Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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La libertà di pensiero tra riconoscimento costituzionale e limiti impliciti ed espliciti: i limiti normativi e giurisprudenziali per giornalisti, dipendenti pubblici e privati nei social media* (di Vito Tenore - Magistrato della Corte dei Conti)


SOMMARIO:

1. Le esternazioni tramite i socialmedia - 2. Libertà di pensiero nella Costituzione e limiti all'attività giornalistica - 3. Libertà di pensiero ed esternazioni disciplinarmente rilevanti di dipendenti privati - 4. Libertà di pensiero ed esternazioni disciplinarmente rilevanti di dipendenti pubblici privatizzati e non privatizzati (Militari e Forze di Polizia) - 5. Le esternazioni telematiche dei Magistrati e i risvolti disciplinari - 6. Conclusioni - NOTE


1. Le esternazioni tramite i socialmedia

Tra i più rilevanti riflessi dell’epoca telematica che stiamo vivendo va annoverata la assoluta e generalizzata libertà di pensiero, manifestabile attraverso social media che si affiancano, e quasi assorbono, i tradizionali strumenti di comunicazione cartacei, radiofonici e televisivi, aperti parimenti a tutti dopo il proliferare di radio e tv “libere” [1]. Con il termine social media si indicano tecnologie e pratiche in Rete che le persone adottano per condividere contenuti testuali, immagini, audio e video; con essi cambia radicalmente il modello di comunicazione tipico dei media tradizionali (radio, stampa, televisione): il messaggio non è più del tipo “da uno a molti”, ma le fonti “emittenti” diventano aperte a tutti e interagiscono in tempo reale tra di loro. Con i social media cambia dunque il modello lavorativo e comunicativo, che potrebbe portare ad una asserita democratizzazione dell’informazione, trasformando le persone da "mere" fruitrici di contenuti, ad editori esse stesse. I social media sono però una realtà variegata e possono assumere differenti forme, che raggruppabili in 13 categorie:Blog, reti professionali (business network), progetti collaborativi, reti aziendali (enterprise social network), Forum in Internet, microblog, condivisione di foto, recensioni di prodotti/servizi, social bookmarking, giochi su reti sociali,servizio di rete sociale, condivisione di video (video sharing) e realtà virtuali (virtual world). Come è stato molto efficacemente rimarcato [2],“la normalità, direi anzi la familiarità, con cui queste forme di comunicazione e di socializzazione entrano nel quotidiano, spesso fanno tuttavia il paio con un loro uso scriteriato o inopportuno o, quantomeno, privo di buon senso e razionalità. Alcuni fattori ricorrenti nelle dinamiche di utilizzo e approccio dei social concorrono a tale cortocircuito mentale: – la ricerca dell’approvazione sociale (virtuale) a qualunque costo, del piacere e riscuotere consensi, con relativa perdita del senso critico e della dimensione reale dell’esistenza, – altrettanti effetti sono dati dall’assoluta eterogeneità dei contenuti e delle opinioni: si può credere [continua ..]


2. Libertà di pensiero nella Costituzione e limiti all'attività giornalistica

Partendo dal corretto esercizio dell’attività giornalistica [13], la stessa costituisce estrinsecazione della libertà di informazione che, tuttavia, nel nostro ordinamento costituzionale non gode di testuale tutela autonoma (come nella Costituzione spagnola). Ciononostante, se ne rinviene nell’art. 21 Cost. il fondamento costituzionale, potendo e dovendo la libertà di cronaca essere ricompresa nella libertà di manifestazione del pensiero, condividendone la stessa struttura, la stessa natura e le stesse garanzie. L’attività giornalistica è dunque la massima espressione della libertà di pensiero codificata nell’art. 21 della Costituzione, da annoverare tra i diritti inviolabili dell’uomo garantiti dall’art. 2 Cost., con conseguente legittima apponibilità di limiti a tale diritto solo quando questi ultimi a loro volta trovino fondamento in altre disposizioni costituzionali di pari rango, tra le quali lo stesso art. 2 che riconosce altri diritti inviolabili, quali la dignità, l’onore, la reputazione, la riservatezza. Secondo l’art. 21 Cost. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”. Anche la [continua ..]


3. Libertà di pensiero ed esternazioni disciplinarmente rilevanti di dipendenti privati

Ma non sono solo i giornalisti a scrivere e parlare. Ieri lo strumento cartaceo o televisivo, oggi lo strumento social, come si è detto, consentono di esprimere opinioni e commenti a chiunque, di postare e divulgare foto, filmati e suoni. Nel vasto panorama comunicativo, che si presterebbe ad una lettura sociologica e talvolta psichiatrica di mail, blog, twitter, commenti a notizie, interviste, comunicati, espressivi del sentire comune in un certo momento storico (per lo meno di molti degli utilizzatori di internet), occorre ora soffermarsi su una peculiare categoria di esternatori: i dipendenti privati e pubblici, per i quali un uso non accorto degli strumenti social li espone non solo ad azioni civili e penali come qualsiasi cittadino, ma anche a reazioni disciplinari interne. Costoro, al pari di altri cittadini, esprimono idee, concetti, critiche attraverso strumenti telematici, articoli o interviste, senza, talvolta, una piena consapevolezza dei riflessi di tali contenuti, che lasciano invece traccia indelebile nell’etere, sia nei rapporti interpersonali con altri individui, sia nei rapporti con il proprio peculiare ordine di appartenenza: la pubblica amministrazione. Il problema di queste “libere” esternazioni si pone poi con maggior rilievo qualora si tratti di un pubblico dipendente, soprattutto ove rivesta qualifiche particolarmente espressive della legalità e dell’etica comportamentale, quali Magistrati, Militari o appartenenti alle Forze di Polizia. Il tema, attenzionato negli ultimi anni dagli ordinamenti, civili e militari, di appartenenza, non è nuovo nella letteratura giuridica, in quanto si è da molto tempo posto in relazione alle critiche del lavoratore privato al proprio datore. Da questo esplorato punto di partenza occorre partire, chiarendo, in fatto, che le casiste venute al pettine della magistratura (ma lo stesso vale per altre categorie, quali i pubblici dipendenti), sono schematicamente riconducibili a tre macro-ipotesi: a) comportamenti offensivi, ingiuriosi, denigratori o comunque fonte di disprezzo o dileggio o palese ostilità verso il datore, colleghi o terzi; b) comportamenti che violano il dovere di riservatezza, segretezza, di fedeltà e affidabilità in genere; c) comportamenti personali del tutto estranei all’ambito lavorativo, ma che sono idonei a determinare una perdita del vincolo fiduciario in [continua ..]


4. Libertà di pensiero ed esternazioni disciplinarmente rilevanti di dipendenti pubblici privatizzati e non privatizzati (Militari e Forze di Polizia)

Il problema dei limiti alle critiche nei confronti del datore di lavoro e quello, ancor più ampio, delle esternazioni inopportune (configuranti illeciti disciplinari, civili o penali) anche verso terzi (colleghi o altri soggetti) in interviste, dichiarazioni pubbliche, strumenti social, anche attraverso foto o filmati, si ripropone però, con ulteriori e ben più rilevanti implicazioni, con riferimento ai pubblici dipendenti, tenuti a garantire il “buon andamento della p.a.” ea servire con “onore e disciplina” l’am­ministrazione-datore. Oggetto di questa analisi non sono le comunicazioni istituzionali, attinenti cioè a comunicazioni esterne ufficiali sull’attività dell’ente pubblico di appartenenza nella sua veste formale (il tema è normato da apposite Circolari interne alle varie P.A., e soprattutto delle Forze Armate e di Polizia, oltre che per la Magistratura e per altre categorie espletanti attività di notevole interesse sociale), bensì le sole dichiarazioni private attraverso canali di diffusione quali community, blog, social network, posta elettronica, e persino whatsup e skype (come si è visto nel precedente paragrafo alla luce di precedenti nel lavoro privato), oltre che attraverso più tradizionali missive cartacee, volantini o dichiarazioni pubbliche verbali. Le considerazioni che si svilupperanno saranno dunque incentrate sul contenuto sostanziale di talune esternazioni cartacee, verbali o telematiche, non espressive di libertà di pensiero, ma di offesa di altri valori costituzionali; ma va ben chiarito che qualora la commissione di tali condotte illecite (tramite PC, smartphone, tablet, cellulari) avvenga in orario d’ufficio con uso non istituzionale di strumenti di lavoro, tale evenienza aggrava la valenza disciplinare (e penale) della condotta. Parimenti aggrava il trattamento punitivo l’esternazione che palesi in modo evidente la qualifica dell’autore, rendendolo riconoscibile quale “uomo delle Istituzioni” e non già quale “cittadino qualsiasi” (attraverso l’uso della divisa, la spendita del nomen del­l’Amministrazione o altri indici identificativi). Tuttavia, sul piano contenutistico, va sempre ben valutato da parte della Magistratura se, secondo i mutevoli parametri del sentire etico-morale del [continua ..]


5. Le esternazioni telematiche dei Magistrati e i risvolti disciplinari

Per la Magistratura il tema delle esternazioni in via mediatica, giornalistica o tramite social è ancor più pregnante [67], stanti le funzioni, di rilevanza costituzionale, assolte. Oltre ai recenti moniti del Presidente della Repubblica Mattarella ricordate nel paragrafo 1, lo Stesso Procuratore Generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario 2018, ha rimarcato sia le troppe esternazioni di magistrati, soprattutto pubblici ministeri, sui social e non solo, sia che persino le ipotesi di illeciti extra funzionali di cui al D.Lgs. 109/2006 non danno la possibilità di giungere ad un «equilibrio tra la tutela della libertà di espressione del magistrato come cittadino e il suo ruolo istituzionale». Le risultanze sono il vuoto normativo che rischia di far venir meno l’imparzialità del magistrato [68]. Il problema è quasi inesistente nelle magistrature speciali, numericamente meno poderose, ma che hanno comunque regolamentato con minimali direttive interne la materia [69]. Ben più rilevante è il tema per i quasi 9.000 magistrati ordinari, per i quali, come è noto, è testualmente considerato illecito disciplinare, in via generale, dall’art.5, lett. u),v) e z) del D.Lgs. 23 febbraio 2006 n.109: “u) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando e’ idonea a ledere indebitamente diritti altrui; v) pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo, riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria; z) il tenere rapporti in relazione all’attività del proprio ufficio con gli organi di informazione al di fuori delle modalità previste dal decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera d) e 2, comma 4, della legge 25 luglio 2005, n. 150”. Giova ribadire che l’oggetto di questo studio concerne le dichiarazioni tramite social o altri mezzi più tradizionali [continua ..]


6. Conclusioni

Come si è visto da questa breve rassegna sull’attività giornalistica e su alcune carriere pubbliche particolarmente espressive di etica comportamentale e legalità nell’agere quotidiano, numerose fonti legislative, contrattuali, regolamentari (di solito nell’ambito delle previsioni disciplinari) di ampia formulazione (che, nei vari ordinamenti civili e militari esaminati, fanno riferimento a “doveri di fedeltà, correttezza, lealtà, imparzialità, riserbo”, a “mancanza del senso dell’onore o del senso morale”, a “denigrazione dell’amministrazione o dei superiori”, a “violazione dei generali doveri di correttezza, equilibrio, riserbo”) impongono cautele nelle dichiarazioni pubbliche e un uso consapevole degli strumenti social da parte dei propri adepti. Quanto detto vale anche in altri ordinamenti, libero-professionali, sportivi, ove stanno progressivamente emergendo analoghe casistiche [73]. Tali “cadute di stile” sono talvolta dolose e consapevolmente volute, ma molto spesso sono meramente colpose e dovute, oltre che ad impulsività, reattività e scarsa ponderazione, alla convinzione che il silenzio di una tastiera e di uno schermo implichino una comunicazione riservata e ristretta. Ma, come si è già detto, la più o meno ampia diffusività di una frase diffamatoria per la giurisprudenza non rileva (se non in punto di gravità dei fatti in sede di applicazione del principio di proporzionalità punitiva) a fronte della realizzata lesione dei valori, interni ed esterni al­l’ordine di appartenenza, lesi dalla improvvida esternazione telematica. Persino le condivisioni di altrui affermazioni offensive o minatorie possono configurare un illecito, quanto meno disciplinare, di un dipendente pubblico: si pensi, oltre ai già segnalati“like” [74], i richiami in una propria pagina Facebook di dette illecite affermazioni di terzi [75]. Lo strumento telematico, oltre al tema dei risvolti disciplinari (o civili e penali) delle esternazioni analizzati in questo studio, pone poi tante ulteriori nuove questioni giuridiche che la Magistratura sta progressivamente vagliando: – se una amicizia su Facebook possa configurare una frequentazione abituale (c.d. commensale abituale) o una “notoria [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2019