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Ricorso abusivo al contratto di lavoro a termine nel pubblico impiego e danno. Il fuoco della corte di giustizia sotto la cenere della corte di Cassazione
Enrico Maria Mastinu
Sommario:
1. Premessa - 2. L'antefatto: la sistemazione data alla materia da Cass., S.U., n. 5072/2016 - 3. Alla radice del problema: la tutela del lavoratore contro l'abuso da successione di contratti di lavoro a termine nel settore del'impiego privato - 4. L'abuso da successione di contratti di lavoro a termine nel settore dell'impiego pubblico - 5. La sentenza della Corte di giustizia 7 marzo 2018, C-494/2016, Santoro vs Comune di Valderice - 6. Gli scenari e le prospettive - NOTE
1. Premessa
Non sono trascorsi se non pochi mesi dal pronunciamento delle Sezioni Unite del 2016 [1], che la questione della tutela del dipendente pubblico in caso di abuso da successione di contratti di lavoro a termine è ritornata, nei medesimi termini, sul tavolo della Corte europea di giustizia [2]. Il nuovo arresto dei giudici di Lussemburgo, come era prevedibile, nulla aggiunge di nuovo rispetto a quanto già si sapeva. Tuttavia, la sentenza, e più l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Trapani, che ha dato abbrivio al procedimento, mettono in tensione gli snodi fondamentali attorno ai quali la materia era parsa trovare una sua stabile, se non anche definitiva, sistemazione nel diritto interno.
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2. L'antefatto: la sistemazione data alla materia da Cass., S.U., n. 5072/2016
Nell’ordinamento nazionale – è noto – la materia si era assestata attorno alle seguenti cinque proposizioni. A) La direttiva comunitaria 70/1999/CE non impone la conversione del contratto quale misura di tutela contro gli abusi da successione di contratti di lavoro a termine né nel settore pubblico né in quello privato[3]. B) Un regime differenziato, quale quello vigente in Italia, che esclude la conversione del contratto di lavoro a termine solo nel settore pubblico e la ammette in quello privato, è legittimo sul piano costituzionale; lo è altresì su quello comunitario a condizione che esistano altre misure nel complesso energiche, proporzionate efficaci e dissuasive, in grado di garantire l’osservanza della direttiva 70/1999/CE[4]. C) Fra le predette misure, il diritto comunitario impone vi sia anche un risarcimento del danno e questo deve essere di non eccessivamente difficile o impossibile [continua ..]
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3. Alla radice del problema: la tutela del lavoratore contro l'abuso da successione di contratti di lavoro a termine nel settore del'impiego privato
Nel settore dell’impiego privato nazionale, la tutela del lavoratore contro gli abusi nell’utilizzo del contratto di lavoro a termine è affidata principalmente all’operare del meccanismo della nullità parziale, del quale la trasformazione a tempo indeterminato del contratto con clausola appositiva di termine illegittima è un’applicazione, o meglio, un effetto particolare [8]. È precisamente in forza dell’eliminazione della clausola illegittimamente appositiva del termine al contratto che il lavoratore diventa parte di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ed è in ragione dell’efficacia ex tuncdella sentenza la quale accerta la nullità e trasforma il contratto di lavoro, che il lavoratore matura(va) diritti di natura patrimoniale per il periodo di inattuazione del rapporto successivo alla scadenza del termine illegittimamente apposto o che questi avessero [continua ..]
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4. L'abuso da successione di contratti di lavoro a termine nel settore dell'impiego pubblico
Se, nel settore dell’impiego privato, il meccanismo della nullità parziale, con i suoi effetti indiretti, mette in ombra, o meglio copre, la strutturale inadeguatezza del rimedio risarcitorio a garantire l’osservanza dei limiti inderogabili di legge al ricorso al contratto di lavoro a termine, nel settore dell’impiego pubblico, dove quel meccanismo non opera [14] per ragioni incensurate e incensurabili sia sul piano interno che comunitario [15], quella inadeguatezza riemerge appieno; con due conseguenze: sul piano interno, scopre una contraddizione nella disciplina sostanziale o materiale di tutela del lavoratore pubblico, la quale enuncia una regola di responsabilità in capo al datore di lavoro (art. 36, commi 1 e 5, D.Lgs. 165/2001) alla cui inosservanza non è agevole far seguire un danno risarcibile [16]; su quello comunitario, si risolve in un deficit di adeguamento del diritto interno rispetto alla [continua ..]
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5. La sentenza della Corte di giustizia 7 marzo 2018, C-494/2016, Santoro vs Comune di Valderice
La sentenza della Corte di Giustizia e, prima, l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Trapani calano sui nodi irrisolti della sistemazione interna della materia. Muovendo dalla corretta premessa che l’art. 32, legge 183/2010 ristora il lavoratore della perdita subita per il periodo che va dalla scadenza del termine illegittimamente apposto fino alla riammissione al lavoro a seguito della sentenza che ne dichiara la illegittimità, l’ordinanza di rimessione ravvisa un vuoto di tutela a danno del lavoratore pubblico, il quale, a differenza di quello privato, non può ottenere la conversione del contratto, né ottenere un risarcimento che tenga il luogo del posto di lavoro a tempo indeterminato non conseguito. A tutta prima può sembrare che il giudice rimettente abbia frainteso uno dei cardini della ricostruzione delle Sezioni unite, le quali escludono in radice che il lavoratore pubblico possa conseguire un ristoro corrispondente [continua ..]
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6. Gli scenari e le prospettive
Sotto qualunque prospettiva, da qualsivoglia punto di osservazione la si guardi, la vicenda resta un rompicapo, irrisolvibile senza il riconoscimento al lavoratore pubblico di un’attribuzione economica commisurata proprio al valore del posto di lavoro a tempo indeterminato [48]. Risolutivo, in tal senso, potrebbe essere un intervento del legislatore, che così eserciterebbe la legittima facoltà «di configurare danni punitivi come misura di contrasto alla violazione del diritto eurounitario» [49]. All’interprete non resterebbe, invece, che accontentarsi di soluzioni parziali. Ma se si vorranno minimizzare i costi dogmatici dell’operazione potrebbe essere utile abbandonare la prospettiva, in certo modo fuorviante, del danno-sanzione e valorizzare il frammento di disciplina contenuto non nel comma 5 ma nel comma 1 dell’art. 36, D.Lgs. 165/2001. La responsabilità della pubblica amministrazione [continua ..]
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NOTE