Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Misure di contrasto al precariato e stabilizzazioni del personale (di ALESSANDRO GARILLI – Professore ordinario di Diritto del Lavoro nell’Università di Palermo)


Il fenomeno del precariato, quale forma di assunzione di personale con contratti temporanei in deroga ai principi del concorso e della predeterminazione degli organici, costituisce una caratteristica strutturale della pubblica amministrazione italiana, le cui cause storiche, individuabili nel commercio elettorale del posto pubblico e nell’assorbimento dell’endemica disoccupazione nel Mezzogiorno, si sono combinate in tempi più recenti con le politiche di contenimento della spesa imperniate sul blocco delle assunzioni a tempo indeterminato.

Sommario: 1. L’irresistibile ascesa del precariato. – 2. Controllo sulla flessibilità e piani di stabilizzazione nel periodo 2006-2013. – 3. Criteri direttivi e lacune applicative della legge delega n. 124/2015. – 4. La stabilizzazione secondo l’art. 20 del decreto legislativo. – 5. Il mancato bilanciamento tra tutela degli interni e accesso dall’esterno. 1. L’irresistibile ascesa del precariato Il fenomeno del precariato, quale forma di assunzione di personale con contratti temporanei in deroga ai principi del concorso e della predeterminazione degli organici, costituisce una caratteristica strutturale della pubblica amministrazione italiana, le cui cause storiche, individuabili nel commercio elettorale del posto pubblico e nell’assorbimento dell’endemica disoccupazione nel Mezzogiorno, si sono combinate in tempi più recenti con le politiche di contenimento della spesa imperniate sul blocco delle assunzioni a tempo indeterminato. Comparso già all’indomani della formazione dello Stato unitario e implementatosi durante il regime fascista (grazie a una legge del 1937 che consentiva il c.d. straordinariato) [1], esso si ripresenta puntualmente nelle prime stagioni della Repubblica, nonostante il divieto di cui all’art. 97, comma 3, Cost. [2]; e si riproduce come le teste dell’Idra nella fase successiva delle riforme avviate nel 1992-93, nonostante il cambiamento di paradigma determinato dalla trasformazione della natura del rapporto di lavoro da pubblico a privato, introdotta quale precondizione per la modernizzazione del tessuto amministrativo. Come dire che a nulla è valso il rovesciamento del modello organizzativo basato sulla rigidità della pianta organica e sulla classificazione del personale sganciata dalle mansioni e dalle esigenze effettive degli uffici e dei servizi, sostituito, almeno nelle intenzioni del legislatore delle riforme, da tipologie flessibili nella provvista di personale e nel suo utilizzo. Parodossalmente si può anzi affermare che la possibilità di utilizzare contratti flessibili di lavoro autonomo e subordinato, importati dal settore del lavoro nell’impresa, ha dato nuova linfa al fenomeno per l’incapacità amministrativa di gestire in modo fisiologico i nuovi strumenti. E anche le ricette per farvi fronte sono rimaste pressoché immutate: al divieto generale di assunzioni temporanee tranne che per ipotesi formalmente limitate e individuate in esigenze straordinarie, si accompagnano numerose deroghe, a cui si aggiungono palesi violazioni della legge (specie nelle regioni, negli enti locali, nella sanità e nel parastato), determinando l’uso abusivo del precariato e la sua protrazione per un numero indefinito di anni. Da qui le ricorrenti sanatorie, a far data da quella emanata all’indomani della nascita della Repubblica e in concomitanza con le [continua..]