<p>MORI</p>
Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Il comando del dipendente pubblico (di Anna Montanari, Ricercatrice di Diritto del lavoro e professoressa aggregata nell'Università degli Studi di Bologna)


Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione fornisce una prospettiva sugli istituti del comando e del distacco nel pubblico impiego e chiarisce che gli oneri economici che derivano dall’esecuzione del rapporto del dipendente comandato gravano sull’amministrazione di appartenenza, che è il soggetto passivamente legittimato nei giudizi concernenti tali oneri, anche se correlati allo svolgimento di mansioni superiori o a demansionamento. Nell’ipotesi di assegnazione temporanea di personale da amministrazione ad altra amministrazione o impresa privata di cui all’art. 23 bis, c. 7, d.lgs. n. 165/2001 ricorre poi una ulteriore ipotesi di comando “non tradizionale”.

The command of the public employee

With the order in question, the Supreme Court provides a perspective on the command and the secondment in public employment and clarifies that the economic burdens that derive from the execution of the relationship of the employee weigh on the administration to which he belongs, which is the passively legitimized subject in the judgments concerning such burdens, even if related to the shift towards an higher classification or a lower classification. In the case of temporary assignment of personnel from an administration to another administration or private company (art. 23 bis, p. 7 of the d.lgs. 165/2001), a further hypothesis of “non-traditional” command occurs.

MASSIMA(1): In tema di pubblico impiego contrattualizzato, ricorre l’istituto, di natura straordinaria, del comando quando il dipendente, titolare di un posto di ruolo presso una pubblica amministrazione, viene temporaneamente a prestare servizio presso differente amministrazione o diverso ente pubblico per esigenze esclusive delle organizzazioni di destinazione, determinandosi una dissociazione fra titolarità del rapporto d’ufficio, che resta immutata, ed esercizio dei poteri di gestione, cui consegue una modifica del c.d. “rapporto di servizio”, in quanto il dipendente è inserito, sia sotto il profilo organizzativo-funzionale sia sotto quello gerarchico e disciplinare, nell’amministrazione di destinazione, a favore della quale egli presta esclusivamente la sua opera. MASSIMA(2): In tema di pubblico impiego contrattualizzato, gli oneri economici per le prestazioni rese da personale comandato, fuori ruolo o in altra analoga posizione, ai sensi dell’art. 70, comma 12, del d.lgs. n. 165 del 2001, gravano sull’amministrazione di appartenenza, soggetto, quindi, passivamente legittimato nei relativi giudizi, anche se correlati allo svolgimento di mansioni superiori o ad ipotesi di demansionamento. MASSIMA(3): In tema di pubblico impiego contrattualizzato, qualora, come nel caso previsto dall’art. 23-bis, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del citato d.lgs., dispongano, per singoli progetti di loro interesse specifico e con il consenso dei propri dipendenti interessati, l’assegnazione temporanea presso altri enti pubblici o imprese private in base ad intese tra le parti, ricorre un’ipotesi di comando, caratterizzata, rispetto alla figura generale, dal fatto di essere finalizzata alla realizzazione, quantomeno, di un interesse della comandante. PROVVEDIMENTO: (Omissis) 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003. Egli evidenzia di essere stato formalmente dipendente di Enea e di avere reso la sua prestazione lavorativa presso S. Spa in virtù di un’intesa fra le due società del 13 maggio 2003. Tale intesa aveva disposto il suo collocamento alle dipendenze funzionali di Sogin Spa, così ponendo in essere un distacco del personale Enea presso S. Spa. La corte territoriale avrebbe allora errato nell’affermare che, nella specie, si sarebbe verificata un’ipotesi di comando. L’istituto del distacco era disciplinato dall’art. 30 d.lgs. n. 276 del 2003 e, in base a questa disposizione, il datore distaccante era il responsabile del trattamento economico e normativo del lavoratore distaccato, diversamente da quanto avveniva nell’eventualità del distacco. Peraltro, il più recente orientamento della S.C. era nel senso di ritenere che, qualora l’impiego del lavoratore presso altro datore di [continua..]
SOMMARIO:

1. La vicenda - 2. Il comando nel pubblico impiego privatizzato - 3. Segue: e l’istituto del distacco - 4. La distribuzione degli oneri economici nelle ipotesi di comando, ai sensi dell’art. 70, c. 12, d.lgs. n. 165/2001 - 5. Il comando dal pubblico al privato di cui all’art. 23-bis, c. 7, d.lgs. n. 165/2001 - NOTE


1. La vicenda

Nell’ordinanza in esame viene in rilievo l’istituto del comando nel pubblico impiego, un meccanismo in forza del quale un dipendente può essere temporaneamente chiamato a prestare la sua attività lavorativa presso una amministrazione o un ente diverso da quello ove risulta incardinato. Il caso specifico coinvolge un dipendente dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le Nuove tecnologie, l’Energia e lo sviluppo economico sostenibile, addetto a svolgere attività lavorativa con mansioni di collaboratore tecnico presso un sito nucleare, che veniva collocato in posizione di comando presso una società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, incaricata di gestire l’impianto presso cui operava il ricorrente. Tale assegnazione temporanea del lavoratore era avvenuta con provvedimento dell’Enea, che stabiliva che quest’ultima avrebbe continuato a corrispondere al lavoratore il trattamento economico fondamentale costituito dalle voci fisse, mentre gli oneri conseguenti sarebbero stati posti a carico della società, per il relativo rimborso alla medesima Enea. Il provvedimento rinveniva il proprio antecedente in un’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che aveva affidato alla società alcuni impianti di Enea e anche il personale in servizio; tale assetto era stata poi formalizzato attraverso una convenzione stipulata tra la società ed Enea. In seguito, il dipendente in comando, lamentando di essere stato dequalificato presso la società di destinazione, aveva convenuto in giudizio l’Enea, quale amministrazione di appartenenza, al fine di ottenere il risarcimento del danno da dequalificazione subito. In entrambi i gradi di giudizio, i giudicanti avevano escluso la legittimazione passiva dell’Agenzia, concordando nel qualificare la fattispecie di assegnazione temporanea alla società partecipata come un comando classico, nel quale è previsto che sia l’ente di destinazione a dover sopportare il carico di spesa connesso alla attività lavorativa svolta. La Suprema Corte non ha ritenuto condivisibile questa ricostruzione ed ha accolto la domanda del ricorrente, sviluppando un articolato iter logico che merita attenzione, poiché consente di fare chiarezza sulla distinzione, nell’ambito pubblico impiego privatizzato, tra gli istituti di mobilità temporanea, quali il comando e il [continua ..]


2. Il comando nel pubblico impiego privatizzato

La decisione offre il destro per svolgere alcune considerazioni sull’istituto del comando, la cui regolazione originaria è contenuta nell’art. 56 del Testo unico degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) [1], che descrive il fenomeno per cui un dipendente pubblico di ruolo può essere destinato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso enti pubblici che non siano quelli di appartenenza, per un tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza. Al comando “classico è dedicato anche l’art. 57, t.u. 1957, che detta disposizioni in materia di trattamento economico del personale comandato. Di preciso, la norma dispone che all’amministrazione di appartenenza va assegnata la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale (c. 2), mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale va a prestare servizio (c. 3). Il comando nasce come risposta alle rigidità della vecchia normativa amministrativa in materia di assunzioni, carriere e ruoli organici [2], ma nel tempo esso ha finito col prestarsi a soddisfare non solo le oggettive esigenze gestionali di una circolazione più efficiente e flessibile delle professionalità all’interno delle amministrazioni pubbliche, ma anche le aspirazioni dei lavoratori ad una adeguata mobilità professionale [3]. La sopra indicata disciplina pubblicistica ha regolato il comando anche successivamente agli interventi normativi di privatizzazione del pubblico impiego [4], che hanno profondamente rivisitato la materia della mobilità esterna nelle pubbliche amministrazioni, senza tuttavia dedicare una attenzione specifica all’istituto in esame [5], che è rimasto fuori dal processo di ri-legificazione [6]. L’assegnazione temporanea di un dipendente tramite comando, invece, è stata oggetto di regolamentazione da parte della contrattazione collettiva [7]. Ne consegue che, secondo il meccanismo della «disapplicazione» della vecchia normativa del settore pubblico da parte dei contratti collettivi (oggi confluito nell’art. 69, c. 1, d.lgs. n. 165/2001), la disciplina pregressa del d.P.R. n. 3/1957 avrebbe carattere residuale, risultando in [continua ..]


3. Segue: e l’istituto del distacco

La mobilità temporanea del dipendente pubblico viene realizzata anche attraverso il distacco. Al contrario del comando, tale istituto risulta privo di disciplina normativa, essendosi sviluppato informalmente nella prassi e nella giurisprudenza amministrativa. Come è noto, non è agevole distinguere fra comando e distacco, considerato che spesso i termini vengono utilizzati come sinonimi di uno stesso istituto [16]. La dottrina si è affannata per darne una configurazione attendibile. Sul punto, vi è chi ritiene che il tratto di differenza tra comando e distacco sia la diversa natura del soggetto ospitante [17]; taluno lo individua nella mancanza di disciplina giuridica del secondo rispetto al primo [18]; qualcuno afferma altresì che si potrebbe considerare l’intensità e la rilevanza dell’interesse diretto del soggetto che ha disposto il provvedimento [19]. Si tenta un’opera di chiarificazione sui confini definitori dei due istituti anche nell’ordinanza in commento. Così il giudice di legittimità tiene a precisare che nel distacco (o, più precisamente, nel c.d. “distacco di diritto pubblico”), non vi è l’assegnazione del dipendente ad altra amministrazione ma, temporaneamente, ad un ufficio diverso da quello nel quale è formalmente incardinato, che è comunque interno alla amministrazione di appartenenza, per soddisfare le esigenze di quest’ul­tima. Quindi il “distacco pubblico” si risolverebbe in una soluzione organizzativa che determina uno spostamento temporaneo del lavoratore, all’interno della stessa p.a. Il “distacco di diritto pubblico” non va confuso con il “distacco privatistico”, disciplinato dall’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003, che è uno strumento che consente la mobilità temporanea del lavoratore subordinato da un datore di lavoro ad un altro e i cui tratti essenziali sono stati mutuati dalla disciplina pubblicistica del comando, ma che vanta caratteristiche peculiari rispetto a quelle tracciate dal d.P.R. n. 3/1957. Il distacco ex art. 30 si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa [20]. Nel distacco di natura privatistica, pertanto, [continua ..]


4. La distribuzione degli oneri economici nelle ipotesi di comando, ai sensi dell’art. 70, c. 12, d.lgs. n. 165/2001

Giunti a questo punto, la Suprema Corte prosegue il suo ragionamento osservando che le incertezze derivanti dalla non facile distinzione tra gli istituti del comando e del distacco possono essere superate prendendo atto che il legislatore si è mosso verso l’assoggettamento ad una disciplina uniforme del fenomeno delle assegnazioni temporanee, così da evitare, almeno in ambito pubblico, significative differenze di trattamento per il solo fatto che un lavoratore è coinvolto in un comando o in una situazione diversa. Questa visione trova conferma nella previsione di cui all’art. 70, c. 12, d.lgs. n. 165/2001, che detta le regole in merito alla distribuzione del carico di spesa del personale pubblico tra le amministrazioni coinvolte in casi di spostamenti temporanei. In particolare la norma stabilisce che «in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare l’utilizzazione del proprio personale da parte di altre pubbliche amministrazioni, attraverso comando, fuori ruolo o in altre posizioni analoghe, l’amministrazione che utilizza il personale rimborsa all’amministrazione di appartenenza l’onere relativo al trattamento fondamentale». Ne consegue che l’onere del trattamento economico fondamentale rimane a carico dell’Amministra­zione di appartenenza, con la previsione di rimborso da parte dell’amministrazione utilizzatrice. Come già rilevato in passato, la suddetta ripartizione delle spese tra l’ammi­nistrazione titolare del rapporto di lavoro e quella che fruisce della prestazione risponde alla condivisibile ratio di tutelare le strutture dotate di autonomia finanziaria che non sono costrette a sopportare per intero gli oneri economici del personale in comando, dal momento che il trattamento retributivo principale viene rimborsato dall’amministrazione di destinazione [25]. Si può affermare, pertanto, che con l’art. 70, c. 12, si è superata la disciplina del Testo unico del 1957 che in tema di trattamento retributivo del personale comandato e carico della relativa spesa operava una netta distinzione in base alla natura del­l’Amministrazione datrice di lavoro. L’art. 57, c. 2, infatti, poneva l’obbligazione retributiva a carico [continua ..]


5. Il comando dal pubblico al privato di cui all’art. 23-bis, c. 7, d.lgs. n. 165/2001

Degna di nota, infine, è l’ultima parte del percorso argomentativo approfondito dalla Corte, laddove ammette che «la gamma di vicende nelle quali può esservi un comando od altra situazione di applicazione presso enti diversi dalla p.a. di appartenenza è ben più ampia», rispetto alle situazioni di comando classico di diritto pubblico. In effetti, per i giudici, consiste sempre in un “comando” l’assegnazione temporanea del dipendente pubblico contemplata dall’art. 30, c. 2-sexies, d.lgs. n. 165/2001 (v. supra), e anche quella regolata dall’art. 23-bis, c. 7, dello stesso decreto. Questa disposizione delinea una interessante fattispecie di interazione tra settore pubblico e settore privato poiché consente alle amministrazioni pubbliche, sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, di disporre l’assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private, limitatamente a singoli progetti di interesse specifico dell’amministrazione e con il consenso dell’interessato [27]. Questa ipotesi di mobilità temporanea, dunque, è un comando [28] – considerato che il lavoratore viene fatto traslare da una amministrazione ad un’altra, quando non verso un soggetto privato – che si differenzia dall’istituto del comando “classico” per la necessaria previsione di appositi protocolli di intesa tra le parti (pubbliche amministrazioni coinvolte oppure p.a. e impresa privata) e la presenza di progetti di interesse specifico dell’amministrazione. Nel comma 7 della citata norma è altresì stabilito che l’onere del trattamento economico relativo al dipendente venga posto a carico del destinatario, anche nel caso di assegnazione temporanea ad imprese private; tuttavia, qui i giudici di legittimità adottano un approccio di valorizzazione dell’interesse della amministrazione di appartenenza. Nel dettaglio, essi affermano che la necessità dell’intesa e, soprattutto, del correlato progetto di interesse specifico dell’amministrazione, provano che nella situazione regolata dall’art. 23-bis, c. 7, «il comando è sempre finalizzato a realizzare un interesse della p.a.», e se il comandatario è un’impresa privata, l’interesse rilevante sarà sempre quello (pubblico) della [continua ..]


NOTE