Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La disciplina del contratto a termine nelle fondazioni lirico-sinfoniche al vaglio della Corte di giustizia: l'avvio di una possibile inversione di rotta? (Corte di Giustizia UE – sentenza 25 ottobre 2018, causa C-331/17) (di Giuseppe Antonio Recchia – Ricercatore in Diritto del Lavoro nell’Università degli Studi di Bari)


CORTE DI GIUSTIZIA UE – SENTENZA 25 OTTOBRE 2018, CAUSA C-331/17, MARTINA SCIOTTO C. FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA Enti lirico-sinfonici – Misure volte a prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato – Normativa nazionale che esclude l’ap­plicazione di tali misure – Conformità alla direttiva 1999/70/CE – Insussistenza. La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, osta ad una normativa nazionale in forza della quale non sono applicabili al settore di attività delle fondazioni lirico-sinfoniche le norme di diritto comune disciplinanti i rapporti di lavoro e intese a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato tramite la conversione automatica del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro perdura oltre una data precisa. Infatti, in assenza di un’altra misura effettiva nell’or­dinamento giuridico interno che sanzioni gli abusi constatati in tale settore, l’esclusione prevista dalla normativa nazionale contrasta con l’obbligo di evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato e determina inoltre una discriminazione con i lavoratori a tempo determinato degli altri settori.   Contesto normativo Diritto dell’Unione 3 Conformemente all’articolo 1 della direttiva 1999/70, quest’ultima mira ad «attuare l’[accordo quadro] concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)». 4 Il secondo e il terzo comma del preambolo dell’accordo quadro sono così formulati: «Le parti firmatarie dell’accordo riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori. Esse inoltre riconoscono che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori. Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori». 5 I punti da 6 a 8 e 10 delle considerazioni generali dell’accordo quadro così recitano: «6. considerando che i contratti di lavoro [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La speciale disciplina del contratto a tempo determinato per le fondazioni lirico-sinfoniche - 3. L'insussistenza delle misure preventive e repressive: la decisione della Corte di giustizia ed il suo iter argomentativo - 4. Gli effetti della decisione: le prime applicazioni e l'intervento del legislatore - NOTE


1. Il caso

Con la sentenza in commento la Corte di giustizia si pronuncia nuovamente sulla disciplina italiana del contratto di lavoro a tempo determinato, ma per la prima volta su un particolare ambito di (esenzione dalla sua) applicazione, quello delle fondazioni lirico-sinfoniche, rispetto al quale la convergenza, per un verso, della stratificazione normativa che a intervalli regolari si è occupata della loro natura giuridica e, per altro verso, l’ostinato ricorso a tale istituto della flessibilità contrattuale, ben oltre i limiti della ragionevolezza, avevano già determinato numerosi interventi giudiziali, finanche del giudice nazionale delle leggi [1]. In particolare, oggetto di attenzione da parte della Corte sono l’art. 11, comma 4, D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, vigente al tempo dei fatti di causa, che escludeva il personale artistico e tecnico delle citate fondazioni dai limiti fissati in materia di proroghe e rinnovi nonché di durata massima di utilizzo del contratto a tempo determinato (artt. 4 e 5), nonché l’art. 3, comma 6, D.L. 30 aprile 2010, n. 64 (convertito con modificazioni nella l. 29 giugno 2010, n. 100), che aveva aggiunto anche l’ulteriore esclusione dalla necessità di giustificazione del termine, rafforzando così il generale divieto di trasformazione a tempo indeterminato, già fissato dall’art. 3, l. 22 luglio 1977, n. 426. Il caso su cui verte il giudizio a quo riguarda una ballerina di fila, impiegata dal giugno 2007 all’ottobre 2011 presso la Fondazione del Teatro dell’Opera di Roma con una serie di contratti che la stessa aveva poi impugnato avanti al Tribunale di Roma, facendo rilevare come fossero stati stipulati senza indicare la ragione che avrebbe giustificato la apposizione del termine e chiedendo, di conseguenza, di essere stabilmente inserita nell’organico del teatro. Il giudice di prime cure aveva rigettato il ricorso richiamando proprio l’esplicita previsione applicabile gli enti lirici che vieta la conversione dei contratti a tempo indeterminato. La Signora Sciotto aveva quindi proposto appello, forte anche della sentenza nel frattempo pronunciata dalla Corte di giustizia sui lavoratori saltuari dello spettacolo del Granducato di Lussemburgo [2]; la lavoratrice osservava, infatti, come la disciplina speciale italiana apparisse, alla stregua di quella lussemburghese, non conforme al diritto [continua ..]


2. La speciale disciplina del contratto a tempo determinato per le fondazioni lirico-sinfoniche

É il complesso sistema di regolazione del lavoro a termine in questo settore, che si intreccia con il passaggio degli enti lirico-sinfonici dal diritto pubblico a quello privato [9], ad essere oggetto di valutazione, tenendo altresì conto che la distanza – e, di conseguenza, la incompatibilità – con l’ordinamento europeo dipendono oltremodo dalla più generale stratificazione normativa sul lavoro a tempo determinato. L’impiego a termine della Signora Sciotto copre un periodo di tempo (2007-2011) nel quale l’ente lirico suo datore di lavoro aveva già conosciuto il passaggio da persona giuridica di diritto pubblico a fondazione di diritto privato, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 23 aprile 1998, n. 134, ma effettivamente realizzato solo due anni più tardi con l’art. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 345 (convertito, con modificazioni, dalla l. 26 gennaio 2001, n. 6). La trasformazione aveva naturalmente comportato la privatizzazione e la contrattualizzazione dei rapporti di lavoro (l’art. 22, D.Lgs. n. 29 giugno 1996, 367) e dunque anche l’applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, intervenuto a sostituire la l. 18 aprile 1962, n. 230 ed il suo sistema di ipotesi tassative – seppure ampliabili per mano della contrattazione collettiva – di attivazione del contratto a tempo determinato. Dalla disciplina generale sul termine, tuttavia, due risultavano essere le previsioni speciali, riguardanti il personale delle fondazioni in parola: una contenuta nello stesso D.Lgs. n. 368/2001, che escludeva espressamente il personale artistico e tecnico dai limiti in materia di proroghe, prosecuzione del rapporto e rinnovi di cui agli articoli 4 e 5 del decreto; l’altra, risalente all’art. 3, commi 4 e 5, legge 22 luglio 1977, n. 426, che vietava i rinnovi dei rapporti di lavoro “che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato”, affermando la nullità di diritto delle assunzioni effettuate in violazione del divieto. A dire il vero, quest’ultima, introdotta in un contesto normativo che attribuiva la personalità di diritto pubblico agli enti di prioritario interesse nazionale chiamati ad operare nel settore musicale – e dunque dove la conversione, in caso di violazione, in un rapporto di pubblico impiego si sarebbe [continua ..]


3. L'insussistenza delle misure preventive e repressive: la decisione della Corte di giustizia ed il suo iter argomentativo

Così prospettata la questione, il cuore del ragionamento della Corte di Giustizia si poggia ancora una volta sulla interpretazione della clausola 5 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che ha dato origine alla direttiva 1999/70/CE, rafforzata da una ormai consolidata giurisprudenza sul tema; vengono infatti citate, in più punti dell’argomentare dei giudici, le sentenze Adeneler, Mascolo [15], Santoro [16], e, comprensibilmente, Commissione c. Gran Ducato di Lussemburgo. Come è noto, la direttiva non stabilisce direttamente regole o sanzioni circa il rapporto di lavoro a termine, bensì “un quadro normativo per la prevenzione degli abusi” [17] derivanti dal suo reiterato utilizzo. In particolare, la clausola 5 definisce due diversi ordini di misure, di tipo preventivo quelle del punto 1, e di tipo sanzionatorio quelle del punto 2. Solo le seconde, per come vengono indicate, sono facoltative, come si dirà a breve; le prime sono invece obbligatorie, nella misura in cui ogni Stato membro è chiamato, in maniera effettiva e vincolante, ad adottarne almeno una, delle tre previste: a) ragioni obiettive per il rinnovo, b) durata massima dei rapporti successivi, c) numero massimo dei rinnovi consentiti [18]. Si tratta, invero, di una esemplificazione dei criteri da adottare per perseguire il generale obiettivo di prevenzione, e pertanto, rammentano i giudici europei, “gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità a tale riguardo, dal momento che essi possono scegliere di far ricorso a una o più misure enunciate […] oppure a norme equivalenti esistenti” (par. 33); anzi, è proprio in questa discrezionalità che il principio di stabilità può conoscere un contemperamento necessitato da esigenze particolari legate ai settori di attività. La Corte ha perciò gioco facile nel rilevare, nella speciale disciplina italiana valida per le fondazioni lirico-sinfoniche, l’assenza di qualunque limite temporale o numerico, così come di qualunque previsione equivalente. L’attenzione deve quindi spostarsi alla individuazione di possibili “ragioni obiettive”, ovvero di “circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività”, tali da giustificare la successione dei contratti: si tratta di [continua ..]


4. Gli effetti della decisione: le prime applicazioni e l'intervento del legislatore

É tutt’altro che infrequente che la giurisprudenza nazionale si sia spesso orientata alla disapplicazione della normativa nazionale, se contrastante con quella comunitaria, ed era perciò legittimo prefigurarsi che la pronuncia Sciotto avrebbe fatto breccia nella giurisprudenza di merito; meno scontata, forse, la prospettiva di un tempestivo riscontro in quella di legittimità, come invece è accaduto con le decisioni della Cassazione nn. 6679 e 6680 del 7 marzo 2019 [30], n. 10860 del 18 aprile 2019 [31] e n. 12776 del 14 maggio 2019 [32], che provano a riallacciare il filo anche con la sentenza costituzionale n. 260/2015, obliterando invece la “chiusura” del 2018. In tutte, la spinta è quella ad una interpretazione conforme alle argomentazioni sulla materia del lavoro a termine nelle fondazioni liriche fornite prima dalla Consulta e poi dalla Corte di Giustizia, ponendole su un piano di perfetta continuità, nella valorizzazione delle “ragioni obiettive” quale strumento fondamentale di argine all’abuso del contratto, l’unico del resto possibile, tra quelli prefigurati dalla clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a termine. Se, infatti, la prima ha precisato che il divieto di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato per le fondazioni liriche è circoscritto alla materia dei rinnovi e a quella connessa delle proroghe, ma non investe ogni ipotesi di violazione delle norme sulla stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, ivi compresa quella della specifica indicazione della causale (a suo tempo obbligata), la seconda ha rimarcato la necessità di valutare in termini rigorosi e restrittivi la sussistenza delle ragioni obiettive che presiedono alla possibilità di stipulare contratti a tempo determinato in relazione alle esigenze tecnico-artistiche delle fondazioni. Il rigore nell’applicazione su tale canone esegetico comporta, di conseguenza, il possibile approdo alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, “dovendo scongiurarsi il rischio che la distinzione operata da una normativa nazionale tra i lavoratori subordinati a tempo determinato alle dipendenze di un qualsiasi datore di lavoro privato e quelli che svolgano le medesime mansioni alle dipendenze di una Fondazione lirica, non risulti adeguata al fine perseguito da tale [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2019