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Il perimetro della pubblica amministrazione committente di lavoro: la solidarietà a "geometria variabile" per i crediti dei lavoratori negli appalti "pubblici"
Anna Zilli
Sommario:
1. L’outsourcing della pubblica amministrazione - 1.1. Le società pubbliche - 1.2. In particolare: le società c.d. in house - 1.3. La c.d. Spending Review e il Piano Cottarelli - 2. La pubblica amministrazione come committente di lavoro: appalti (e subappalti) pubblici e delle partecipate pubbliche - 3. La solidarietà negli appalti della p.a. “in senso stretto”: la controversa questione della (non) applicabilità dell'art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 - 3.1. I soggetti - 3.2. L'oggetto - 3.3. La proceduura - 4. Solidarietà e in house providing - 5. Le società partecipate (e le loro partecipate) quali committenti negli appalti - 6. Alcune osservazioni critiche dopo il (mancato) Referendum sul (parzialmente abrogato) art. 29, D.Lgs. n. 276/2003: alla ricerca del perimetro della “pubblica amministrazione” - Note
1. L’outsourcing della pubblica amministrazione
Ab immemorabili, ancor più del committente privato, la pubblica amministrazione si è servita abitualmente dell’attività di soggetti ad essa estranei per la realizzazione delle proprie attività [1]. Si pensi, ad esempio, agli appalti di infrastrutture, ove la p.a. ha pressoché sempre affidato alle imprese private, dotate delle necessarie competenze, la realizzazione delle più diverse opere, da quelle edili a quelle più tecnologiche. In tempi recenti, anche a causa del c.d. blocco delle assunzioni [2] che ha determinato la riduzione del numero dei pubblici impiegati [3], le attività esternalizzate sono cresciute in numero e si sono diversificate in qualità, coinvolgendo via via sempre più ambiti di intervento “non-core businness” dell’amministrazione, la quale ha concentrato le proprie (diminuite) risorse nella strategia e devoluto all’esterno le anche le lavorazioni [continua ..]
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1.1. Le società pubbliche
In altri casi, invece, l’outsourcing delle attività pubbliche si è compiuto in modo stabile, determinando la costituzione di società, controllate o soltanto partecipate dalla pubblica amministrazione, a cui è stato affidato il compito di realizzare i servizi pubblici. Talvolta, si tratta della trasformazione in società enti pubblici economici> [5], un tempo affidatari dell’intervento pubblico dello stato nell’economia. Si tratta di soggetti ormai sostanzialmente privatizzati [6] e, spesso, addirittura quotati nei mercati finanziari [7], per i quali le ragioni della privatizzazione si possono cercare nella miglior produttività dell’impresa privata rispetto a quella pubblica, nonché nell’esigenza per lo Stato di “far cassa” attingendo al mercato azionario. Ma, più di tutte, la privatizzazione degli enti pubblici economici corrisponde all’esigenza, imposta [continua ..]
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1.2. In particolare: le società c.d. in house
L’esempio più noto e di maggior interesse, per la portata quali-quantitativa del fenomeno, è stata la riforma delle aziende municipalizzate operata dalla leggen. 142/1990, con la quale le stesse sono state trasformate dapprima in aziende speciali, poi in società miste pubblico–private ovvero in s.p.a. con capitale pubblico maggioritario. La di poco successiva leggen. 498/1992 ha eliminato il vincolo della prevalenza della proprietà pubblica, prevedendo la costituzione di società di erogazione dei servizi, aventi un socio di maggioranza privato scelto mediante gara. Con la legge Bassanini bis, n. 127/1997, si è poi ammessa anche la forma della s.r.l. a prevalente capitale pubblico locale, costituita e partecipata dall’ente titolare del servizio pubblico. Infine, con il D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. Testo unico degli Enti locali) il panorama è stato sistematizzato attraverso le forme della gestione c.d. in house ovvero a [continua ..]
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1.3. La c.d. Spending Review e il Piano Cottarelli
A complicare ulteriormente il quadro, vi sono anche imprese controllate da gruppi pubblici (cioè gruppi aventi come vertice una pubblica amministrazione), il cui capitale è controllato indirettamente tramite altre unità appartenenti al gruppo [17]. Queste controllate rappresentano quasi un quinto delle imprese e assommano circa un terzo degli addetti. Da ultimo, il residuo (circa il 17% delle società, per poco più del personale totale) è composto da imprese partecipate da soggetti controllati, a loro volta, da gruppi di imprese a controllo pubblico. Si tratta di una intricatissima trama, costituita da società partecipate, controllate, controllate da controllate, controllate ovvero partecipate da gruppi. Non stupisce, dunque, il tentativo, di procedere oltre la “classica” costituzione di un Comitato interministeriale ad hoc [18] verso la ricognizione (e, auspicabilmente, il riordino) della galassia sin qui [continua ..]
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2. La pubblica amministrazione come committente di lavoro: appalti (e subappalti) pubblici e delle partecipate pubbliche
Si è sin qui visto che, accanto a società a partecipazione pubblica operanti in regime di mercato ed aventi forma e sostanza privatistica, coesistono, e sono più frequenti, società a controllo pubblico che – pur avendo una veste giuridica privatistica – svolgono compiti e funzioni di natura pubblicistica e sono configurabili come veri e propri enti pubblici in forma societaria ovvero, in termini più generici, come organismi di diritto pubblico, assoggettati alle regole di gestione, controllo e rispetto dei vincoli finanziari operanti per le amministrazioni pubbliche. La multiforme natura dei soggetti di cui trattasi si riverbera sulle regole previste per i relativi appalti. Va detto che, in linea di principio, l'appalto pubblico non appare diverso da quello privato nella nozione e negli elementi fondamentali: si tratta pur sempre di conseguire un risultato apprezzabile senza sostenere i costi ed i rischi dell'organizzazione [continua ..]
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3. La solidarietà negli appalti della p.a. “in senso stretto”: la controversa questione della (non) applicabilità dell'art. 29, D.Lgs. n. 276/2003
La questione relativa all'applicabilità o meno del regime della solidarietà previsto dall'art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 alle pubbliche amministrazioni sorge con l'art. 1, comma 2 del medesimo decreto, ove si prevede che la c.d. riforma Biagi «non trovi applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale». Vi sono però molti dubbi e divergenze circa la portata di tale esclusione e le sue conseguenze [25] sia in giurisprudenza che in dottrina, e ciò ben oltre il (molto discusso) chiarimento operato con il D.L. n. 76/2013 (su cui v. infra). Da un lato, si è schierata la prevalente giurisprudenza di merito che, interpretando letteralmente, ha sostenuto che sia esclusa l'applicabilità alle pubbliche amministrazioni delle sole disposizioni volte a regolare il rapporto di lavoro in senso stretto [26]. Pertanto, la disciplina relativa alla solidarietà negli appalti sarebbe invece applicabile anche [continua ..]
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3.1. I soggetti
Rispetto al settore privato, negli appalti pubblici la platea dei destinatari della tutela è più ristretta, risultando garantiti ex art. 30, D.Lgs. n. 50/2016 soltanto i lavoratori subordinati (operai, impiegati, quadri e dirigenti) direttamente [28] impiegati nell'appalto, con esclusione dei lavoratori autonomi [29] e parasubordinati non organizzati [30].
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3.2. L'oggetto
Rispetto al settore privato, negli appalti pubblici la platea dei destinatari della tutela è più ristretta, risultando garantiti ex art. 30, D.Lgs. n. 50/2016 soltanto i lavoratori subordinati (operai, impiegati, quadri e dirigenti) direttamente [28] impiegati nell'appalto, con esclusione dei lavoratori autonomi [29] e parasubordinati non organizzati [30]. 3.2. L'oggetto Al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato, ex art. 30, D.Lgs. n. 50/2016, a pena di annullamento dell'aggiudicazione [31], il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta [continua ..]
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3.3. La proceduura
L'art. 1676 c.c., applicabile agli appalti pubblici [32], consente l'esperimento dell'azione diretta dei lavoratori, fino alla concorrenza del debito della stazione appaltante verso l'appaltatore, che si estende a tutto quanto il dovuto (comprese eventuali poste risarcitorie ed indennitarie) nell'ambito di qualsivoglia appalto. La garanzia è più ampia rispetto al settore privato, ove è limitata a «i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto» ma, come noto, le somme a credito sono dovute soltanto fino a concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui si propone la domanda. Altresì, il lavoratore non incorre nelle forche caudine della decadenza, decorsi «due anni dalla cessazione dell'appalto [33]», conservando l'azione [continua ..]
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4. Solidarietà e in house providing
Come cennato, il Rapporto 2016 della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica [36]ha posto l'accento sulla presenza di due grandi tipologie organizzative di imprese, oggi riconducibili alle a) società, con caratteristiche vere e proprie di impresa industriale (quotate e non quotate), per le quali l'intervento pubblico è finalizzato prevalentemente ad una funzione di sostegno e incentivazione delle politiche industriali, come nei settori dell'energia, gas, acqua, ambiente; ovvero alle b) società o organismi che, per le funzioni assegnate, per la dipendenza finanziaria dall'ente pubblico e per le modalità di affidamento delle attività (nella maggior parte diretto), si connotano come vere e proprie “semi-amministrazioni” [37]. Per quest'ultime, dette in house, ci si chiede se esse debbano essere considerate, ai fini della normativa applicabile, soggetti pubblici (in virtù del controllo), ovvero privati (in [continua ..]
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5. Le società partecipate (e le loro partecipate) quali committenti negli appalti
Anche per gli appalti delle società partecipate (e, via via, delle loro partecipate, c.d. di secondo grado o più) si pone la questione della compatibilità delle regole del codice degli appalti con la responsabilità solidale prevista per il settore privato. Alla luce di quanto sin qui esposto, dovrà a fortiori ritenersi che ai lavoratori impiegati negli appalti delle partecipate pubbliche si applichi l'art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 e non, invece, la disciplina prevista per gli appalti delle pp.aa. in senso stretto. Per le società per azioni partecipate da un ente pubblico, infatti, è la pubblica amministrazione medesima che si assoggetta alle regole civilistiche “del mercato”, che comprende ance quello “del lavoro”, secondo la forma giuridica prescelta. Pertanto, in difetto di norme esplicite che introducano puntuali deroghe, è ai principi ed alle regole dell'impresa che occorre far riferimento. Le [continua ..]
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6. Alcune osservazioni critiche dopo il (mancato) Referendum sul (parzialmente abrogato) art. 29, D.Lgs. n. 276/2003: alla ricerca del perimetro della “pubblica amministrazione”
Si è sin qui tentato di dar conto del sistema degli appalti pubblici (della p.a. in senso stretto, nonché delle società partecipate e controllate e delle loro partecipate “di secondo grado”) e delle regole che disciplinano la tutela dei crediti dei lavoratori impegnati negli appalti. Si tratta di un insieme di soggetti e procedure assai complesso, che tenta di trovare il punto di equilibrio tra le esigenze di imparzialità e trasparenza che debbono informare l'azione della pubblica amministrazione. e la protezione dei lavoratori. L'esito che ne deriva, però, è un complicato puzzle di diritti soggetti a ampiezza, decadenza, prescrizione e percorsi diversissimi a seconda che l'appaltatore sia la pubblica amministrazione “in senso stretto”, ovvero una società da questa partecipata. Nel primo caso, per i contratti pubblici di appalto relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle [continua ..]
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