postdemocrazia, attraverso l’inclinazione a favorire meccanismi di devoluzione di responsabilità dei soggetti pubblici di governo [19]. L’emersione nel sistema di autorità amministrative indipendenti, in grado di svolgere quelle funzioni di regolazione e governo di settori della vita sociale rispetto ai quali i pubblici poteri tradizionali hanno mostrato nel tempo sempre minori capacità di controllo, è il frutto di tali trasformazioni. Il loro crescente utilizzo, che si è tuttavia rivelato in alcuni casi insufficiente a fornire adeguate risposte alle istanze di cambiamento derivanti dall’impetuosa globalizzazione, che ha sottratto agli esecutivi nazionali il proprio tradizionale potere di intervento, deve certamente ascriversi, ad una ampia varietà di ragioni che risiedono anche nella pluralizzazione dei sistemi di organizzazione delle amministrazioni pubbliche e degli Stati. Se, infatti, il processo di adeguamento degli ordinamenti nazionali a quello comunitario, in Italia particolarmente evidente, [continua ..]


3. Il riconoscimento della funzione della Commissione di Garanzia nella giurisprudenza della Corte costituzionale

La profonda trasformazione dell’organizzazione amministrativa statale, peraltro in costante evoluzione, da ultimo anche per effetto della l. 7 agosto 2015, n. 124, contenente numerose deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, discende, come si è osservato, in primo luogo dall’incidenza dell’europeizzazione del mercato dell’economia e del sistema dei diritti sociali dei singoli Paesi membri. La necessità di introdurre criteri di efficienza e razionalità nella gestione delle risorse per il conseguimento dei primari obiettivi di contenimento della spesa pubblica, derivante dalla piena integrazione europea, ha comportato, innanzitutto, in una prima fase, un progressivo alleggerimento dell’intervento pubblico dei singoli Stati nell’economia a vantaggio delle decisioni assunte in questa prospettiva dalle istituzioni comunitarie, e che ha profondamente modificato i meccanismi di funzionamento dei sistemi di governo in Europa, tali da determinare una sensibile riduzione degli investimenti pubblici, frutto proprio della crisi di rappresentatività degli esecutivi nazionali. Dopo le recenti riforme in senso federalista dello Stato, ed in particolare la modifica del Titolo V della Carta, realizzata dalla discussa l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3 [27] con i successivi adeguamenti interpretativi intervenuti attraverso l’elaborazione concettuale della giurisprudenza costituzionale, sono poi sorti nuovi problemi: occorre verificare quindi quali relazioni intercorrano tra tale processo innovatore e l’estendersi del fenomeno delle autorità indipendenti. Fino ad alcuni addietro la distanza che separava le autorità indipendenti dalle regioni appariva infatti abissale, anche in relazione al limitato spazio di competenza legislativa previsto dalla Costituzione in favore degli organi di decentramento amministrativo. Con la trasformazione del ruolo delle regioni e l’accrescimento del potere legislativo in capo ad esse si è immediatamente posto il problema di come conciliare l’ampliamento delle competenze legislative riconosciuto alle regioni anche con la presenza di autorità indipendenti di carattere nazionale [28]. In particolare, il rischio maggiore da evitare è stato ed è tuttora quello di far rientrare per via regionale quei vincoli e quelle restrizioni nel tempo aboliti dalle leggi nazionali [continua ..]


4. La determinazione delle regole del conflitto collettivo da parte della Commissione di Garanzia: la «proposta» nel testo originario della l. n. 146/1990

Il testo originario dell’art. 12 della l. n. 146/1990, ha disegnato la Commissione di Garanzia, come un organismo dotato di funzioni per lo più complementari e di sostegno alle attività negoziali e non anche di quei poteri autonomi e diretti di intervento con finalità risolutiva dei conflitti collettivi, paragonabili, come si è visto ad altre autorità definibili come «amministrative indipendenti» [34], essendole attribuito infatti, genericamente, il ruolo di «valutare l’idoneità delle misure volte ad assicurare il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati...» [35]. Allo scopo di rafforzarne il ruolo, la stessa disposizione, al c. 2, ha quindi previsto le modalità di costituzione della Commissione, fissando un rigido sistema di incompatibilità applicabile a parlamentari, soggetti rivestenti cariche pubbliche elettive, titolari di ruoli istituzionali in partiti politici, organizzazioni sindacali dei lavoratori o datoriali ed ha infine escluso la possibilità che ne fossero nominati membri anche individui che con i predetti organismi ovvero con le amministrazioni o le imprese di erogazione dei servizi pubblici, fossero collegati mediante rapporti continuativi di collaborazione o consulenza. La legge ha altresì stabilito che i suoi componenti dovessero essere individuati tra esperti di diritto costituzionale, relazioni industriali o del lavoro e, come già accennato, scelti per effetto di una concertazione tra i Presidenti delle Camere e quindi nominati con decreto del Presidente della Repubblica, restando in carica per un triennio con possibilità di una sola conferma; inoltre, l’art. 12 ha poi riconosciuto la facoltà, in capo alla Commissione, di provvedere all’elezione del proprio presidente in maniera autonoma, tra i membri nominati; di avvalersi della consulenza di esperti di organizzazione dei servizi pubblici essenziali interessati dal conflitto, nonché di esperti che si siano particolarmente distinti nella tutela degli utenti. Le ha poi attribuito il compito di determinare autonomamente i criteri del proprio funzionamento e di acquisire, anche mediante audizioni, dati e informazioni dalle pubbliche amministrazioni, dalle organizzazioni sindacali e dalle imprese, nonché dalle associazioni degli utenti [continua ..]


5. Il rafforzamento del ruolo della Commissione di Garanzia nell’in­terpretazione estensiva del suo ruolo da parte della giurisprudenza costituzionale e di legittimità. I limiti al potere sanzionatorio della Commissione come effetto del compromesso della l. n. 146/1990

Tuttavia, rispetto al dato normativo si è progressivamente realizzato un considerevole rafforzamento del ruolo della Commissione di Garanzia, in ragione di una pluralità di fattori [41]. Da un lato, come si è ricordato in precedenza, per effetto di un numero crescente di decisioni, sia della giurisprudenza di legittimità che della Corte costituzionale, mano a mano che le questioni irrisolte ed i dubbi interpretativi sono andati crescendo e, dall’altro, in virtù del mutamento della fisionomia del conflitto, transitata in direzione di una varietà sempre più crescente di manifestazioni conflittuali caratterizzate da scioperi anomali e selvaggi in un numero progressivamente più esteso di settori (giustizia, energia, gas, acqua, igiene ambientale, trasporto aereo, ferroviario, marittimo, trasporto pubblico locale, pulizie e multiservizi, sanità e telecomunicazioni, per citare quelli più esposti, ma anche scuola e università, ministeri, regioni e autonomie locali), il che ha comportato la tendenza della Commissione stessa a ridefinire il proprio ruolo ben oltre gli spazi formalmente prestabiliti dal legislatore: si è così moltiplicata l’ado­zione di atti deliberativi di portata sempre più ampia che hanno finito con l’imporsi nel panorama regolativo come veri e propri atti a contenuto normativo, anche laddove non si trattasse di intervenire sugli scioperi in quanto tali, ma anche su altre forme conflittuali che potessero di fatto incidere sul corretto funzionamento dei servizi pubblici essenziali, come ad esempio a proposito della valutazione dei limiti all’esercizio del c.d. “diritto di assemblea”, avvenuta con delib. 6 aprile 2017, n. 17/108 [42]. In primo luogo, i numerosi interventi della giurisprudenza costituzionale a «sostegno», prima ancora che della legge stessa, alla procedimentalizzazione dei meccanismi concertativi in essa contenuti e alla funzione di garanzia della Commissione, da un parte, e quelli, più limitati ma non meno incisivi, della giurisprudenza di legittimità dall’altra: essi hanno difatti oggettivamente «sorretto» l’a­zione delle Commissione ad assumere un proprio ruolo attivo, di stimolo all’at­tività negoziale delle parti, favorendo il perseguimento dello scopo principale della l. n. 146, di regolazione legale della [continua ..]


6. Dalla produzione da parte della Commissione di delibere di «interpretazione creatrice» delle regole del conflitto al riconoscimento legislativo del suo rinnovato ruolo nella l. n. 83/2000, anche sotto l’aspetto sanzionatorio

Le difficoltà della Commissione di trovare autonoma collocazione e veder attribuita adeguata rilevanza giuridica ai propri atti nel sistema delle fonti dello sciopero nei servizi pubblici, unita alla necessità di individuare regole di più estesa efficacia in quei settori maggiormente travagliati dalla proclamazione di scioperi «selvaggi», hanno generato, nel corso del tempo, la produzione di una «giurisprudenza creatrice» [54] da parte dello stesso organismo di garanzia [55]. La Commissione si è così ritagliata un ruolo crescente nella individuazione delle regole del conflitto [56], con autonoma attribuzione di una funzione che il legislatore aveva inizialmente soltanto tratteggiato e che, con riferimento al valore e al significato della proposta, ha acquisito, con le innovazioni introdotte dall’art. della l. 11 aprile 2000, n. 83, funzione di regolamentazione provvisoria, dopo aver verificato con apposite audizioni da svolgersi nell’arco di 20 giorni l’indisponibilità a raggiungere l’accordo, imponendosi alle parti e diventando pertanto vincolante [57]. Così, alle delibere della Commissione che – principalmente nei settori a più elevato tasso di conflittualità ed in mancanza di accordi collettivi hanno operato e continuano costantemente ad operare un intervento di «supplenza» nella determinazione delle regole sugli scioperi [58] si sono successivamente affiancate ulteriori significative pronunce di sostegno a tale attività sia della giurisprudenza di merito che di legittimità, che hanno sostenuto sia la doverosità dell’esercizio del potere datoriale di determinazione delle prestazioni indispensabili in assenza degli accordi negoziali previsti dall’art. 2, c. 2 della l. n. 146/1990 ovvero nelle ipotesi in cui la Commissione li abbia valutati inidonei, sia l’illegittimità dell’ordinanza di precettazione emessa in assenza del previo invito alla Commissione di formulare una propria proposta sul merito del conflitto [59], l’attività della Commissione si è infatti progressivamente concentrata da un lato, in direzione della specificazione di un quadro di regole di settori particolarmente delicati, abbisognevoli di ulteriori specificazioni rispetto al ristretto dettato normativo, dall’altro verso l’implementazione di [continua ..]


7. Evoluzione del conflitto, terziarizzazione e lavoro intelligente. Le nuove prospettive di regolazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, del ruolo e della funzione della Commissione di Garanzia

L’evoluzione del conflitto attraverso il suo ampliamento in più estese direzioni e quella che assume gli aspetti di una configurazione sempre più dinamica della nozione di «servizio essenziale», difatti nel corso del tempo in parte raccolta anche dal legislatore, comportano in ogni caso un progressivo allargamento dell’area di applicazione della l. n. 146/1990 verso nuovi ambiti e settori che trent’anni fa non potevano essere presi in considerazione. Tra i numerosi, lo sviluppo della logistica e l’impetuoso sviluppo del settore del commercio a distanza, ma in generale la crescita del lavoro da remoto e l’incre­mento sempre più vasto dei sistemi di intelligenza artificiale che impattano sull’or­ganiz­zazione del lavoro e del fenomeno dei riders, comportano la necessità di una revisione delle regole, anche in considerazione delle difficoltà che tali fenomeni possono comportare sulla titolarità dello sciopero e le modalità concrete di attuazione [68]. A ciò si aggiungano le inevitabili trasformazioni che derivano dal modello sociale ed economico post-pandemia, che incidono in misura sensibile sulla tipologia del conflitto e le sue modalità di esercizio [69]. L’esperienza recente dimostra infatti, sotto tale profilo, non soltanto una ripresa delle agitazioni, dopo un periodo di relativa riduzione dovuto alla chiusura forzata di attività e persone durante la fase di massima criticità dell’emergenza sanitaria, ma anche la tendenza alla modificazione, già per la verità negli anni precedenti, della tipologia del conflitto: da una parte micro-conflittualità, che prendono il posto dei grandi scioperi di massa; dall’altro l’esplosione del fenomeno di piccoli sindacati, meno strutturati rispetto alle sigle tradizionali, che ricorrono allo sciopero allo scopo di incrementare la loro visibilità e rappresentanza, altrimenti sacrificate dal sistema. Rispetto a tali cambiamenti anche il ruolo della Commissione ha avuto un’ul­teriore evoluzione, con interventi mirati anche in direzione di frequenti inviti alle parti e, soprattutto alle aziende e alle amministrazioni erogatrici dei servizi a scongiurare blocchi totali allo scopo di evitare l’aggravamento della situazione emergenziale [70]. A fronte di ciò e della sempre più diffusa [continua ..]


8. La devoluzione della funzione di supporto al confronto sindacale alla Commissione di Garanzia in Italia, come modello di regolazione del conflitto anche a livello europeo

Dopo poco più di trent’anni dall’entrata in vigore della norma, è tuttavia il caso di accertare se il modello concertativo rappresentato dalla legge n. 146/90, nella risoluzione dei conflitti collettivi, possa assurgere a parametro di riferimento anche per altre esperienze giuridiche, quali ne siano in ogni caso i limiti e ove occorra indirizzante i necessari interventi rafforzativi che consentano di adeguare il modello di successo alle profonde trasformazioni della società e del mercato del lavoro, affinché quel meccanismo di regole così faticosamente predisposte, continui a rivelarsi complessivamente efficace, senza essere superato dalla realtà fattuale. Ciò, soprattutto nell’auspicata dimensione di una regolamentazione globale tra i Paesi dell’UE anche di diritti sociali fondamentali come il diritto di sciopero e gli altri diritti sindacali, ancorché i problemi che interessano le istituzioni comunitarie, alle prese con una crisi di rappresentatività ancor più grave di quella dei singoli Paesi che la compongono, lascino in questa prospettiva presagire periodi di gestazione ancora piuttosto lunghi tali da consentire la permanenza di un sistema di regolamentazione in larga prevalenza ancora attribuito agli ordinamenti nazionali. Numerosi Paesi europei hanno quindi nel tempo sperimentato forme di regolamentazione degli interessi di tipo diverso rispetto a quelle tradizionali: sebbene rispondano a logiche diverse tra loro si sono sviluppati sistemi di gestione alternativi, come quelli che hanno visto crescere la devoluzione di compiti e responsabilità ad autorità amministrative indipendenti ovvero il sistema della c.d. agenzie [74]. Orbene, così come pressoché concordemente individuate, tali innovazioni costituiscono indice della tendenza alla creazione di organismi strumentali all’esercizio delle funzioni amministrative, taluni dotati di potere normativo e talaltri sprovviste di tali prerogative. Se in numerosi casi tali autorità non hanno mostrato di essere in grado di conseguire gli obiettivi che il legislatore si era proposto con la loro istituzione, diversamente, l’esperienza della Commissione di Garanzia, che presenta alcuni tratti tipici delle autorità amministrative indipendenti ma che per altro verso tuttora difetta di altre caratteristiche presenti nella maggior parte di tali autorità, [continua ..]


9. Conclusioni. Quale spazio per una regolamentazione unitaria dello sciopero a livello europeo?

La particolare rilevanza che deve attribuirsi al contemperamento tra diversi di diritti costituzionali di pari rango, nella prospettiva della tutela degli utenti, fa dunque della Commissione di Garanzia, uno strumento di particolare importanza nel panorama normativo nazionale, tuttora ben distante dall’esperienza giuridica dei Paesi europei più avanzati [75]. In Europa, come è noto, in primo luogo manca una disciplina di regolamentazione dell’esercizio del diritto di sciopero che possa essere confrontata con quella italiana. I principali Paesi europei, difatti, anche quando nelle proprie leggi fondamentali riconoscono il diritto di sciopero, come nel caso della Francia o della Spagna, ovvero ancora come in Germania dove non vi è un vero e proprio riconoscimento del diritto di sciopero a livello costituzionale, rinviano a leggi ordinarie ma lasciano poi la regolazione specifica alla produzione giurisprudenziale. Invero, pur nelle descritte incertezze che meritano in ogni caso ulteriori aggiustamenti normativi, la soluzione italiana, che, prendendo le mosse dalla complessità del proprio sistema di relazioni sindacali particolarmente frammentato e dall’in­treccio di fonti che regola la materia, si preoccupa di garantire un meccanismo di ordinato ed equilibrato confronto tra le parti sociali attraverso la costruzione di un meccanismo delicato e fragile ma che al contempo si è rivelato piuttosto stabile, nella prospettiva di bilanciamento degli interessi [76]. In tal modo, nel quadro dei sistemi europei, sembra potersi ergere a modello di regolamentazione anche nella prospettiva della piena realizzazione di un nucleo più significativo di diritti sociali fondamentali dell’UE, anche in chiave ulteriormente evolutiva rispetto a quanto già stabilito dal Trattato di Lisbona, di cui il diritto di sciopero certamente costituisce uno degli aspetti più significativi, meritevole di una rinnovata attenzione anche in chiave di uniformizzazione della sua disciplina tra i singoli Paesi membri dell’Unione, che sia funzionale all’esigenza, ormai necessaria, di pieno superamento del divieto di fissazione di regole comuni tra i Paesi UE in materia di sciopero, attualmente previsto dall’art. 153.5 del TFUE, attraverso una diversa valutazione, anche in chiave dinamica del conflitto collettivo nella società, affinché si realizzi il superamento del [continua ..]


NOTE