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Dignità e tutele del lavoro dei detenuti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria

Angela Marcianò – Professore associato di Diritto del lavoro nell’Università di Mes­sina

Sommario:

1. Premessa - 3. Le riforme del lavoro penitenziario - 4. Le novità introdotte dal D.Lgs. 124/2018 - 4.1. Segue. La fine dell’obbligatorietà del lavoro dei detenuti - 4.2. La remunerazione in luogo della mercede - 4.3. Avvio al lavoro e autoconsumo - 5.L’ assistenza post-penitenziaria e il messaggio INPS n. 909 del 5 marzo 2019 - 6. Sgravi per l’assunzione di detenuti: la circolare INPS n. 27/2019 - NOTE


1. Premessa

La realtà del lavoro alle dipendenze della amministrazione penitenziaria, quale risulta dalla disciplina e dalle prassi del settore, evidenzia l’esistenza di un fenomeno connotato da caratteristiche peculiari, che dà origine ad un rapporto di lavoro, la cui qualificazione ha sollevato, in dottrina e non solo, opinioni discordanti. L’orientamento prevalente più risalente nel tempo nega che il lavoro carcerario possa ricondursi allo schema del comune rapporto di lavoro, poiché esso trae origine non da un contratto, ma dall’obbligo legale che grava sul detenuto nell’ambito dell’esecuzione della pena e giunge a configurare il lavoro carcerario come oggetto di un rapporto di diritto pubblico, in cui la qualità delle parti e le finalità da raggiungere incidono sulla struttura del rapporto stesso [1]. È pacifico che l’obbligo della prestazione di fare deriva dalla legge penale, mentre tutti gli altri [continua ..]

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3. Le riforme del lavoro penitenziario

La funzione assegnata al lavoro carcerario all’interno del regolamento penitenziario del 1931 era evidentemente improntata ad una logica di tipo afflittivo, considerandolo ancora parte integrante della pena, concepita in funzione retributiva. Quando nel 1947 fu approvato il testo definitivo della Costituzione, elaborato dalla Commissione dei settantacinque, entrato in vigore il primo gennaio del 1948, la concezione di lavoro. sostenuta dal regolamento del 1931, entrò in palese contrasto con quella contenuta nella Costituzione e quindi con il principio secondo il quale l’esecuzione della pena detentiva doveva essere organizzata in modo tale da non rappresentare, nelle sue modalità, un più grande castigo di quello che già si realizzava per effetto della privazione della libertà, e nel contempo fosse adeguata a consentire tutti quei trattamenti che apparivano più idonei al recupero sociale del condannato [19]. Questa materia [continua ..]

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4. Le novità introdotte dal D.Lgs. 124/2018

La recente riforma dell’ordinamento penitenziario ha riguardato anche la disciplina del lavoro nelle carceri [35]. Il Capo II del D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 124 [36], in attuazione della legge 13 giugno 2017, n. 103, ha apportato alcune modifiche che pur non stravolgendo la disciplina del lavoro penitenziario, hanno introdotto significative novità [37]. Tra queste un nuovo articolo dedicato al lavoro, in cui viene espunto il suo carattere obbligatorio; l’eliminazione terminologica della mercede e la modifica del criterio di quantificazione della retribuzione; la sostituzione della vecchia commissione incaricata di formare le graduatorie con un nuovo organo con attribuzioni più articolate; una maggiore pubblicità delle convenzioni stipulate tra amministrazione penitenziaria e soggetti interessati a fornire opportunità di lavoro ai detenuti, anche attraverso la pubblicazione sul sito del Dap; l’introduzione del nuovo art. [continua ..]

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4.1. Segue. La fine dell’obbligatorietà del lavoro dei detenuti

La prima importante novità è certamente da rinvenire nel testo del nuovo articolo 20 dell’o.p. e riguarda la svolta in tema di obbligatorietà del lavoro per i detenuti, materia controversa che ha impegnato la dottrina per diversi anni [40]. La necessità di perseguire la funzione rieducativa della pena, valorizzando il carattere volontaristico del lavoro in carcere, aveva da tempo messo in discussione il profilo storico della sua obbligatorietà [41]. Quest’ultimo ha suscitato notevoli perplessità nella dottrina italiana ed è stato oggetto di significative critiche dagli organi internazionali che si occupano dei diritti dei carcerati [42]. Dopo un processo di revisione durato quattro anni, la Commissione delle Nazioni Unite su Crime Prevention and Criminal Justice ha approvato il 22 maggio del 2015 la nuova versione delle UN Standard Minimum Rules for the Treatment of Prisoners, che hanno [continua ..]

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4.2. La remunerazione in luogo della mercede

L’elaborazione giuridica, che ha ispirato l’ordinamento penitenziario, ha indotto il legislatore del 1975 a riconoscere al lavoratore detenuto il diritto ad un compenso, denominato “mercede”, in ragione della prestazione lavorativa resa, utilizzando il parametro dei due terzi delle retribuzioni previste dai CCNl (art. 22 o.p.) per la quantificazione della stessa, presumendo che esso fosse rispondente a i principi di cui all’art. 36 Cost [50]. Come le Standard Minimum Rules dell’ONU, l’ordinamento penitenziario non include la retribuzione tra gli elementi che devono attenersi alle regole previste per il lavoro libero. In conformità alle regole dell’ONU, l’art. 20 o.p. sancisce infatti che “la durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e [continua ..]

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4.3. Avvio al lavoro e autoconsumo

In materia di avvio al lavoro la Riforma del 2018 si caratterizza per aver operato la rimozione di qualunque richiamo alla disciplina del collocamento che, tra l’altro, non viene compensata né da un formale richiamo ai servizi per l’impiego per come disciplinati dal D.Lgs. n. 150/2015, né da un effettivo raccordo normativo con la disciplina propria della società libera. Il sistema di assegnazione al lavoro, disciplinato dall’art. 20 o.p. prevede che una commissione [55] dandone pubblicità, provvede a formare due elenchi, uno generico e l’altro per qualifica, per l’assegnazione al lavoro dei detenuti e degli internati, tenendo conto esclusivamente dell’anzianità di disoccupazione maturata durante lo stato di detenzione e di internamento, dei carichi familiari e delle abilità lavorative possedute. Si privilegiano, a parità di condizioni, i condannati, con esclusione dei detenuti e degli [continua ..]

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5.L’ assistenza post-penitenziaria e il messaggio INPS n. 909 del 5 marzo 2019

Nell’ambito delle misure di assistenza post – penitenziaria, di cui all’art. 46 o.p., la riforma introduce, per coloro che hanno terminato l’espiazione della pena o che non sono più sottoposti a misura di sicurezza detentiva e che versano in stato di disoccupazione, il c.d. assegno di ricollocazione di cui all’art. 23 D.Lgs. n. 150/2015, purché ne facciano richiesta entro sei mesi dalla data di dimissione. L’ambito di applicazione dell’assegno di ricollocazione (art. 23, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150) è stato dunque esteso anche ai detenuti e agli internati dopo la dimissione, ossia al momento della scarcerazione in ragione dell’avvenuta espiazione della pena, cioè quando essi versano, di norma, in una condizione di maggiore fragilità ed esposizione. La misura sembra destinata solo ai detenuti ed internati dimessi per espiazione della pena, con esclusione dei detenuti scarcerati in quanto avviati [continua ..]

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6. Sgravi per l’assunzione di detenuti: la circolare INPS n. 27/2019

Un ulteriore aspetto da approfondire riguarda la recente previsione di incentivi per le aziende che impiegano o formano persone detenute o internate. A questi fini si definiscono "detenuti" coloro che si trovano in carcere o in stato di custodia cautelare o in stato di esecuzione penale; "internati" coloro che sono sottoposti all’esecuzione delle misure di sicurezza detentive presso colonie agricole, case di lavoro, case di cura e ospedali psichiatrici giudiziari [67]. Le cooperative sociali, che impieghino persone detenute o internate negli istituti penitenziari, ex degenti degli ospedali psichiatrici giudiziari o persone condannate e internate ammesse al lavoro all’esterno, hanno uno sgravio contributivo totale. Lo sgravio è ridotto qualora i soggetti siano ammessi al lavoro esterno [68]. Il decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, prevede la concessione di uno specifico credito d’imposta [continua ..]

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NOTE

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