Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Gli strumenti di inclusione sociale di disabili e svantaggiati: dagli affi-damenti “preferenziali” tramite convenzioni agli appalti “riservati” (di VALENTINA PASQUARELLA - Ricercatrice di Diritto del Lavoro nell’Università di Foggia)


Il D.Lgs. n. 50/2016, recante il “nuovo” Codice dei contratti pubblici, all’art. 112, riprende, rivedendola, la disciplina in materia di appalti e concessioni riservati, contenuta nell’ormai abrogato D.Lgs. n. 163/2006 (art. 52), confermando un utile strumento che la pubblica amministrazione può utilizzare per promuovere l’inse­rimento nel mercato del lavoro di disabili e di persone svantaggiate. La possibilità di attivare questi appalti “a causa mista”, la cui finalità, quindi, non sia solo l’ac­qui­sizione della prestazione del bene, servizio o lavoro, ma anche la possibilità di favorire l’inserimento socio-lavorativo di soggetti meritevoli di particolare tutela, risulta coerente con il criterio di cui all’art. 1, comma 1, lett. c), della legge delega n. 11/2016, che propugna la «previsione di specifiche tecniche», sia «nei criteri di aggiudicazione di un appalto», sia «nelle condizioni di esecuzione» dell’appalto medesimo, sia «nei criteri per la scelta delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione», tali da garantire «l’accessibilità» dei soggetti portatori di disabilità, in conformità agli standard europei.

Sommario: 1. Premessa. – 2. La “vocazione sociale” degli appalti pubblici: le sollecitazioni provenienti dall’Europa. – 3. Le policy di inclusione sociale nel quadro normativo nazionale: dal modello degli affidamenti in deroga ex art. 5, legge n. 381/1991 ... – 4. Segue: ... agli appalti riservati nel “vecchio” e nel “nuovo” Codice dei contratti pubblici. 1. Premessa Il D.Lgs. n. 50/2016, recante il “nuovo” Codice dei contratti pubblici [1], all’art. 112, riprende, rivedendola, la disciplina in materia di appalti e concessioni riservati, contenuta nell’ormai abrogato D.Lgs. n. 163/2006 (art. 52), confermando un utile strumento che la pubblica amministrazione può utilizzare per promuovere l’inse­rimento nel mercato del lavoro di disabili e di persone svantaggiate. La possibilità di attivare questi appalti “a causa mista”, la cui finalità, quindi, non sia solo l’ac­qui­sizione della prestazione del bene, servizio o lavoro, ma anche la possibilità di favorire l’inserimento socio-lavorativo di soggetti meritevoli di particolare tutela, risulta coerente con il criterio di cui all’art. 1, comma 1, lett. c), della legge delega n. 11/2016, che propugna la «previsione di specifiche tecniche», sia «nei criteri di aggiudicazione di un appalto», sia «nelle condizioni di esecuzione» dell’appalto medesimo, sia «nei criteri per la scelta delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione», tali da garantire «l’accessibilità» dei soggetti portatori di disabilità, in conformità agli standard europei. Al pari del “vecchio” Codice degli appalti (D.Lgs. n. 163/2006), anche il “nuovo” Codice è di derivazione europea; in particolare, l’art. 112, D.Lgs. n. 50/2016 recepisce l’art. 20, dir. 2014/24/UE, l’art. 38, dir. 2014/25/UE, l’art. 24, dir. 2014/23/UE [2]. Ed è proprio dalla normativa sovranazionale che occorre partire per comprendere quanto siano stati rilevanti, in questa materia, gli input lanciati dall’Europa, sin dalla fine degli anni ’90 e quanto abbiano influito sulla regolamentazione nazionale, che nel corso degli anni ha promosso policy diversificate di inclusione sociale rivolte a disabili e svantaggiati. A tal proposito, non si possono non menzionare i due modelli paradigmatici di inclusione promossi rispettivamente dalla legge n. 381/1991 e dalla legge n. 68/1999. La prima legge, nell’istituzionalizzare il profilo della cooperazione nell’ambito del sociale, ha inteso promuovere, attraverso una particolare tipologia di cooperative [quelle c.d. di tipo b)], che operano attraverso «lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali, di servizi, la [continua..]